Capitolo due

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Molte volte ho pensato di fare la valigia e andarmene, soprattutto dopo la morte di mia madre

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Molte volte ho pensato di fare la valigia e andarmene, soprattutto dopo la morte di mia madre. Pensavo che sarebbe stato un gioco da ragazzi. Raccattare dei vestiti dall’armadio e gettarli alla rinfusa nella valigia insieme ai documenti, prendere un aereo e lasciare alle spalle la mia vecchia vita.

Ma adesso che l’ho fatto, che sono lontana dal posto in cui ho visto i miei sogni diventare cenere e il sorriso di mia madre appassire, mi rendo conto che non basta fare la valigia e cambiare paese per stare meglio.

Mi chiedo se papà lo sappia. Non mi sono trascinata dietro soltanto una valigia piena di vestiti, ma anche un cuore spezzato, una mente tormentata e una rabbia difficile da arginare.

Negli ultimi sei mesi non ho fatto altro che piegarmi ad ogni sua frase e richiesta e piangere davanti alla foto di mia madre.

Perché lui ancora non lo sa che ogni notte, quando la mia testa affonda nel cuscino, immagino ancora il mio naso scavare tra i suoi boccoli castani, o che lascio la finestra aperta, sperando che il soffio del vento emuli la sua carezza.

Papà non capisce che quando mi sveglio con il viso gonfio, non è perché ho dormito troppo e male, ma perché ho pianto con la sua foto stretta al petto.

Ci sono cose che forse non capirà mai, come il fatto che amerei se lui si interessasse ai miei sentimenti non soltanto quando entrano in gioco i suoi.

E adesso mi ritrovo con un tetto sopra la testa più grande delle mie ambizioni. Ho tanta voglia di preparare di nuovo i bagagli e iniziare a vagare per il mondo, alla ricerca di un posto tutto mio.

Invece, l’unico posto in cui mi ritrovo a girovagare quasi alla cieca è la villa di Brooke.

Quando ero piccola sognavo di vivere in una casa così. Ma adesso mi rendo conto che sto realizzando il desiderio di una bambina di sei anni e che questo desiderio non appartiene alla ragazza che sono oggi.

Cerco di districarmi dalle mie paure e dai miei dubbi e rispettare l’ultima decisione di mia madre.

“Tuo padre sembra forte e indipendente, ma per vivere ha bisogno di una guida, di una compagna. Restagli accanto, magari l’amore gli aprirà davvero gli occhi. Non voglio che tu rimanga sola. Promettimelo, Avery”.

Avrei tanto voluto masticare quelle parole e sputarle fuori con distacco.

Le promesse sono fatte di parole e le parole sono importanti soltanto se siamo noi a darle un valore.

Quelle pronunciate da mia madre mi hanno marchiata dentro e adesso mi sento ancorata ad una persona che non stimo e ad un posto che mi fa sentire invisibile e che al contempo mi trascina sul fondo dell’oceano.

Come si fa a sentirsi soffocati in un luogo tanto spazioso?

Ringrazio di avere il dono della curiosità, perché è letteralmente l’unica cosa che mi tiene in vita e mi tira fuori dalla monotonia.

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