25. Madre e padre

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Una volta arrivati al quartier generale tutti non poterono fare a meno di notare la processione che prese a passare per i corridoi fino alle camere.
C’era puzza di alcool e vomito al loro passaggio e la maggior parte dei presentì, d'istinto, prese a tapparsi il naso.
Mihel e Mike andarono alle camere dei due cadetti che trasportavano mentre Hanji accompagnò Erwin nella camera di T/n al secondo piano e la depositò delicatamente sul wc notando che la ragazza, nel frattempo, si era addormentata.
“Forse sarà meglio che vai a sistemarti.” Gli disse Hanji guardando lo stato dei suoi stivali e pantaloni.
“Tranquilla, ci penso io a svegliarla.” Le disse lui con voce calma: “poi andrò anch’io a sistemarmi.”
“Non sarai troppo cattivo con lei, vero?” chiese Hanji seria: “non ti ho mai visto essere così diligente nei suoi confronti, ahah. E strano dirlo quando si parla di te.”
“Posso capire che sia stressata dopo tutto quello che è successo. Dopotutto l’ho trascinata io fin qui.” Rispose infine Erwin.
“Va bene.” Ammise lei con un leggero sbadiglio: “allora io vado un po’ a riposare. Ci vediamo domani.”
Una volta che i passi di Hanji si furono allontanati per il corridoio Erwin si accucciò all’altezza della ragazza che ancora era immersa nel suo sonno.
In quell’istante non volle nemmeno provare a svegliarla.
Sapeva meglio di chiunque altro quanto poco avesse dormito negli ultimi giorni, c’era qualcosa che l’aveva turbata da quando era entrata in quel magazzino a Mitras.
Se solo lei potesse avere la fiducia di dirglielo invece di tenersi tutto dentro…
Era quasi certo che centrasse quel quadro… o forse la spada… o magari entrambe o magari era davvero un mancamento quello che aveva avuto.
Ma se l’ultima era l’opzione corretta perché mai si stava comportando in quel modo schivo e pensieroso?
Voleva poterne sapere di più ma in quel momento non aveva diritto di rimproverarla.
Non aveva diritto di darle addosso per due vestiti sporchi, ma per la sua salute si.
Era ancora una sensazione nuova, che non aveva mai provato per nessuno fino a quel momento; il volere e il dovere di aiutarla e di preoccuparsi così tanto per lei.
Prese tra le mani il viso della ragazza e si perse nel guardarlo addormentato e sereno.
Le avrebbe spiegato tutto il giorno dopo.
Allo stesso tempo non poteva restare lì tutta la notte, seduta sul gabinetto e sporca di sangue e vomito.
Si prese l’impegno di occuparsene e delicatamente le sfilò gli stivali dai piedi, lavandoli e sistemandoli a lato della doccia.
Le tolse la giacchetta marroncina con lo stemma delle ali della libertà e lo mise in un angolo mentre prese tra le mani la fibbia sul suo petto che teneva unita l’attrezzatura superiore per il movimento tridimensionale.
La ragazza si allenava parecchio e fortunatamente aveva cominciato a mangiare adeguatamente e Erwin fu contento nel vedere come quell’attrezzatura, che prima le andava larga, aderirle al corpo.
Quando si sorprese a notare un simile dettaglio il suo viso arrossì visibilmente e si rimproverò mentalmente di averlo fatto, non era da lui.
Una volta sciolto tutta l’imbracatura superiore passò a quella inferiore e sfilò la prima cinghia di cuoio dalla fibbia sul lato destro e poi alle fibbie sulle cosce.
Non sapeva davvero perché trovava tutto quello così difficoltoso eppure non era la prima volta che si trovava costretto a togliere le attrezzature ai propri compagni che la sera alzavano un po’ troppo il gomito.
La fase più difficoltosa però sarebbe arrivata adesso.
Prese una maglietta casuale e un paio di pantaloni dal suo armadio e cercò di sfilare il suo vestiario sporco di dosso.
Si sorprese nel vedere una fasciatura a livello del seno ma si affrettò a sistemarle la maglietta pulita e così fece con i pantaloni.
Con un panno umido le passò tutto il viso, togliendo anche i residui del sangue che aveva smesso di colare dal suo naso.
La sollevò di nuovo tra le sue braccia e andò nell’altra stanza per posarla delicatamente sul letto senza che lei se ne accorgesse di nulla.
Prima di andarsene prese l’occasione di osservare il suo viso, provando un immenso desiderio di entrare nella sua mente e poter vedere la causa della sua preoccupazione.
Chinandosi le lasciò un bacio sulla fronte, sistemandole i capelli dietro le orecchie.
Il bacio dell’altra sera era stato un errore ma questo non lo era, o almeno Erwin convinse la sua mente che fosse così.
Un bacio che conosceva solo lui e che non significava obbligatoriamente che lui si era innamorato.
Prima di uscire dalla stanza però vide che accanto all’armadio era stata sistemata la spada, quella famosa e strana arma a cui lei era tanto affezionata.
Improvvisamente, ricordò che sulla lama erano impressi tre simboli che non aveva mai visto prima e forse scoprire cosa rappresentassero lo avrebbe aiutato a scoprire qualcosa in più.
Sfilò la spada dal fodero e fece nuovamente passare la mano su quegli strani simboli, osservandoli attentamente in ogni minimo dettaglio e cercando di imprimerli nella memoria.
Sembrava si trattasse di una scrittura molto antica e allo stesso tempo tutta squadrata che dava l’aria di essere un disegno.
Il primo simbolo era un piccolo rombo con tre gambe che proseguivano sui lati.
Il secondo era una specie di E al contrario, un po’ storta e irregolare, mentre l’ultimo era un triangolo intrecciato con un’altro uguale al di sopra.
Non aveva mai visto niente del genere ma nemmeno che potesse avvicinarsi lontanamente.
Cercò di memorizzarli e ripose la spada nel fodero, controllando poi che la ragazza stesse ancora dormendo profondamente.
Uscì silenzioso dalla stanza, lasciando tutto dove l'aveva trovato e dirigendosi verso la sua camera con un solo e unico obiettivo; consultare alcuni dei suoi libri per cercare di trovare qualche informazione in più.
Aprì diversi libri ma non trovò assolutamente nulla di simile e nessuno di quei libri parlava minimamente di una spada.
Poi però si ricordò del fatto che lei portava già quella spada ancora da quando la conobbe la prima volta, ciò significava che poteva averla presa solo da un posto;  la città sotterranea.
Non molti libri parlavano della città sotterranea ma in quei pochi è descritta come un rimasuglio di quel che era il progetto di espansione del territorio abitabile verso il basso dato che, verso l’esterno delle mura, era impossibile per via dei giganti.
La costruzione delle Città Sotterranee fu iniziata dal Governo Reale molti anni fa, tuttavia, le costruzioni furono abbandonate a metà strada, visti gli effetti negativi che avevano sugli abitanti.
La mancanza di luce solare e le pessime condizioni igieniche rendevano la gente debole e malata e il Governo impiegò il sottosuolo per internare gli scarti della società e i criminali, togliendo loro la cittadinanza e liberandosene.
Ma T/n ci era nata là sotto, non poteva essere una criminale per meritarselo.
Lei no ma forse qualcuno della sua famiglia si.
Quella sera del bacio lei gli disse che era come se la spada avesse trovato lei, un segno del destino inviatole dalla sua famiglia.
‘Dalla sua famiglia…’ rifletté Erwin che aveva smesso di credere a queste cose tanto tempo fa.
L'unico motivo per cui una persona che non aveva avuto nemmeno un’istruzione di base poteva pensare una cosa del genere è che avesse trovato quell’arma nelle vicinanze, o se non direttamente…
‘A casa sua.’ Concluse.
Quella spada doveva per forza essere di qualcuno che apparteneva alla sua famiglia, qualcuno che lei ha conosciuto e che poi è stato ucciso, altrimenti non può esserci così affezionata.
Hanji aveva dato alla ragazza un’età approssimativa a 18-20 anni e da allora erano passati circa due anni ma di sicuro i suoi genitori non dovevano aver avuto più di 50 anni.
Se era successo qualche evento che li avesse condotti fino alla città sotterranea doveva essere successo negli ultimi 30 anni, non di più.
Si ricordò improvvisamente della conversazione avuta con Hanji dove gli raccontava di un gruppo di rivoltosi che poi è stato eliminato per ordine del re in persona, azzittendo le loro idee.
Chi erano? Per cosa si sono ribellati e soprattutto se tra di loro c’era veramente qualcuno che apparteneva alla famiglia di T/n.
Ma ovviamente non poteva trovare informazioni del genere in semplici libri, doveva provarci altrove.
Si addormentò un’ora più tardi con tutte quelle domande che gli inondavano la mente e non volevano abbandonarlo un secondo.
Domani avrebbe cercato più a fondo, si promise.

Ovunque Tu Sarai (Erwin X Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora