Capitolo trentotto

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«Non sei come lui, ma l’ho visto mentre volevi farmi inginocchiare

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«Non sei come lui, ma l’ho visto mentre volevi farmi inginocchiare.»

Il suo pianto mi fa trasalire mentre apro gli occhi e cerco di acciuffare un respiro. Giaccio in un groviglio confuso di lenzuola, le stringo tra le dita con tutte le mie forze.

Mi giro su un fianco e fisso la porta. Un sapore acre mi riempie la bocca, gli occhi li sento pesanti e la mia pelle è tempestata da perle di sudore. Mi metto a sedere, scosto le lenzuola con un gesto impetuoso e seppellisco la testa tra le mani, cercando di calmarmi.

Il cuore pompa sangue come se avessi appena smesso di correre e più la sua voce si insinua con prepotenza nella mia testa, più la vista si offusca e il petto diventa pesante.

In passato sono stato male, ma mentre affogavo nel dolore il respiro era l’unica cosa a cui mi aggrappavo. Continuavo a ripetermi: respiro, dunque sono vivo. Ma adesso il mio respiro sembra avercela con me, perché non mi riempie i polmoni come dovrebbe, non mi tranquillizza, non mi fa sentire vivo.

Il mio intero corpo mi odia, la mia stessa mente mi trova ripugnante e non capisco perché. Perché è così violenta con me questa volta? Non c’è mio padre. Non c’è mia madre. Non sto rivivendo il passato. Dovrei stare bene. Dovrei continuare a vivere come ho fatto fino ad ora.

E invece no. Il mio respiro si aggancia al suo pianto e penetra nella mia mente con veemenza.

Non ho dormito quasi tutta la notte. Sono rimasto immobile davanti alla finestra a fissare il cancello. Pensavo che Chris non sarebbe andato a cercarla, ma alla fine l’ha fatto. Ho visto la sua macchina lasciare la proprietà, ma non ho visto il momento in cui è tornato a casa.

Mi sono addormentato per pochi istanti con le ginocchia affondate nella poltrona, gli avambracci sul davanzale e la guancia premuta contro il braccio.

Stavo pensando a lei, al modo in cui ha tradito la nostra fiducia.

Mi chiedo quante volte abbia incontrato Danny. Cosa gli avrà detto su di noi?

Mi ha guardato negli occhi ogni volta che mi sono fidato di lei; mi sono mostrato vulnerabile.

Mio padre aveva ragione. Mostrarmi debole mi rende patetico. Le ho messo volontariamente la spada tra le mani e l’ho pregata di pugnalarmi.

Alla fine, l’ha fatto.

E io vorrei odiarla per ciò che ha fatto e non per ciò che mi fa provare.

Vorrei odiarla perché è una bugiarda e mi ha fatto perdere il controllo.

Vorrei odiarla perché ha tradito la mia fiducia.

Vorrei odiarla perché è entrata nella mia stanza e ha rubato.

E io la odio. Dio, la odio, ma per il motivo sbagliato.

La odio perché per colpa sua io non respiro più.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora