Capitolo trentatré

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«Il papavero si è macchiato i petali di sangue?»

Quando l’ho guardato negli occhi ho colto una scheggia di paura. Mi ha guardato in un modo che mi ha fatto odiare me stessa. Gli sarei sembrata una matta da legare, se avessi assecondato la sua morbosa curiosità. Ho visto come gli si illuminano gli occhi ogni volta che il mio passato si frappone tra di noi. Se a lui sembra un argomento interessante in cui scavare, a me sembra soltanto una coltre di nebbia che mi disorienta. Le ferite che mi porto addosso a volte mi ricordano perché non dovrei fidarmi delle persone. Non le porto addosso come se fossero medaglie; sono i miei ricordi, il mio promemoria.

«No, mi riferivo alla rabbia», gli ho detto.

È rimasto in silenzio per un po’, pensieroso. Lui ha fatto finta di credermi e io ho fatto finta di stare bene.

«Un giorno...», mi ha detto con la bocca ad un soffio dalla mia. Un giorno. Due paroline, una promessa. Un giorno, non si sa di quale mese o di quale anno, forse lui sarà ancora qui, desideroso di ascoltare i racconti dei miei demoni.

«L’ho capito, sai? La tua bocca non ha il coraggio di raccontare la tua storia, ma quando la sera punti gli occhi verso il cielo, la racconti a loro, non è così? Alle stelle...»

«L’intero universo sa chi sono, ma io sto ancora cercando di capirlo», ho risposto con un filo di voce.

«Allora vieni.»

Quando la sua mano ha lasciato la mia ho sentito di nuovo un vuoto sconfinato dentro di me. Mi ha portata sul terrazzo, dove ha sistemato il telescopio, e si è seduto accanto a me.

«Dedicami una costellazione, ficcanaso. Ho bisogno di brillare nel cielo di qualcuno.»

Ma se lui sapesse ciò che ho fatto, mi guarderebbe ancora come se volesse bruciare il mondo per me e ricostruirlo da capo?

Una volta odiavo le bugie. Succede che un giorno una bugia ti salva la vita e poi di colpo diventa il tuo salvagente.

E oggi io non sono altro che una terribile e sporca bugiarda.

La verità è che una parte di me spera con tutto il mio cuore di uscire da questo casino con la coscienza pulita. Ma l’altra parte sa che le bugie o ti salvano o ti lasciano annegare lentamente.

Di solito sono brava a mantenere i segreti, ma quando Xavier mi guarda negli occhi vorrei soltanto che il mondo si fermasse per un istante e mi facesse scendere.

Ogni volta che Liam mi fa sentire parte della famiglia, la voce di Janette riecheggia nella mia mente e mi ricorda che in realtà non sarò mai speciale per nessuno. Le persone speciali non fanno cose cattive, giusto?

So che Xavier odia quando qualcuno entra nella sua stanza senza il suo permesso.

Nessuno osa farlo, a parte me.

E in altre circostanze forse non l’avrei fatto neanche io, ma sono stata costretta.

Non mi sento una brava persona, e quelle poche volte in cui mi ci sono sentita, dentro di me sapevo di non esserlo.

Adesso ho gli occhi arrossati e gonfi e stringo tra le dita la collana che Katya mi ha detto di rubare. Anche se, a detta sua, quella apparteneva a lei una volta, un cimelio di famiglia. Xavier se l’è tenuta. È un suo modo per fargliela pagare per ciò che ha fatto.

“La tiene sempre nel cassetto del suo comodino in una scatola nera. Portamela, altrimenti Danny divulgherà la foto.”

E anche adesso, continuo a fissare la foto che mi ha mandato. E mi sento rotta, sporca, dannata. Forse è la mia punizione per quello che ho fatto. Me lo merito.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora