Capitolo trentadue

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Ho sussurrato così tante volte il suo nome nella mia mente, a volte con rabbia e altre volte con disprezzo, e adesso eccomi qui, a guardare l’altalena che ho fatto montare in giardino per lei oggi.

In questo modo riuscirà a guardare le stelle quando non avrà voglia di usare il telescopio; magari si dondolerà all’infinito, fino a quando non capirà che quelle cazzo di stelle le appartengono tutte, una ad una. Il modo in cui le guarda le rende speciali. E adesso, quando sollevo lo sguardo verso l’alto, mi chiedo quante costellazioni ha già dipinto con i suoi occhi nei suoi pensieri.

L’idea mi è venuta dopo aver riguardato la foto che ha messo Liam su Instagram.

Ricordo il modo in cui i suoi occhi brillavano coperti da un velo lucido di malinconia. È stato in quel momento che ho capito che lei non è come Katya; che non è una maledetta ladra o una bugiarda. Ma talvolta, chi non ha avuto niente desidera avere tutto e Katya ce l’ha già dimostrato di cosa sono capaci le persone che vengono dal nulla.

Ma Avery è diversa. Una persona come Katya le stelle neanche le guarda. Avery, invece, tra quei puntini luminosi ci vivrebbe.

Il mio dolore e il suo forse sono più simili di quanto mi aspettassi. Lei sogna guardando le stelle, io guardo le stelle e le prego di farmi sognare di nuovo. Due incastri dell’universo ancora imperfetti; due astri erranti che si sono scontrati in una galassia anonima. Due frammenti di luce intrappolati in una ragnatela di paure e oscurità. Ecco cosa siamo, io e lei.

Sto facendo per lei tutto ciò che Brooke e Liam hanno fatto per me, quando hanno provato a tirarmi fuori da quel buco nero nel quale mi ero rifugiato.

Liam mi affianca e punta lo sguardo sull’altalena. Con fare pensieroso, mormora dubbioso: «Dici che le farà piacere? Era il desiderio di una bambina, adesso però è cresciuta. Magari ci manderà a fanculo.»

Guardo la doppia altalena e sospiro. E io che diamine ne so?

«Non ne ho idea. Non ci resta che scoprirlo», sento una strana sensazione alla bocca dello stomaco, qualcosa che non provavo da tempo immemorabile. Che sia ciò che gli altri chiamano ansia? Io non provo ansia. Provo tante cose, ma non ansia. «A proposito, lei dov’è?», chiedo, cercando di non pensare a quello che abbiamo fatto due giorni fa. Non ha neanche provato ad avere il controllo su di me. Ho ceduto io, come un perfetto coglione. E per la prima volta, credo mi sia piaciuto.

«Non lo so. Ti va di parlarne? Cosa sta succedendo tra voi due? E cosa più importante, cos’è successo con tuo padre?», chiede Liam lanciandomi un’occhiata eloquente.

Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Non posso svicolare l’argomento all’infinito, ma la voglia di parlarne è pari a zero.

Per la prima volta non sento il bisogno di parlarne con lui. Avevo Avery nuda tra le braccia e io mi sentivo completamente su un altro pianeta.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora