7. La spada suprema

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Da quel giorno diventò per tutti un fantasma.
Viveva tra le fogne della città sotterranea da anni, magra come uno stecco e non ricordava più nemmeno come si faceva a sorridere o il suono della sua voce.
Vestiva quei luridi vestiti ogni giorno mentre il suo corpo si indeboliva sempre di più.
Mangiava ciò che riusciva a rubare, sempre che gli altri non lo rubassero a lei, e i suoi migliori amici ormai erano diventati i ratti.
Si aggirava per le strade della città con sguardo assente, non le importava nemmeno più di nascondersi e cercare di sopravvivere.
In realtà non attendeva altro che morire.
Per tutti quelli che la consideravano viva in qualche modo credevano anche che lei si fosse ripresa dalla strage di quella notte ma non era così.
Una voragine si era creata dentro di se e niente avrebbe mai potuto risanarla. Nemmeno la morte della banda.
Niente e nessuno avrebbe potuto far tornare la sua famiglia.
In realtà nel primo periodo aveva tentato di rintracciare almeno il capo di loro ma con miseri risultati, anzi probabilmente aveva concluso che non si trovava più in quella città.
Chi la incontrava cambiava strada o cercava di non guardarla negli occhi, passandole accanto facendo finta di nulla.
La credevano un'entità ultraterrena, l'anima di quella ragazzina, figlia di quella famiglia che scomparve in una notte sola, tornata sulla terra per maledire gli esseri viventi.
Ma c'erano comunque alcuni che non ci credevano alle favole e la aggredivano per portarle via tutto quello che potevano, persino la dignità.
Con se portava sempre però le uniche cose che era riuscita a cogliere ancora quasi intatti che le ricordassero casa.
Un bracciale di cuoio intrecciato, che indossava sempre suo padre, le avvolgeva il suo polso scarno.
E una maglia sporca di terra e sangue  una volta azzurra che apparteneva a suo fratello.
Queste erano le uniche cose a cui ancora teneva nella vita.
Non seppe dire quanti anni erano passati da quella notte.
Di sicuro due anni dato che all'inizio contava ancora i giorni attraverso il grande orologio sgangherato al centro della città.
Ma adesso non sapeva proprio dirlo. Forse altri due o tre anni... o forse anche di più.
Non importava.
Tanto le cose non cambiavano mai e sembrava sempre tutto lo stesso giorno.
Alcune notti aveva talmente paura di rivivere quell'incubo che rimaneva sveglia ad attendere che qualcuno la prendesse davvero e mettesse fine a tutto ma non accadeva mai.
Fu un giorno però che qualcosa cambiò dentro di lei.
Una mattina sentì degli strani rumori provenire dai tetti della città e successe tutto quando prese coraggio e uscì da quel vicolo putrido che chiamava rifugio.
"Prima o poi verranno presi!! Non potranno fuggire per sempre!!" Una voce di un mercante adirato la travolse mentre egli indicava qualcosa in alto.
Lei seguì il suo sguardo e lo vide per un istante.
Un ragazzo, dai capelli corvini e una statura minuta, sospeso in aria sorvolava la città con l'aiuto di un marchingegno, lo stesso che aveva visto addosso alle guardie ai cancelli della città.
Si librava nell'aria come se fosse uno di quegli uccelli che era abituata leggere nel suo libro.
Per un istante, vide in quella persona la libertà che tanto aveva cercato di inseguire in passato.
Rivide in lui suo fratello Kenjiro.
In quel momento provò un desiderio immenso di poter uscire da quella fogna e vedere il sole prima di morire.
Si sentì riaccendere la sua fiamma dopo così tanto tempo che era rimasta spenta e indifferente dentro di se.
Era un desiderio intenso che però svanì quando la figura di quell'uomo scomparve dalla sua vista.
Passarono alcuni giorni da quell'apparizione che credette illusoria ma poi lo rivide...
Ancora una volta scomparve tra le cime delle abitazioni ma questa volta ne fu convinta, non era frutto della sua immaginazione.
Era tutto reale e di nuovo quella fiamma assopita riprese ad ardere di desiderio.
Passarono mesi di ricerche senza sosta ma T/n non trovò mai l'individuo che quel giorno l'aveva illuminata come un raggio di sole.
Una cosa di sicuro però le aveva donato.
Si sorprese di avere ancora quella spinta di sopravvivenza, di raggiungere gli obbiettivi e ad un tratto ne rimase addirittura commossa.
T/n se ne rese conto soltanto quando, dopo l'ennesima volta che squadrava i cancelli della città, si ritrovava a pensare a come dev'essere la vita al di sopra di quel soffitto.
Tante persone provavano ogni giorno a varcare quella soglia ma con davvero scarso successo.
I più coraggiosi a malapena riuscivano ad arrivare a metà della scalinata per poi essere ripresi e sbattuti di nuovo nelle fogne.
Era questo il vero motivo per cui i suoi genitori preferivano guadagnarsi soldi per pagare l'uscita?
Ma perché lo facevano solo per lei e suo fratello?
Forse loro sarebbero usciti dopo...?
L'unica cosa che però sentiva era un forte desiderio di vedere la luce del sole, dopo così tanto tempo nella depressione una piccola fiamma di speranza stava riprendendo ad ardere dentro di se.
Non aveva nulla da perdere, non aveva nulla da dare.
Perché non provarci?
Se avesse fallito nessuno avrebbe pianto la sua morte, nessuno se ne sarebbe importato ma se invece la luce del sole sarebbe riuscita a vederla?
Nella mente passarono i ricordi di suo fratello e infine quel maledetto sorriso d'addio.
Doveva provarci per lui.
Se Kenjiro in qualche modo la stava guardando voleva che vedesse la luce attraverso lei.
Non avrebbe chieste altro.

Ovunque Tu Sarai (Erwin X Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora