Capitolo tre

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Ho sempre pensato che ci fossero due personalità dentro di me: una debole e sensibile e l’altra coraggiosa e imperturbabile

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Ho sempre pensato che ci fossero due personalità dentro di me: una debole e sensibile e l’altra coraggiosa e imperturbabile.

Crescendo ho imparato che sono soltanto le emozioni che non sono state ancora elaborate a rendermi così e i diversi meccanismi di difesa che adotta il mio cervello per proteggermi.

Ma adesso la versione dominante è quella debole.

Non ho il coraggio di lasciare la mia stanza dopo l’accaduto di ieri.

Un estroverso mi darebbe dell’esagerata, ma un introverso come me capirebbe come mi sento.

Sostenere una conversazione, o nei peggiori dei casi un litigio, non rientra tra le cose che vorrei fare. Mi sento prosciugata. La mia batteria sociale è scarica da quando sono arrivata in questo posto e non penso di essere in grado di ricaricarla.

Ieri sera Brooke mi ha portato la cena.

Non era molto felice di vedermi mangiare da sola, ma per fortuna non mi ha fatto pressioni. Vorrei non notare così facilmente i piccoli dettagli, ma so per certo che dietro al gesto di Brooke si nascondeva il desiderio di scambiare qualche parola con me per conoscerci meglio, e farmi sentire più a mio agio in questa casa.

Mi sono limitata a borbottare un grazie tra i diversi sbadigli e poi ho chiuso la porta a chiave.

A casa papà non si prendeva mai la briga di cucinare pasti troppo elaborati e io non sono una cuoca stellata, ma mamma ci ha ben pensato a lasciarmi in eredità qualche sua ricetta, tra cui quelle dei miei piatti preferiti.

Non ho ancora avuto modo di fare i complimenti alla cuoca e neanche a Brooke.

Il senso di colpa rimane conficcato nel petto come una scheggia.

Non è colpa di Brooke se mi sento così e a volte mi detesto per il modo in cui la guardo.

In realtà io ce l’ho con mio padre. Ce l’ho con la facilità con cui ha ripreso in mano la sua vita senza mai lasciare cadere quel suo sorriso carismatico. È fastidioso dover vedere ogni singolo giorno la felicità nei suoi occhi, l’amore che prova per questa donna e l’entusiasmo con cui la guarda quando la vede arrivare.

Mi viene voglia di vomitare.

Ieri sera li ho osservati sul terrazzo. Erano sdraiati su una chaise longue. Lei aveva una gamba appoggiata sopra quelle di lui e la testa sul suo petto.

Papà stringeva tra le dita il suo drink e con l’altra mano le accarezzava dolcemente i capelli. Erano chiaramente sbronzi, ma le loro risate e i baci che lui le rubava tra un sorso e una battuta, mi avevano fatto piegare in due dalla rabbia.

Ho sentito il mio stomaco pesante come un mattone e in quel momento l’ho odiato con tutta me stessa. E ho odiato lei.

Ho rivisto lo sguardo addolorato di mia madre, i suoi occhi color miele che mi guardavano senza filtri e le sue labbra screpolate che si sforzavano di regalarmi un sorriso. Lei lo sapeva.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora