Diamond 53

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Non riuscii a rimanere in quella stanza troppo a lungo, non appena sentii il silenzio oltre la porta di camera mia, la aprii e uscii.

Non avevo né l'intenzione né la voglia di nascondermi da tutti per poter attraversare quel cancello che separava la clinica Lux dal resto del mondo. Per questo andai da Luisa e le chiesi un permesso scritto per uscire e di chiamare un taxi. Rimasi sopresa quando mi informò che lo psichiatra n. 7 aveva espressamente autorizzato tutte le mie uscite, a prescindere dal luogo in cui mi volessi dirigere.

Lo psichiatra mi aveva restituito la libertà?

Aspettai il taxi fuori dal portone principale e, appena si fermò davanti a me, salii.

Durante la telefonata sentii l'uomo dire che l'incontro si sarebbe svolto sulla novantaquattresima, dietro al "Blue", e queste furono le stesse indicazioni che comunicai al taxista.

<Il Blue? Quel posto non è adatto alle ragazze come te.> disse lui.

<Ragazze come me? Cosa vorresti dire?!>

<Nulla, volevo solo avvisarti.>

Dopo un lungo tragitto arrivammo in un quartiere degradato, dove gruppi di persone bevevano per strada, fumavano e si drogavano apertamente. La scena più surreale fu una donna che faceva sesso con due uomini, completamente indifferente al fatto di trovarsi all'aperto, sotto lo sguardo di chiunque passasse. Le case riflettevano la povertà assoluta, e le auto erano praticamente inesistenti.

Un'enorme insegna blu catturò la mia attenzione: "Blue", c'era scritto. Sotto l'insegna, un locale che presentava solo una porta, nessuna finestra.

Il taxista frenò bruscamente appena un gruppo di uomini circondò l'auto. <Scendi, siamo arrivati.> affermò, visibilmente terrorizzato.

<Qui?> domandai incredula.

<Te l'avevo detto che non era un posto per te. Scendi o me ne vado.> uno degli uomini bussò alla sua finestra. <Scendi!> urlò, con voce tremante.

Feci un respiro profondo e aprii la portiera. Appena scesa, il taxi accelerò senza nemmeno chiedere il pagamento. Evitai di incrociare i loro sguardi e iniziai a camminare. Il cuore mi batteva in gola, la mano tremava e una vampata di freddo mi attraversò quando uno di loro mi afferrò per il braccio, fermandomi. Si avvicinò, inspirando il profumo dei miei capelli e sussurrò: <Cosa ci fa una bambolina come te qui?> lo respinsi subito, cercando di allontanarmi, ma il gruppo mi circondò, scoppiando a ridere all'unisono.

<Sarà una nuova Leta?>

<No, lo avremmo saputo se ne avessero reclutata una nuova.>

<Oppure è una Tabe, non mi sorprenderebbe se avesse sbagliato covo.>

<Una Tabe? Allora è una Tabe morta.>

Iniziarono a discutere tra di loro mentre altre persone, uomini e donne, si univano al gruppo. Non capii cosa intendessero con "Leta" o "Tabe", ma una cosa era certa: dovevo andarmene, e in fretta.

<Non sono né l'una né l'altra. Sono qui per incontrare una persona. Ora lasciatemi passare.> dichiarai, tentando di uscire dal cerchio in cui mi avevano intrappolata.

Uno di loro, alto, puzzolente di alcol e fumo, mi bloccò, spingendomi di nuovo al centro. <Chi?> chiese, con voce calma e gli occhi arrossati.

<Non lo conosci.> risposi, cercando di mantenere la calma.

Si voltò verso il gruppo, ridendo. <Avete sentito? La bambolina dice che non lo conosciamo.> tornò a concentrarsi su di me. <Questo è il Blue. Conosciamo tutti qui. Se vuoi salvarti la pelle, dacci il nome e, se è un Beta o un Gamma, sarai libera.>

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