Diamond 15

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Quando non sarai più parte di me,
ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle,
allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si innamorerà della notte.
William Shakespeare


Trascorsi la notte in una delle camere della clinica. Mi portarono i miei vestiti e rimasi lì dopo aver firmato i documenti per rimanere e aver pagato la retta.

Non riesco a immaginare cosa stia pensando papà in questo momento; mi sto allontanando dalla mia promessa per me stessa.

Tuttavia, so che mi ama e spero che sia felice nel vedere che sto cercando di migliorare la mia vita, di trovare la pace che da anni mi ha abbandonato.

<Sei nuova?> mi voltai e vidi una ragazzina vestita completamente di nero entrare in camera.

<Sì, tu sei la mia compagna di stanza?> chiesi.

<Questa è la mia stanza, faccio io le domande. Chi sei?> replicò.

<Calma, calma, ragazzina, non ho voglia di litigare.> risposi.

<Nemmeno io. Per questo sarà meglio che al mio ritorno non ti trovi qui, nella mia stanza.> concluse, prendendo una borsetta nera e uscendo.

<Non ti preoccupare, è sempre così.> disse un'altra ragazza rientrando dal balcone. All'apparenza era molto giovane, tanto da sembrare quasi una bambina. Indossava un vestito rosa, la sua carnagione era pallida, le labbra rosse brillavano e i capelli biondi incorniciavano gli occhi color nocciola. Si avvicinò a me, porgendomi la sua mano. <Io sono Jasmine.> disse con un enorme sorriso che illuminava le sue guance rosse.

<Io sono Diamond.> dissi, stringendo la sua mano.

<Chi è il tuo psichiatra, Dia? Posso chiamarti Dia, giusto?>

<Come preferisci. Il mio psichiatra è il numero 7.>

<Anche il mio! Me lo hanno affidato qualche anno fa quando lo psichiatra numero 2 si è suicidato.>

<Bene, qui si suicidano tutti...> affermai, alzando gli occhi al cielo.

<Non so esattamente il motivo, ma sì, ci sono stati molti suicidi qui. Dopotutto, siamo in una clinica psichiatrica, Dia.> sorrise.

<Infatti, dovrebbero uscirne in salute e felici, non dentro una bara.> risposi, sospirando.

<Non sempre le cose vanno come dovrebbero, lo capirai presto.>

<Sei qui da molto tempo?>

<Alcuni anni, sì. Adesso devo andare, devo farmi una doccia e poi ho un appuntamento con lo psichiatra.>

Annuii alla sua affermazione e mi diressi verso la valigia per riporre tutto nell'armadio.

Uscii dalla stanza, desiderosa di esplorare ogni angolo della clinica. Attraversai un corridoio, dove il bianco delle pareti si mescolava con tonalità ramate e la luce del sole filtrava attraverso le finestre, abbracciando l'ambiente e regalando una vista mozzafiato.

La clinica Lux era magica, una sorta di rifugio psichiatrico che, oltre ad aiutare le persone, riusciva a far loro vivere un'esperienza quasi fiabesca anziché infernale. O almeno, questa era l'impressione che mi trasmetteva.

<Diamond.>

Mi girai rapidamente in direzione della voce che mi aveva nominato pochi istanti prima. Era l'avvocato Gherak, colui che avevo incontrato il primo giorno in sala d'attesa e che si era mostrato tutt'altro che amichevole.

<Si?>

<Non dovresti andare in giro, non te l'hanno detto?>

<E dovrei chiedere il permesso a te?>

<No, io rispetto le regole come tutti nella clinica.>

<Va bene, allora tu rispetta le regole e fai il bravo. Io vado in giro.> affermai prima di voltarmi e allontanarmi, senza aspettare una sua risposta.

<Non sono tuo nemico, Diamond.> disse, costringendomi a volgere nuovamente lo sguardo verso di lui.

<Ah no? Il primo giorno hai dimostrato il contrario.>

<E come avrei fatto?>

<Con le tue risatine senza senso, le battutine... devo continuare?>

<"Miss giacca e cravatta", "brasiliano"... devo continuare?> alzai le spalle e lo guardai, ricordando quella conversazione e il modo con cui aveva descritto lo psichiatra come "tutto fuorché innocente.".

<Cosa intendevi con "è un uomo tutto fuorché innocente", Charles?>

<Chi?>

<Sai benissimo chi. > sollevai leggermente gli occhi al cielo, già stanca di quella conversazione. Mi trattava come fossi una bambina capricciosa, e la sua voce non faceva che confermare questa mia impressione. <Intendi lui?> chiese, indicando un punto imprecisato alle mie spalle. Mi voltai, notando l'avvicinarsi dello psichiatra n. 7.

Indossava il camice bianco e teneva un documento fra le mani che continuò a leggere attentamente mentre si avvicinava a noi.

<Charles, vedo che hai conosciuto la nostra nuova ospite.> affermò lo psichiatra, incrociando il mio sguardo.

<Sì, molto energica e solare.> rispose, con evidente sarcasmo.

<Energica e solare?> ribattei senza pensarci.

<Dovrei dire poco socievole?> chiese Charles, con un sorriso sulle labbra.

Lo psichiatra volse lo sguardo nella mia direzione, prima di rivolgersi nuovamente all'avvocato. <Andiamo nel mio ufficio, Charles. E tu, Diamond, torna nelle tue stanze. Ti verrà consegnato il regolamento entro la giornata.>

<Prima di tutto, sono io che scelgo con chi socializzare. E tu, non ho intenzione di seguire nessun regolamento.> replicai con decisione.

<Mossa sbagliata.> sentii sussurrare l'avvocato, ma decisi di ignorarlo.

<Non era una richiesta. Dovrai leggerlo e studiarlo tutto. In questa clinica, esiste un rigido protocollo comportamentale, al quale dovrai attenerti per tutta la durata della tua permanenza.> dichiarò con freddezza, cancellando del tutto il tono dolce e tranquillo usato la sera prima.

La vera natura di quest'uomo sembrava un enigma: prima un dolce e premuroso psichiatra desideroso di aiutare le persone, ora un individuo autoritario determinato a imporsi. È come se si trattasse di due persone diverse racchiuse nello stesso corpo.

<Ho detto ch-> tentai di replicare, ma fui interrotta dall'avvocato.

<Hai firmato un contratto, signorina One. Su di esso vi è una clausola apposita su quest'argomento.> affermò l'avvocato, difendendo il suo amico.

<Oh, ora svolgi il tuo lavoro, signor Gherak?> ribattei, alzando gli occhi al cielo. Era davvero sorprendente quanto fosse incoerente quell'uomo.

<Lui è il nostro avvocato e, come tale, le questioni giuridiche gli riguardano più che a noi, Diamond.> disse lo psichiatra, prendendo le difese dell'avvocato.

<Wow, vedo che siete molto vicini voi due, addirittura vi state proteggendo a vicenda.> commentai, osservando con interesse la relazione tra i due. Era chiaro che avevano una connessione più profonda di quanto pensavo.

<Si chiama lavoro e io e Charles siamo amici da molto tempo. Luisa, accompagna la signorina One in stanza e assicurati che non esca fino all'ora di cena.> ordinò lo psichiatra guardando un punto alle mie spalle, volsi lo sguardo incrociando quello della segretaria che mi aveva accompagnato il giorno prima. Decisi di ribattere, ma quando mi voltai di nuovo verso di loro, si erano già allontanati.

Patetici, miserabili ed egocentrici.

Li odio.

Facile prendersela con qualcuno quando si è in gruppo, e loro erano due contro di me.

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