Capitolo nove

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Al cielo sale il mio primo saluto mattutino

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Al cielo sale il mio primo saluto mattutino. Il primo pensiero lo rivolgo a mia madre mentre i raggi del sole lambiscono la mia pelle e la nostalgia si imprime sulle mie labbra modellando un sorriso accorato.

Sento un continuo martellare sulle tempie, un’aureola di dolore che fluttua sopra la mia testa.

Non ricordo di aver lasciato le finestre aperte né tantomeno le tende scostate. Odio svegliarmi con il sole in faccia, anche se il paesaggio è uno tra i più belli che i miei occhi abbiano mai visto.

Con un mugolio mi metto a sedere e inizio a stropicciarmi gli occhi, prendendomi un attimo per elaborare ciò che è successo ieri sera. Guardo con la coda dell’occhio le lenzuola sporche di vernice e reprimo un lamento. Ora ricordo. È stato Xavier a mettermi quella roba addosso.

Appena mi guardo allo specchio per poco non mi viene un colpo. Il mio alito è disgustoso e il mio aspetto lo è ancora di più.

Senza rimuginare troppo sugli eventi passati, decido di andare a farmi una doccia veloce.

Come una vera idiota ancora assonnata  non ho pensato di portarmi anche i vestiti, quindi avvolgo il mio corpo in un accappatoio soffice e cammino verso la mia stanza.

Con la coda dell’occhio noto una presenza, quindi giro la testa e per poco non sussulto quando vedo lo sguardo furioso di Liam puntato su di me. Mi guarda dalla testa ai piedi, facendomi venire la voglia di sotterrarmi da qualche parte in giardino.

«Prima che tu inizi a perderti in uno dei tuoi inutili sermoni, sappi che non sono dell’umore», mormoro dandogli le spalle. Tiro un sospiro di sollievo quando vedo che non mi segue.

Indosso un paio di pantaloncini corti neri e una camicetta del medesimo colore semi trasparente.

Scendo al piano di sotto preparandomi mentalmente a ciò che mi aspetta; un senso di nausea inizia a montare dentro di me.

Liam e Xavier sono già seduti a tavola e stanno parlando tranquillamente a bassa voce. Tutto ciò dura soltanto una manciata di secondi, perché non appena mi sentono arrivare smettono di parlare, appoggiano i gomiti sul tavolo e mi guardano come se volessero incenerirmi con una sola occhiata.

«Va bene, ho capito! Siete arrabbiati», inizio a mettermi sulla difensiva. «Non ho fatto come hai detto, ma ormai non importa più perché fa già parte del passato, quindi puoi anche smetterla di guardarmi in cagnesco», dico a Liam, sedendomi dal lato opposto della tavola.

«Forse non ti rendi conto di quello che hai fatto», Xavier solleva lo sguardo e io sento le mie gambe tremare.

«Ho ucciso qualcuno? La risposta è no. Mi hanno drogata? No. Sono andata a letto con qualcuno? No. Non credo di aver commesso alcun reato, quindi smettetela di farmi sentire in colpa senza motivo», rispondo con un sorrisetto autoironico.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora