Capitolo ventisei

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«Quanto diavolo ci sta mettendo in quel bagno?», chiede Rora sbuffando e incrociando le braccia al petto indispettita.

Avrei dovuto seguire Avery con lo sguardo fino a vederla sparire dietro le porte, ma l’ho persa di vista. Adesso ho il sospetto che lei non sia mai entrata là dentro.

«Maledizione», chiudo gli occhi e colpisco con il palmo della mano il cofano.

«Cosa c’è?», chiede Rora sciogliendo le braccia lungo i fianchi.

«Se n’è andata», rispondo furioso. Prendo il cellulare dalla tasca e guardo il messaggio che le ho mandato poco fa. L’ha letto, lo so, ma non ha ancora risposto.

«Ah, bene. Allora andiamo via anche noi», allunga le dita per afferrare le mie, ma ritraggo il braccio e prendo le distanze da lei.

«Devo trovarla», giro intorno all’auto e apro lo sportello. Rora mi segue stringendo i pugni, livida in volto.

«Quindi che hai intenzione di fare? Vuoi cercarla per tutta la città o cosa?», sale in macchina e chiude la portiera con stizza, guadagnandosi un’occhiata di rimprovero da parte mia.

«Direi proprio di sì. Se non ti sta bene, puoi sempre scendere dall’auto e andare via».

«Perché diavolo lo stai facendo? Ti sta mettendo alla prova?», piega il capo all’indietro, la sua finta risata si propaga nell’abitacolo, insopportabile come il rumore stridente delle unghie su una lavagna. «Questa ragazza è incredibile! Ed è anche estremamente drammatica, se posso permettermi. Il mondo non gira intorno a lei, cazzo!»

«Chiudi la bocca, Rora. Tu non sai niente», ribatto lapidario mentre accendo il motore.

«Non fare lo stronzo! Quella stupida farebbe meglio a starti lontana», si mette la cintura di sicurezza e inchioda lo sguardo davanti. Ha le spalle tese, le gambe accavallate.

«Sei ridicolo quando fai così. Non te ne frega un cazzo di lei, perché la cerchi?», continua a farneticare esaltata.

«Perché l’ho promesso anche a me stesso», un cipiglio fa capolino sul mio volto. Esco dal parcheggio con la testa piena di pensieri e il petto svuotato. Rora mi conosce. Sa che non mi nascondo dietro a delle stupide bugie.

So travestire una bugia da verità assoluta, Igor mi ha insegnato a farlo tanto tempo fa. Alcune cose non si dimenticano, eppure io alcune volte scelgo di mentire in modo stupido davanti ad Avery. Forse perché mentire a mio padre non era un gioco, ma si trattava di riuscire a sopravvivere nel suo inferno; ero costretto a sopportare le sue dannate punizioni, che mi infliggeva senza alcun rimorso.

«Una bugia, a volte, diventa il tuo salvagente. Usala con prudenza. L’oceano è pieno di squali e alcuni sanno essere molto più feroci di te», mi diceva.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora