4. Quella maledetta notte

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Quando T/n arrivò alla bottega del padre non si aspettava di certo di vedere quello che, invece, le diede un tuffo al cuore.
La bancarella era tutta fracassata, come se un peso enorme le fosse caduto addosso e ogni cosa all'interno di quel piccolo locale era distrutta.
Le terrecotte, bicchieri, strumenti da lavoro erano in frantumi riversati sul pavimento così come i tavoli e le sedie.
Non c'era traccia di suo padre e nemmeno di suo fratello.
Per un istante ebbe l'istinto di correre a casa ad avvisare la madre ma un rumore di uno sparo spezzò quel silenzio nella notte e molte urla gli susseguirono confuse.
Si tastò il fianco con la mano in modo da essere certa che il coltello fosse ancora dove lo aveva sistemato.
Fu sollevata nel sentire la sua forma familiare sotto gli strati di vestiti malconci.
Se la madre le aveva dato quell'arma significava che si fidava di lei, che la riteneva in grado di combattere e salvarsi senza aver bisogno dell'aiuto di nessuno.
'Ma come sapeva la madre che era successo qualcosa al papà e a Kenjiro?' Pensò.
Kenjiro... quel nome le risuonò nella mente. Suo fratello aveva bisogno di lei e non sarebbe rimasta a guardare.
Anche se lui sapeva combattere molto meglio non importava nulla finché non lo avrebbe visto al sicuro.
Un brivido le corse lungo la schiena e cercando di fare meno rumore possibile si avvicinò al luogo doveva aveva sentito tutto quel frastuono.
Estrasse il coltello da sotto la veste, il riflesso della luce malferma dei lampioni sul filo della sua lama ancora sporca della cena.
Quando si affacciò lentamente nella via quello che vide le gelò il sangue nelle vene.
Suo padre era steso a terra in una pozza di sangue, nemmeno riusciva a vendergli il viso per sapere se era ancora vivo.
Era rivolto supino e non si muoveva più.
Il terrore la assalì, tutto quel coraggio di prima era svanito senza lasciare traccia, come se non fosse mai esistito.
Sentì le gambe tremare e le mani sudare, perdendo a poco a poco la presa sul manico del coltello.
Ma in quel vicolo non c'era nessun altro se non altri due uomini accasciati, uno alla parete e uno a terra accanto a suo padre.
Cercò di avvicinarsi e chiamò debolmente il padre: "Papà..." ma lui non diede alcun segno di risposta.
Quando le arrivò accanto lo toccò sulla schiena e lo scosse delicatamente ma anche questa volta non ricevette nessuna risposta.
"Papà!" Lo chiamò più forte mentre sentiva il panico prendere possesso di sé e lo scosse più energicamente.
Ma nulla...
Con il cuore in gola e il respiro affannato dall'ansia, sentì le lacrime bagnarle le guance mentre si sentiva ormai vinta dalla paura.
Capì che non c'era più nulla da fare, cercò di alzarsi sulle sue gambe incerte e correre a casa in cerca dell'aiuto della madre. Non sarebbe mai riuscita a trovare Kenjiro da sola in quella lurida città ma una mano estranea la prese da dietro e prima che potesse urlare le tappò la bocca.
"Tu devi essere la bambina, sei l'ultima che ci rimane." Sussurrò una voce acuta nel suo orecchio.
Le mise un sacco sulla testa e la trascinò via violentemente.
Subito T/n cominciò a dimenarsi, cercando si sottrarsi a quella stretta che le stava quasi togliendo il fiato.
Non seppe dire quanto durò quella tortura, non seppe dire nemmeno la strada che avevano percorso finché non si sentì presa di peso e scaraventata a terra.
Il viso a contatto con il fango e la pietra dura e fredda, le veniva quasi da vomitare.
Qualcuno le levò il sacco dalla testa e la luce diretta di una lanterna ad olio la accecò.
Quando cercò di distoglierne lo sguardo l'uomo che la sorreggeva le prese il mento e la costrinse a non nascondersi.
"Bene." Disse semplicemente allontanandosi.
"Allora che ne facciamo di loro, capo?" Era la stessa voce stridula che le aveva sussurrato all'orecchio.
T/n ebbe il coraggio di voltarsi a guardarlo.
Sotto un largo cappello macilento si nascondeva il volto scarno di un uomo di mezz'età, dalla barba ispida e grigia.
La ragazzina notò che aveva soltanto un occhio, nero come la pece, mentre l'altro era coperto da una benda ormai lurida.
Quando aprì la bocca per parlare mise in mostra i suoi pochi denti rimasti, gialli e cariati.
"Ho già fatto i conti con il ragazzino, sono inutili." Rispose l'uomo che avevano chiamato capo.
Vestiva di un lungo pastrano nero sopra un completo signorile sempre nero e delle scarpe in pelle nera.
Anche per lui un cappello gli cingeva la nuca ma non abbastanza per T/n che, piegata in ginocchio, vide un paio di occhi marroni e una barba bruna ben curata.
Il ragazzo... pensò lei.
"Dov'è Kenjiro?" Le parole le uscirono dalla dalla bocca senza passare dal cervello. Non poteva essergli capitato qualcosa.
La prima risposta che però ricevette fu una sberla che la colpì dritta all'orecchio, facendole girare la testa.
"Credi di essere nella posizione di fare domande?" Gli chiese adirato lo scagnozzo: "tieni quella boccaccia chiusa."
Si rialzò con l'aiuto delle braccia ma prima di poter controbattere fu il capo a parlare: "tranquillo, Arthur. Non c'è bisogno di reagire così."
Lui le si inginocchiò di fronte e le tirò di nuovo il mento in alto in modo da poterla guardare negli occhi.
"Raggiungerai tuo fratello adesso, non preoccuparti. Ma prima ho intenzione di farti qualche domanda. Si sa mai che tu sappia la risposta."
L'uomo si rialzò e cominciò a girarle attorno, squadrandola da capo a piedi.
"Voglio sapere dov'è che tua madre nasconde la spada." Era un ordine più che una domanda ma la ragazzina rimase piuttosto confusa.
La spada? Di che stava parlando?
"Quale spada?" Domandò lei: "non so di cosa parli."
Un altro forte colpo alla testa la raggiunse dalle sue spalle e per un secondo vide tutto bianco.
"Non prenderci per il culo!" Abbaiò il sicario di nome Arthur.
"Te lo chiederò un'altra volta." Disse di nuovo il capo: "dov'è la spada?"
Di nuovo T/n si rialzò tremante sulle sue braccia sottili e alzò lo sguardo verso l'uomo che aveva smesso di girarle attorno e si era fermato di fronte a sé.
"Non so di che spada parlate."
"Peccato..." disse infine: "e tutti i documenti?"
T/n non sapeva più cosa dire. Cos'erano adesso quei documenti? Di che stavano parlando?
"Non so niente." Rispose lei accompagnata da dei colpi di tosse: "non so di cosa parlate. Avete preso le persone sbagliate."
"Oh no, non credo proprio." Si affrettò ad interromperla Arthur, con la sua voce acuta e a tratti sibilante.
"Si vede che la madre non ha davvero detto nulla a nessuno."
"Beh non dovrebbe avere importanza sul loro destino, no?"
Alle spalle del capo un altro uomo si figurò. Era più alto e con un fisico più robusto e tonico rispetto al suo collega Arthur. Il volto incorniciato da una barba nera ben curata e un paio di baffi folti anch'essi tenuti ordinati.
Anche i capelli corvini erano tirati accuratamente indietro in un piccolo codino alto e i suoi occhi neri fissavano T/n come se volesse incenerirla all'istante.
"Esattamente." Disse il capo e fece un piccolo cenno con la mano all'uomo nerboruto che si avvicino alla ragazzina e la prese violentemente di peso, tappandole la bocca quando lei tentò di urlare.
"Fai la brava." Le disse rabbioso l'uomo trascinandola via. Percorsero circa 3 o 4 vie seguiti anche da Arthur, con le mani in tasca intento a fumare in una pipa.
Arrivarono di fronte ad un capanno di legno, tutto sgualcito e mal ridotto, e aprendo la porta la ragazzina i accorse subito di qualcuno steso a terra.
Prima però che potesse riconoscerlo si sentì nuovamente sbalzata per aria, finendo a sbattere la testa sul legno del pavimento proprio accanto a quel corpo ignoto.
Un leggero ed incerto mugugno si levò dalla sua destra ma lei riconobbe immediatamente il tono della sua voce.
Si rialzò velocemente e i suoi occhi si posarono sul viso di Kenjiro, tutto sporco e pieno di graffi. Aveva anche un grosso livido vicino all'occhio destro mentre degli stracci legati attorno al viso gli impedivano di parlare.
Anche mani e piedi erano legati tra loro e non aveva possibilità di muoversi.
"Kenji!!" Esclamò senza volerci credere la ragazzina.
Per lei il fratello era sempre stato il suo eroe imbattibile e vederlo così gli provocò un tuffo al cuore.
Non fece in tempo ad allungare una mano per aiutarlo che le sue braccia vennero imprigionate dietro la schiena e le sue caviglie legate assieme.
T/n cercò in tutti i modi di urlare e dimenarsi ma non cambiò il risultato. Alla fine si ritrovò nelle stesse condizioni di Kenjiro.
Una lacrima le scese mentre il suo corpo tremava dalla paura.
"Bene. Dobbiamo portare questi due a Joun." Disse infine Arthur.
"Non sai quanto mi rode non potergli dare la fine di persona." Disse l'uomo nerboruto.
"Tsh... ahahahah!!" E oltre alla risata dalla bocca di Arthur uscirono dei colpi di tosse spaventosi.
"Rincuorati pensando che prima di morire soffriranno di più. Il nostro dottor Joun non è mai stato un tipo clemente." Proseguì.
"Beh lo spero proprio." Ammise l'uomo gettandosi in spalla sia T/n che Kenjiro.
"Il punto di incontro?" Chiese l'omone.
"Allora non hai ascoltato proprio un cazzo, Freddy." Rispose Arthur.
"Non chiamarmi così o appena avrò le mani libere te le stringo al collo." Lo minacciò l'altro.
"Oohh... capitoo Frederich, non scaldarti tanto e fai il tuo lavoro. Seguimi." Disse infine.

4chiacchiere in compagnia🍻:
Per chi avesse saltato faccio un piccolo riassuntino degli eventi.
T/n scopre che è davvero successo qualcosa al fratello e al padre e infatti troverà quest'ultimo steso a terra senza vita.
Viene rapita da misteriosi banditi che le chiederanno se sa qualcosa di una certa spada ma ovviamente lei non aveva idea di cosa stessero parlando.
Presto rincontra anche Kenjiro, fatto anch'esso prigioniero dai banditi, e assieme vengono condotti da un terzo scagnozzo.
Insomma, la vita di T/n non poteva andare peggio.
Il resto lo scoprirete nei prossimi capitoli!
Grazie per il vostro tempo qui!
A domani!
😘 SilverANBU

Ovunque Tu Sarai (Erwin X Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora