«Non ti conviene provocarmi. Ho anni di allenamento alle spalle, dolcezza. Sei senza speranza», mi fa l’occhiolino. Lo immaginavo. Ecco perché c’è così tanta chimica tra loro due. La loro ammirazione reciproca trova rifugio nella violenza.
«Chiudi il becco», la voce profonda di Xavier la zittisce. «E ritira gli artigli», le ordina e lei incrocia le braccia al petto, stizzita.
«Non ritiro ciò che ho detto. Tengo a voi e lo sapete». Afferra una fetta di pizza e inizia a mangiare, smettendo di guardarmi. Segretamente spero che la pizza le vada di traverso, ma probabilmente Xavier le salverebbe la vita come ha fatto con me.
«Sempre così aggressiva», Mike le dà una gomitata e lei per poco non si strozza. Ma che peccato. «Piantala di fare la dura, Ro. Così farai scappare tutti e rimarrà soltanto Xavier nella tua vita».
Non mi sfugge la sua risposta.
«Lui mi basta».
Xavier accenna un sorriso e scuote la testa, rilassandosi in seguito contro lo schienale della sedia. La fissa per un po’ e io all’improvviso vorrei che quegli occhi si fermassero su di me. Ma è un desiderio stupido e mi sento colpevole. Perché sono ancora qui?
Sto cercando di frappormi tra due stelle che fanno parte della stessa costellazione; come un inutile frammento ruoto intorno a lui, cercando di appropriarmi dell’intera costellazione soltanto per brillare come loro, con la stessa intensità. E da qualche parte nel mio stupido cervello, voglio, almeno per pochi secondi, essere il cielo che lo accoglie e custodire gelosamente la sua luce; quello sfavillio che mostra rare volte e che fa fluttuare le farfalle nel mio stomaco.
«Non hai neanche toccato la tua pizza», mi fa presente Liam.
«Dite a mio padre che sono andata a dormire», dico alzandomi in piedi, incapace di reggere ancora le emozioni. «Buon proseguimento».
Per poco non faccio cadere la sedia dietro di me. Mi dirigo verso la porta come se avessi un branco di rinoceronti furiosi alle calcagna.
«Aspetta, ti accompagno», Liam prende le chiavi della macchina e mi affianca. Le nostre spalle si sfiorano mentre scendiamo le scale.
«Voglio andare a piedi», protesto impuntandomi come una bambina.
«Non dire cazzate e sali in macchina», mi apre lo sportello. Non ho voglia di litigare, quindi mi siedo davanti e metto la cintura di sicurezza. Sono rigida come un sasso.
Liam prende posto alla guida e mi guarda come se rivolgermi la parola richiedesse uno sforzo immane. Non so mai se gli fa piacere parlarmi o se vorrebbe buttarmi fuori con un calcio nel sedere.
«Non serve parlarmi, quindi risparmia il fiato e non torturarti troppo i neuroni», dico aprendo il finestrino. Appoggio la testa sul mio avambraccio e guardo fuori.
STAI LEGGENDO
Se le stelle potessero parlare
RomanceDopo la morte della madre, Avery è costretta a seguire il padre a San Diego per conoscere la sua nuova compagna e il suo futuro fratellastro. Però tra le mura della villa dei Dillard vive un'altra anima tormentata, scontrosa e poco incline ad avere...