Uscire con Xavier e Liam è orribile. La loro presenza non fa altro che incrementare il desiderio di andarmene il più lontano possibile da qui. Ogni singolo minuto mi ricordano, attraverso una battuta o gesto, quanto i nostri mondi siano diversi e che continuo a non essere la benvenuta qui. C’è una linea di demarcazione tra di noi, che loro non intendono superare neanche per sbaglio, mentre io ho già superato più di una volta.
Per tutto il tempo non ho fatto altro che desiderare di tornare a casa, di rifugiarmi di nuovo tra le pareti della mia stanza, di affondare la testa nel cuscino e continuare a pianificare la mia vita. Cosa farò una volta che me ne sarò andata da questo posto? Mancherò a papà? Mi chiamerà? Si ricorderà di sua figlia, oppure passerà il resto dei giorni a venerare Brooke, a progettare il loro futuro, magari diventare di nuovo padre e dare a quel bambino la felicità di cui io ne sono stata privata?
Una sfilza di domande indesiderate hanno perforato la mia mente da ogni angolazione mentre loro stavano chiacchierando. Risate, schiamazzi, spintarelle scherzose e totale indifferenza nei miei confronti.
La bionda non ha fatto altro che cinguettare e fare le fusa accanto a Xavier.
Oh, sì, mi ha fregato il posto quando mi sono alzata per andare in bagno.
In ogni caso, non avevo intenzione di stare accanto a quell’imbecille per troppo tempo. Odio respirare il suo stesso ossigeno, figuriamoci saperlo a pochi centimetri da me: mi fa desiderare di vederlo esplodere, e di solito non ho pensieri così violenti.
Ho scoperto che in realtà sono molto bravi a tirare fuori il peggio di me in alcune occasioni.
Pensavo che questo onore spettasse soltanto a mio padre e ai suoi innumerevoli sbagli, ma a quanto pare i ragazzi sanno come ghermire ogni mio singolo nervo e portarlo in superficie.
Per poco non stavo per mettermi a vomitare davanti a Liam. Vederlo così affiatato è stato disgustoso.
Abbiamo trascorso tre dannate ore davanti all’oceano e non mi sono neanche fatta un bagno, perché casualmente ero l’unica a non avere il costume addosso.
Mi hanno abbandonata tutti. Ho provato più volte a levarmi dai piedi, ma chissà come mai, era l’unico momento in cui attiravo l’attenzione dei ragazzi e puntualmente mi costringevano a non spostarmi neanche di un millimetro. Sono stata sotto il sole a maledire la loro esistenza e ad arrovellarmi il cervello.
Adesso ho un tremendo mal di testa e la mia pelle scotta, dannazione.
Imprecando a bassa voce, vado a prendere un cambio pulito e opto per una doccia fredda, magari ghiacciata, perché il mio corpo ne ha bisogno.
Ciondolo come un ubriacone lungo il corridoio e mi blocco quando i miei occhi si aggrappano alla figura di mio padre.
«Avery, posso parlarti?», chiede, questa volta con un tono più calmo.
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Se le stelle potessero parlare
RomanceDopo la morte della madre, Avery è costretta a seguire il padre a San Diego per conoscere la sua nuova compagna e il suo futuro fratellastro. Però tra le mura della villa dei Dillard vive un'altra anima tormentata, scontrosa e poco incline ad avere...