Capitolo undici

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Se qualcuno dal futuro mi avesse detto che un giorno mi sarei ritrovata seduta sul sedile posteriore di una Porsche nera insieme ad altri due ragazzi che non mi sopportano, probabilmente gli avrei riso in faccia

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Se qualcuno dal futuro mi avesse detto che un giorno mi sarei ritrovata seduta sul sedile posteriore di una Porsche nera insieme ad altri due ragazzi che non mi sopportano, probabilmente gli avrei riso in faccia.

Sapere che loro girano in macchine così costose e che io potrò permettermi un maggiolino vecchio come mia nonna, mi fa sentire a disagio. Perfino mio padre adesso ha un'auto nuova di zecca. Un bellissimo SUV nero lucido che ho visto soltanto da lontano. Non ama molto portarmi in giro, anzi credo che adori passare più tempo possibile fuori casa insieme a Brooke.

Quando ero piccola, ricordo che la mamma lo costringeva alcune volte a portarmi al parco o fuori a mangiare il gelato. C'era un posto che amavo particolarmente, il Terry’s ice cream, a circa quattro chilometri lontano da casa mia. Prendevo sempre la cialda più grande con tre palline: lampone, fragola e biscotto. Poi di sopra aggiungeva dei marshmallow rosa, una manciata di Smarties e un po’di crema al cioccolato bianco. Era una bomba calorica, forse per questo motivo non mi portavano a prenderlo spesso. Inoltre, costava più di un normale gelato, e non sempre potevamo permettercelo.

Mentre la mia mente naviga tra i ricordi della mia infanzia, noto Xavier, che è alla guida, intento a lanciarmi qualche occhiata di troppo nello specchietto retrovisore.

Liam picchietta nervosamente le dita sulla maniglia antipanico e poi sospira, battendo la nuca contro il poggiatesta.

«Che giornata del cazzo», si lamenta.

Gli occhi di Xavier oscillano continuamente tra me e la strada. Assottiglia lo sguardo e serra di più le dita intorno al volante.

«So di essere bella, ma adesso potresti smettere di fissarmi come un maniaco? Finiremo fuori strada per colpa tua», lo prendo in giro, la testa di  Liam scatta verso di me, sul volto ha un’espressione confusa.

«Non sto guardando te», ribatte burbero. «Quella macchina ci sta seguendo, non è vero?», chiede a Liam.

Cosa? Perché qualcuno dovrebbe inseguirci?

«Non so che crimini avete commesso, ma so per certo che io non c’entro niente e vorrei davvero che mi lasciaste da qualche parte. Continuerò il resto del tragitto a piedi, mi farò un giro da sola, lontana da voi. Vi prego», mi aggrappo al sedile come una bambina e i palmi sudati scivolano sul rivestimento in pelle.

«Mettiti la cintura di sicurezza e sta’ zitta, stupida mocciosa!»

«Voglio scendere! Stai andando troppo veloce! Fammi scendere, fammi scendere, fammi scendere».

«Mi hai davvero stancata, hai sentito? Scendi quando lo dico io, cazzo!», il suo palmo entra in collisione con la mia faccia, facendomi girare la testa verso il finestrino.

Entrambi cercano di tenere d’occhio la berlina verde fluo dietro di noi. Xavier pigia il piede sull’acceleratore e contrae la mascella. «Fottuto idiota», impreca e sorpassa all’improvviso la macchina davanti a noi. Il cuore inizia a pompare come se stesse per collassare da un momento all’altro. L'ansia si annida di nuovo dentro di me, scorre lentamente in ogni cellula del mio corpo, privando i miei polmoni di ossigeno.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora