30. Kenjiro

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C’era un solo desiderio che ancora la teneva in piedi.
Si avviò a passo incerto per le vie di
quella sporca città, ogni passo che faceva era un ricordo che tornava a galla ma erano quelli tristi che temeva di più.
Arrivò all’angolo dove ancora si trovavano le macerie del negozio di suo padre, lo riconobbe di per certo dall’insegna, anche se sgualcita, e dall’interno della struttura rimasta ancora come la ricordava.
L’unica cosa che era variata nel tempo era che adesso ci abitava, così dedusse la ragazza, un uomo senza dimora che aveva steso la propria coperta a terra e ci si era sistemato sopra.
Era molto magro e portava addosso soltanto un paio di stracci.
I suoi capelli ricci avevano qualche ciuffo ormai grigio e il suo volto solcato dalle rughe lo faceva apparire più vecchio di quanto fosse in realtà.
Mentre lo superava, la ragazza pensò che doveva avere un aspetto orribile, sporca di sangue e zoppicante, quando sapeva che alle sue spalle quel pover’uomo la stava osservando.
Ma lei non ci vide solo quel vagabondo in quel bugigattolo.
Che cosa avrebbe detto suo padre?
In qualche modo poteva vedere il suo fantasma osservarla dal suo negozio, seduto sul suo solito sgabellino e un'espressione contrita e contrariata.
Di sicuro non avrebbe voluto vedere la propria figlia ridotta a cercare una vendetta che non l’avrebbe portata da nessuna parte. A commettere crimini di cui si sarebbe pentita e di vedere in lei il riflesso di sua madre.
Si trascinò fino in fondo a quella via e svoltò nuovamente l’angolo fino ad arrivare al campanile, le cui ore non variavano mai.
La ruggine depositata su quelle lancette immobili era l’unica cosa che segnava veramente il tempo.
Avanzando ancora qualche metro trovò quello che stava disperatamente cercando. Sentì delle voci in lontananza ma non ci fece troppo caso.
Ancora il cumulo di macerie che era stata la sua casa sovrastava su quella via ormai quasi del tutto deserta, come un monumento che però portava brutti presagi.
Sembrava che da quell'incidente di quella notte di quasi 11 anni fa nessuno avesse più avuto il coraggio di passare da quelle parti. Poté constatarlo dal terreno che si era fatto più polveroso e dalle torce che non venivano più accese da anni.
Con l’umidità il legno si era lasciato andare e, di sicuro, non avrebbe più preso fuoco. C’era un ma cui T/n si accorse nel preciso istante in cui si fermò di fronte ai tre cumuli che c’erano di fronte alla casa.
La terra era smossa, e nemmeno da troppo tempo, ma la cosa che le fece venire i brividi fu che qualche osso affiorava in superficie.
Il suo battito prese ad accelerare e le sue gambe ormai stanche cedettero sotto il peso di quell’ulteriore dolore e T/n si accasciò a terra.
Tutto quel dolore la portò a inginocchiarsi e a poggiare la fronte a terra, davanti alle tre tombe che lei stessa aveva scavato anni addietro.
Pensò a tutta la vita che aveva vissuto senza di loro e tutto quello che aveva fatto per potergli dare la meritata giustizia che gli spettava ma alla fine loro non avrebbero potuto di certo tornare a vivere, anche dopo tutto quello che aveva fatto in loro nome.
Fu in quel momento che la ragazza capì che non esiste la vera giustizia per chi si trovava già all’altro mondo.
Niente di quello che avrebbe potuto fare li avrebbe riportati indietro.
Eppure quegli uomini dovevano pagare il prezzo delle loro azioni come lei ha pagato il suo.
Allora che cos'era quella pesantezza che sentiva nel cuore?
Strinse i pugni attorno al terreno umido, come per voler afferrare qualcosa che non c’era e le lacrime cominciarono a bagnare la terra.
“Ora ditemi…” provò a parlare T/n quando la sua mente fu troppo satura di pensieri: “Abbiamo avuto quello che ci meritavamo?”
Ma nessuno le rispose.
“Abbiamo riguadagnato la nostra libertà?” ancora nessuna risposta.
All’improvviso un verso famigliare le giunse all’orecchio e alzò di scatto la testa per trovarsi davanti un animale.
Era semi nascosto dietro le macerie della casa, oltre le tre tombe, ma quando si rialzò in piedi T/n dovette ricredersi di esserselo sognato.
‘Un cane? Non ho mai visto un cane quaggiù.’ Pensò mentre l’animale dal pelo nero come la cenere la fissava e iracondo le abbaiava addosso.
Forse era stato proprio quel cane a scavare nelle fosse e, in un momento d'ira, T/n prese la spada e la conficcò con violenza nel terreno ai piedi delle tombe.
Con lo sguardo di chi non aveva intenzione di continuare quel gioco, la ragazza fissò il cane che spaventato cominciò a mugugnare e a tornarsene tra le macerie, dove probabilmente aveva fatto la sua tana.
T/n non aveva certo intenzione di ucciderlo o di farlo scappare.
Quel cane tutto pelle e ossa stava solo cercando il suo modo di sopravvivere e chi meglio di lei poteva comprenderlo.
Una voce dietro di sé la raggiunse: “T/n!”
La voce di Erwin sembrava affaticata e quando lei si voltò il suo volto era rosso per la corsa.
Il suo volto triste e bagnato dalle lacrime si confrontò con quello preoccupato del capitano.
“Dove eri finita?!” chiese cercando di essere anche il più severo possibile ma d’un tratto la spada cominciò ad emanare una strana luce azzurrina.
Tutto quanto attorno a loro cessò di essere importante mentre alcuni fasci luminosi emessi dalla spada cominciarono a librarsi nell’aria, come leggera sabbia al vento. Nessuno dei due sarebbe riuscito a parlare in una situazione simile finchè i minuscoli granelli delle scie non cominciarono a raggrupparsi e a formare una figura.
Rapiti dalla bellezza di ciò che stava accadendo quelle scie luminose formarono un’immagine sensata.
Sembrava umano… un bambino.
Aveva un codino e i suoi occhi curiosi passavano da una parte all’altra di quel posto.
Prese a camminare e lentamente si avvicinò alla ragazza che per tutto il tempo era rimasta immobile ad osservalo.
Il bambino prese a sorriderle e pian piano allungò la sua mano per sfiorare quella di T/n.
Lentamente lo sguardo della ragazza si abbassò verso la mano e in quel momento Erwin potè vedere chiaramente la sua espressione stupefatta e allo stesso tempo quelle lacrime che le solcavano le guance. Lei lo fissò un’altra volta e le parole finirono per sfuggirle dalle labbra: “Kenjiro?”
A quelle parole il bambino la guardò e le sorrise nuovamente, l’espressione di un ragazzino spensierato e monello, e solo in quel momento Erwin si rese conto di una cosa.
Quel codino, quel volto, quegli occhi… era come se da qualche parte li avesse già visti. In un primo momento pensò fossero i suoi sensi di colpa per i soldati che avevano sacrificato la loro vita, magari tra loro c’era stato qualcuno di simile, eppure non era convinto si trattasse di quello.
Quel volto così bambinesco e giovane gli portava alla mente una sensazione sgradevole, una paura che non riusciva a controllare, eppure non riusciva a ricordare cosa.
Come se tra quei vicoli bui e tristi lui ci fosse già passato, come se quella terra l’avesse smossa lui, come se quel volto gli dicesse qualcosa di importante anche se non l’aveva mai visto per davvero.
Il ragazzino si dissolse nell’aria e la scia di sabbiolina che lo formava poco fa cominciò a fluttuare e a fluire lentamente verso quei vicoli stretti.
T/n senza chiedersi altro raccolse la spada e la sfilò dalla terra in cui era stata conficcata, prendendo a seguire quel leggero fasciò di luce.
Erwin non aveva idea di quello che stava accadendo, sembrava tutto così surreale e assurdo che credette che fosse un altro di quei sogni.
Di svegliarsi poi la mattina e capire che non fosse reale.
Erwin seguì la ragazza, ogni tanto cercando di chiamare il suo nome, ma lei sembrava avere occhi solo per quella strana visione.
Dopo qualche metro si cominciava ad intravedere il cancello d'uscita e lì, fermi ad attendere, la sua squadra e quella di Mike con i tre individui.
Guardarono con aria interrogativa T/n avvicinarsi a loro, quella scia sembrava volersi avvicinare al cancello e poi, come se niente fosse, riprese la forma del bambino. Alzò il suo esile braccio, non badando a tutte quelle persone che erano lì ad osservarlo, e indicò le scale dalle quali proveniva un luminoso fascio di luce.
“è questo che vuoi?” chiese malinconicamente T/n e il bambino le sorrise.
Era un sorriso aperto e solare, come se fosse una proiezione di quel raggio di luce che si scorgeva sulla scalinata.
All’improvviso, così come era apparso, il ragazzino si dissolse nell’aria.
La spada tornò al suo colore originario e quei fini granelli di sabbia scomparvero nel nulla.
“Ho capito… disse semplicemente la ragazza che con sguardo sognante fissava ancora le scale mentre tutti la osservavano.
“Allora?” l’atmosfera venne interrotta dalla voce di Sarah, sfacciata e burbera come sempre: “Stiamo qua ancora un po’ a fissare il nulla? Sei nei guai seri e non sarà il capitano a proteggerti questa volta.”
T/n si risvegliò da quella visione e guardò Sarah sconcertata e preoccupata.
“Non guardarmi con quella faccia da pesce lesso. Mi fai incazzare… dovremmo mettere le manette anche a te per aver disobbedito di nuovo agli ordini.”
A quelle parole Erwin si chiese se Sarah e gli altri avessero notato quello che era appena successo oppure lo avevano ignorato completamente.
Si avviarono su per le scale mentre i gendarmi di guardia chiudevano i cancelli alle loro spalle.
Lasciandosi indietro quella visione e quella strana sensazione che gli infondeva.

4chiacchere in compagnia:
Questo è ufficialmente l'ultimo capitolo di quest'anno!😂😂
Spero sia di vostro gradimento e vi auguro un BUON ANNO a tutti voi!!
😘 SilverANBU

Ovunque Tu Sarai (Erwin X Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora