Capitolo ventisette

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Tw: autolesionismo

 


 

 

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Se non avessi trascorso metà della mia vita a scappare, forse adesso saprei affrontare le situazioni in modo diverso. Ho liquidato Xavier con un “Scusa, devo andare in bagno”, e me la sono svignata al piano di sotto.

A Liam non è sfuggito il mio aspetto, il rossore sulle mie guance o i capelli arruffati.

«Non voglio saperlo. Non dirmi cos’è successo, perché potrei avere una di queste due reazioni: darei di matto oppure vomiterei», esordisce contraendo le labbra in una smorfia di disgusto.

«Sapere cosa? Non è successo niente», mento e incespico nelle mie stesse parole. Il cuore mi batte così forte che mi sembra di avere un tamburo all’interno del petto.

Liam si avvicina e mi sistema la spallina del vestito. «È stato gentile con te?», il suo sguardo è comprensivo, quasi dolce.

Lo zittisco con una gomitata nelle costole.

«Sono venuta qui perché me l’hai chiesto tu», mi lamento, dando un calcio ad un bicchiere rosso che trovo sul pavimento. Mi guardo intorno con circospezione; ho paura che spunti all’improvviso alle mie spalle e mi chieda di più.

«Quando ti ho detto di andare a divertirti, non intendevo sul cazzo di Xavier», mi lancia un’occhiata piena di rimprovero.

Sbuffo. «Non sono andata a letto con lui, se è ciò che ti preoccupa».

Liam appoggia la mano sulla mia vita. «So che ai suoi occhi sembri un angelo, ma so anche che sotto questo faccino tenero si nasconde un diavolo sotto copertura», mi pizzica la punta del naso. «Lo farai impazzire».

«Non è ciò che voglio», ammetto e mi porto la mano sul collo, la mia pelle è bollente.

«Prenderei le vostre teste e le sbatterei contro un muro. Siete cocciuti e insopportabili, e fate sempre il contrario di quello che dico», alza gli occhi al cielo e io mi mordo il labbro, nascondendo l’emozione.

«Ma ci vuoi bene lo stesso», arriccio il naso e lui smette di sorridere. Ho usato il plurale. Forse non avrei dovuto. Non sono ancora così importante per lui, lo so. Il suo sorriso adesso è teso, come se volesse piantarmi qui e andare da qualche altra parte.

«Hai colpito Alyssa», cambia argomento, illuminandosi in faccia. «Merda, mi era quasi sfuggito di mente.»

Inizio a giocherellare con il tessuto del vestito, stropicciandolo. «Oh, ehm, già».

«Non me la darà più per il resto dei miei giorni», dice scuotendo il capo con aria delusa.

Le sue parole mi scivolano addosso con indifferenza, sembrano prive di importanza. «Lei ti piace, lo so. Ho combinato un casino».

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora