Diamond 52

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Aprì la porta e varcò la soglia, togliendosi il cappotto nero e posandolo sulla scrivania. Poi si sedette, chiudendo gli occhi.

Io rimasi in piedi, indecisa se avviare una conversazione o semplicemente sedermi e rispettare il silenzio che sembrava tanto desiderare.

Stava combattendo contro le sue stesse emozioni. Avrei tanto voluto abbracciarlo, fargli capire che, nonostante tutto, sarei rimasta al suo fianco. Ma non ci riuscii...

Charles è morto per me, è tutta colpa mia e sono abbastanza matura da assumermi ogni responsabilità di quello che è accaduto.

Improvvisamente il suo telefono iniziò a squillare. <Dimmi> disse, rispondendo.

<Stasera saranno nel locale sulla Novantaquattresima, dietro al Blue.> riuscii a sentire la sua voce da quella distanza.

<Quanti di loro?> domandò lo psichiatra.

<Una ventina. Oscar sarà con loro, ci ha riferito che sarà una riunione, ma non è riuscito a scoprire su cosa.>

Chiuse la chiamata e io non riuscii a domare la mia curiosità. <Peter?> chiesi, mentre finalmente lui apriva gli occhi e incrociava il mio sguardo.

<Spero per lui di no.> disse con una calma glaciale.

<Li ucciderete?> domandai, vedendolo inspirare profondamente prima di aprire i primi bottoni della camicia.

<Probabile.> rispose infine, prendendo il telefono e digitando qualcosa.

<Cosa fai?> chiesi, avvicinandomi di poco.

<Diamond, non hai nient'altro da fare oggi?> domandò, mandando un messaggio prima di posare il telefono sulla scrivania.

<Fino a quando sarai in questo stato, non me ne andrò.>

<E in che stato sarei?>

<Triste...> risposi, senza esitare.

Appoggiò la testa sullo schienale, incrociando il suo sguardo con il mio. La stanza era completamente illuminata, come al solito, e il nero della sua camicia faceva risaltare alla perfezione la sua pelle candida, potei scorgere un pezzo del tatuaggio che avevo già visto sul suo petto, esattamente sul cuore: "STEP BY STEP".

<Perché sei entrato nella mafia?> domandai mentre lui sorrideva, distogliendo lo sguardo.

<Ancora con questa domanda? Ti ho già risposto: per il tuo stesso motivo.> disse, rilassandosi ulteriormente contro lo schienale.

<Fino a quando non mi risponderai con sincerità, raccontandomi tutta la tua storia, continuerò a chiedertelo.> risposi con determinazione. Lui incrociò le dita delle mani e io mi misi comoda, aspettando che si aprisse a me, che decidesse di farmi conoscere la persona che si nascondeva dietro la figura del professionale e autoritario psichiatra n. 7.

Desideravo che mi mostrasse le sue vere emozioni, che abbattesse quella corazza che lo allontana da tutto e tutti, mostrandolo come un uomo freddo, distaccato e impassibile.

<Allora continuerai ancora per molto.> rispose con voce stanca.

<Perché? Ti puoi fidare di me.>

<Se te lo dicessi, entreresti troppo nella mia vita, e questo non posso permetterlo. Tra me e te vige un rapporto professionale e tale deve rimanere.>

<E se io non lo volessi più?> ribattei con decisione.

Appoggiai i gomiti sulle ginocchia, senza distogliere lo sguardo nemmeno per un istante.

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