Alec Benjamin – Miss her the most
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«Stasera i tuoi nipoti hanno disegnato ottanta stelle, come gli anni che avevi quando te ne sei andata. Ma io ho alzato lo sguardo al cielo e ne ho contate soltanto diciotto, come gli anni che avevi quando sei entrata nella mia vita», dico mentre stringo la sua foto al petto.
«Cos’è adesso la notte senza la sua stella preferita?», sorrido, guardando la quercia davanti a me. «Cosa sono io senza di te?», le chiedo. Un sospiro pesante mi scivola tra le labbra e oso avanzare un altro po’, sentendo di nuovo il peso insopportabile della sua assenza gravarmi sul petto.
«Sono soltanto un manto scuro che non brilla più. Non c’è più alcuna scintilla che sia in grado di rendere quest’oscurità più piacevole. A volte mi chiedo se riusciremo ad incontrarci ancora, quando arriverà anche la mia ora; mi chiedo se saremo nella stessa galassia, a girare come due folli innamorati per poi cadere come meteoriti davanti agli occhi dei piccoli e grandi sognatori.»
Mi asciugo una lacrima con il dorso della mano.
«Te lo ricordi, quel giorno in spiaggia? Quanto eravamo folli e innamorati. Quanto eri bella tu, luminosa come il sole…»
«Xavier, qualcuno potrebbe vederci», mi dice mentre le mie mani scivolano sulle sue cosce.
«Dimmi una singola volta in cui mi è importato qualcosa, ficcanaso. Dimmene soltanto una e io giuro che mi fermo», sfrego il naso contro la sua guancia, il suo profumo mi inebria le narici.
«Ottieni sempre tutto ciò che vuoi, vero?», mi chiede ridacchiando e piegando il capo all’indietro permettendomi di baciarle il collo.
«Io voglio soltanto te.»
«Ah, sì?»
«E continuo a volere soltanto te. Ogni notte prego che le stelle brillino un po’ di più, soltanto per saperti al sicuro lassù», cerco di fermare il tremore delle mie mani e di non crollare di nuovo davanti al suo ricordo. «Come stai senza la tua notte? Come si vive in quel cielo che adesso abbraccia tutti?»
Chiudo gli occhi, permettendo ai ricordi di scivolare tra i miei pensieri, come se fossero smossi dal soffio delicato del vento.
«Mio Dio, avevi ragione», le dico osservandole la mano. Avery si gira su un fianco mentre cerca di coprirsi con il lenzuolo.
«Cosa?», chiede, accigliandosi.
«La tua mano è proprio bruttina», le dico con un sorriso malizioso. «Dovrei renderla più bella, vero?»
«Non è esattamente la cosa più carina da dire dopo aver scopato, ma va bene», mi guarda con aria confusa e io rido, chiudendo gli occhi.
«Non te lo ricordi», le dico sorridendo come un coglione. Prendo l’anello che ho lasciato sotto il cuscino e mi mordo il labbro, aspettando qualche altro minuto.
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Se le stelle potessero parlare
DragosteDopo la morte della madre, Avery è costretta a seguire il padre a San Diego per conoscere la sua nuova compagna e il suo futuro fratellastro. Però tra le mura della villa dei Dillard vive un'altra anima tormentata, scontrosa e poco incline ad avere...