22. Il fantasma

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Tra le mani reggeva un coltello da cucina e molteplici graffi e ferite solcavano la sua pelle.
Indossava un vestito bianco, lungo fino alle ginocchia, tutto sporco, strappato e ricoperto di sangue e fango.
Vedeva a tratti sfocato, come se la sua vista funzionasse ad intermittenza, mentre il suo respiro era affannato.
Erwin si ritrovò in un quartiere malfamato della città sotterranea, la riconobbe per l'immondizia sparsa ovunque e la luce scarsa.
Con profondi e disperati respiri cercava di calmare la propria agitazione che però non volava dargli tregua e assillava la sua mente in totale subbuglio.
Non aveva idea di quello che era successo, non aveva idea del perché stesse sognando qualcosa di simile.
Quello che sapeva bene invece era che voleva andarsene da lì, svegliarsi.
Quella terribile sensazione dentro di se era spaventosa e allo stesso tempo non gli apparteneva eppure non poteva fare a meno che continuare a guardare.
Che tutti i morti che aveva causato lo stessero osservando? Se questo fosse proprio il risultato dei suoi rimorsi e rimpianti?
Pian piano focalizzò anche tutto quello che lo circondava e un groppo alla gola bloccò persino i tanti respiri di prima.
Il sangue gli si congelò nelle vene nel vedere la quantità di sangue sparsa ai suoi piedi, nudi e a contatto con il fango.
Si trovava in un quartiere dove però né il sole né la luna rischiarava il cielo. Sopra di sé non riusciva a scorgere nient'altro che un alto soffitto e delle lunghe stalattiti che scendevano qua e là.
La temperatura era fredda, riusciva a percepire la frizzante aria presente all'interno di quel posto e nonostante questo le sue braccia erano nude fino alle spalle.
C'erano solo alcune luci traballanti a dare quella poca luminosità e poi c'erano anche loro. Quattro corpi accasciati a terra, i loro visi in espressioni atterrite fissavano il vuoto come in attesa di qualcosa di terrificante che però ovviamente dovevano avere già incontrato.
Con ancora il cuore in gola cominciò a stento a camminare, affondando i suoi piedi nel sangue mischiato al fango mentre la testa pulsava da scoppiare.
Comprese che non era lui a decidere i movimenti del proprio corpo ma si faceva trasportare, impotente, con una gran voglia di voltarsi e andare via.
Si avvicinò al corpo di una persona in particolare e riconobbe le sembianze di un giovane ragazzo, il corpo ricoperto dal fango e dal sangue tanto da non riuscire a distinguere il colore dei suoi vestiti.
I capelli anch'essi incrostati e appiccicati al volto tumefatto lasciavano però intendere in certi sprazzi il loro colore naturale, un castano chiaro.
I suoi occhi azzurri erano semi aperti e fissavano il vuoto con le pupille dilatate.
Nonostante sapesse già che il ragazzo era morto appoggiò comunque una mano al grosso e profondo squarcio sul collo come per riuscire in qualche modo a salvarlo fermando l'emorragia.
Mentre le lacrime cominciavano a rigargli le guance, un urlo disumano di dolore spezzò quel silenzio insopportabile.
La sua voce perse di intensità e si sentì svuotato di ogni cosa, non provava più nulla e non udiva più nulla.
In quel momento si sentiva così scosso da poter affrontare qualunque pericolo, qualunque dolore senza che esso potesse ferirlo.
Non gli importava più nulla.
Sfogatosi, con una mano chiuse gli occhi al ragazzo che, nonostante tutto, aveva un'espressione serena sul volto.
Chi era lui? Perché si stava struggendo in questo modo per una persona che non conosceva?
Di solito provava un profondo dispiacere per i soldati caduti del corpo di ricerca ma sapeva che tutti loro erano consapevoli che sarebbe potuto succedere. Si sentiva in colpa, è vero, ma quella profonda disperazione non l'aveva mai provata.
Ti toglieva il respiro, ti faceva tremare il corpo.
Una sensazione orrenda di impotenza ti attanagliava e la consapevolezza di aver giocato le proprie mosse senza poter più tornare indietro lo perseguitava nella mente.
Si sentiva spossato, con le ultime energie prese tra le mani il corpo del ragazzo e lo trascinò via, lungo i cunicoli poco illuminati di quella sporca città.
Arrivarono lentamente di fronte ad un edificio tutto bruciato che sembrava essere stato dato alle fiamme recentemente.
Un altro mattone gli cadde nello stomaco e, senza più le forze, si accasciò a terra, tenendo ancora stretto a sé il corpo senza vita del ragazzo.
Passarono alcuni minuti in cui le lacrime non potevano fare altro che sgorgare inesorabili dai suoi occhi, ormai gonfi e brucianti.
Prese coraggio e appoggiò il cadavere all'unico pezzo di parete bruciata che ancora rimaneva in piedi.
La poca gente che c'era gli passava di fianco senza fiatare, limitandosi a dare uno sguardo veloce ma senza scandalizzarsi e nemmeno aiutarlo.
Con passi malfermi e traballanti si avvicinò al perimetro della casa e lo superò guardandosi debolmente attorno.
Al suo interno non c'era più nulla, ogni cosa era stata divorata dalle fiamme e i suoi occhi ripresero a bruciare.
I letti, il tavolo, la piccola libreria all'angolo... tutto era scomparso.
Uscì, senza dire una parola, e raccolse nuovamente da terra il corpo del ragazzo.
Fu in quel momento che cominciò a risentire dell'atmosfera gelida mentre passava accanto alle altre persone dagli sguardi vacui e assenti. Era come la normalità... come se lui non esistesse per nessuno.

Un fantasma...
questo era quello che era.
Ignorato da tutto e tutti.

A tentoni raggiunse un cunicolo dove ammontava una gran quantità di immondizia. Dei tubi di scarico sgorgavano acqua putrida e maleodorante ma si accucciò ugualmente, stringendo ancora più forte quel povero ragazzo.

Fu in quel momento che Erwin si svegliò di soprassalto, alzandosi con mezzo busto e portandosi una mano alla tempia.
Aveva il fiatone mentre un leggero sudore gli imperlava la fronte.
Rimase a fissare l'estremità opposta del suo letto per alcuni secondi finché non sentì improvvisamente in lontananza il canto di un gallo.
Si voltò verso la finestra, ancora con gli occhi spalancati, chiedendosi che razza di sogno avesse appena vissuto.
Era la prima volta che gli capitava un simile evento, di vivere un sogno ed essere consapevole che non corrispondesse alla realtà, poiché di solito non ci si accorge delle assurdità finché non ci si è sveglia.
Si alzò con la testa dolorante e si diresse al bagno per sciacquarsi il viso con dell'acqua gelida.
Voleva essere sicuro di svegliarsi a dovere.
Rimase ancora per qualche secondo appoggiato con le mani sul lavandino, guardando la sua immagine riflessa nello specchio.
Perché aveva sognato una cosa del genere? Quel posto lo aveva già visto? Quelle persone le aveva già incontrate?
Magari la sua mente le aveva fissate mentre lui, di per sé, non gli aveva dato molta importanza.
Eppure non riusciva a ricordare nulla che potesse ricondurlo a quel sogno.
Era come se non gli appartenesse, come se non lo avesse davvero immaginato lui.
Ogni cosa gli era estranea.

4chiacchiere in compagnia:
Devo essere sincera, questo capitolo meritava il doppio della segnalazione iniziale. Mi sono superata, direi 😂
Ma non lo dico per vanto, è che mi sono sorpresa anch'io di come ho descritto certe cose. Le lascerò lo stesso e siccome mi avete detto che non serve alcun riassunto non farò nemmeno quello. Se qualcuno ne avesse bisogno scriva nei commenti.
Bene bene, per oggi finisco qui e ci vediamo al prossimo numero!
Dopo quello che ho scritto augurarvi buona domenica mi fa ridere ma... buona domenica a tutti!
😘 SilverANBU

Ovunque Tu Sarai (Erwin X Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora