Diamond 44

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Luke mi vide e si avvicinò rapidamente, sussurrandomi <Ti avevo detto di sciogliere i capelli.>

<Luke, lascia stare> il König si avvicinò a noi consegnandomi un micro auricolare <Per questo devi sciogliere i capelli, devi nascondere l'auricolare.>

<A cosa serve?> chiesi, prendendo l'auricolare.

<In questo modo potrò comunicare con te.> rispose lo psichiatra, facendo alcuni passi verso di noi. Poi mise la pistola nei pantaloni e indossò la sua giacca di pelle. <Così potrò indicarti l'esatto istante in cui dovrai lasciare il posto.>

<E se Peter non mi lasciasse andare?> chiesi, preoccupata. Durante la nostra chiamata, mi aveva avvertito di fare molta attenzione alle parole che venivano utilizzate. Mi aveva detto di accompagnare il König e di non lasciarlo solo. Sono sicura che non mi lascerà andare via così facilmente. Se non avesse avuto bisogno di me, non mi avrebbe chiesto, o meglio, obbligato a venire.

<Peter vuole il König, non te. Sei solo l'intermediario, come ti avevo detto.>

<Voglio anch'io una pistola.> dissi e lo psichiatra mi guardò negli occhi ridendo.

<Così se ti becca muori.> affermò Luke, con un grande sorriso sulle labbra.

<Oppure potrebbe essere l'unico strumento che ho per proteggermi. Sono una ex-militare, so come si usa.> ho passato tre anni allenandomi ad uccidere, addestrata per essere una macchina da guerra, non una scultura di abbellimento. Conosco a fondo le armi da fuoco e, naturalmente, so come utilizzarle.

Papà mi disse che un giorno lo avrei ringraziato per quegli anni, e aveva ragione. Se non avessi fatto il servizio militare, sicuramente mi sarei spaventata di fronte a una scena del genere: lo psichiatra e gli altri uomini in piedi, ciascuno con armi di varie dimensioni e livelli di pericolosità differenti.

Quando mio padre venne da me e mi comunicò che avrei trascorso i prossimi anni nel campo militare, ricordo di aver provato ansia e terrore di fronte a ciò che mi attendeva. Pensai che non avrei potuto sopportare un ambiente simile, che avrei sofferto e maledetto ogni giorno fino al mio ritorno a casa. Ma fu esattamente il contrario: riuscii a gestire perfettamente quell'ambiente, ad adattarmi senza troppe difficoltà e ad allenarmi con grande determinazione. L'unico sentimento che mi spinse a dare il massimo in quell'esperienza, insieme alla sensazione di soddisfazione che avrei provato nel vedere negli occhi di mio padre quella fierezza tanto desiderata.

Ryan Knight è stato sempre tutto per me. Da quando mi parlò per la prima volta e mi portò via dall'orfanotrofio, regalandomi una nuova vita, conducendomi alla ricerca della speranza, nonostante il mio passato continuasse a perseguitarmi senza pietà, mostrandosi nel modo più crudele: i tagli di cui non riesco a privarmi.

Sono come una medicina preparata da una vipera: un dolore che anziché farmi soffrire, mi rende viva. Molti potrebbero considerare questa affermazione una contraddizione, ma è esattamente ciò che provo. Nel momento in cui la lama tocca il mio corpo, soprattutto il mio polso, mi sento catapultata nella realtà. È come se tornassi a respirare, uscendo da quel vortice di pensieri soffocanti che mi attanagliano ogni volta che il volto di quel mostro appare di fronte a me.

Se rimango a pensarci più a lungo, riesco ancora a sentire la sua voce sussurrarmi all'orecchio, dicendo "good girl". Continuando a spingere senza pietà, lacerandomi dall'interno e conducendomi al pianto più disperato. In quel momento, l'unica cosa che riuscivo a fare era chiudere gli occhi e pensare, immaginare situazioni spensierate e aspettare che finisca, svuotandosi completamente e riempiendomi dei suoi peccati, rendendomi sporca.

Non riuscivo più a guardarmi allo specchio, a sfiorarmi, a vivere normalmente... Ogni volta che mi costringeva a stare con lui, in realtà mi stava uccidendo lentamente, costruendo una donna che di sé stessa non le importava più nulla.

Sento molti dire che "i traumi rendono più forti". Ma no, i traumi non rendono più forti, i traumi uccidono le persone, le trasformano o le annientano definitivamente. In questi anni si è sempre cercato di normalizzare ogni cosa, ma i traumi non possono essere normalizzati, non possono e non potranno mai esserlo. Bisogna invece riconoscere la loro devastante influenza e offrire sostegno e cura a coloro che ne sono colpiti.

<Esattamente, Ex. Ora, se non hai altre inutili obiezioni, prego.> lo psichiatra alzò la mano verso la porta, incoraggiandomi a tacere ed eseguire ciò che più lo avrebbe reso felice: obbedire senza protestare.

<Anche se ex so-> Luke mi bloccò mettendomi una mano sulla bocca, prima che potessi concludere la frase. La rimossi con forza e lo fulminai con lo sguardo, puntando l'indice contro di lui. <Non osare mai più! NON SONO UNA CAGNOLINA DA TENERE AL GUINZAGLIO E ZITTIRE QUANDO VI PARE E PIACE!> persi completamente la pazienza. Nessuno, nessuno aveva mai osato zittirmi in quel modo così umiliante.

<Diamond, stiamo perdendo tempo, andiamo.> disse l'avvocato odioso, intervenendo.

<NON SONO AFFARI TUOI!> risposi.

<Abbassa il tono di voce. Non siamo su un palco e tu non sei sotto i riflettori. Hai un minuto a partire da questo istante per raggiungermi, altrimenti subirai una punizione che non sarà affatto piacevole.> annunciò lo psichiatra, ponendo un timer di un minuto e dirigendosi verso l'uscita della villa, ignorando completamente la mia situazione e il mio stato emotivo.

Freddo, indifferente, un mafioso senza cuore. Questo era e rimarrà sempre ai miei occhi d'ora in poi. Nessuno può cambiare da un giorno all'altro, ma lui ci è riuscito senza sforzo. Ricordo ancora il giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta in quella clinica, e di come io abbia cominciato a scagliare contro di lui tutto ciò che mi capitava tra le mani. Nonostante il mio comportamento, lui si avvicinò e mi offrì il suo aiuto senza esitazione alcuna. In quell'istante mi sembrò un angelo caduto dal cielo per salvarmi, ma ora si è rivelato essere un angelo delle tenebre.

Sapevo che avrebbe mantenuto la sua parola, che mi avrebbe fatto pentire di non averlo seguito. E, considerando di avere a che fare con un mafioso il cui intento era torturare il suo nemico nel peggiore dei modi, mi sembrò più saggio eseguire ciò che aveva appena affermato. Lo seguii fuori e presi posto nel sedile anteriore, proprio accanto a lui.

Trascorsero alcuni minuti di silenzio. <Perché?> chiesi, guardandolo. <Perché sei entrato nella mafia?> non era lì per caso. Poteva essere stato minacciato, oppure forse uno dei genitori era mafioso. Doveva esserci una motivazione valida. Nessuno entra nella mafia senza un passato che lo abbia condotto a tale scelta.

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