Ho promesso a me stesso che un giorno avrei smesso. E quel giorno sembrava così vicino, dopo anni di isolamento, di promesse fatte e scritte, di giuramenti con il sangue, perché le parole non bastavano più. E in meno di dieci minuti ogni promessa è andata in fumo, quelle vecchie emozioni si sono ripresentate con più violenza di prima, e il diavolo sulla mia spalla mi ha ricordato chi sono quando mi lascio andare. Quando il cuore rimane a lungo inabitato, ogni nuova presenza diventa superflua. Tranne una.
Affondo il viso nel cuscino e sospiro, cercando di rimandare indietro il passato, i pensieri e quello che è successo ieri sera.
Maledizione!
Pianto i piedi a terra e le mie dita scorrono aggressive e rapide tra i capelli. Con un sospiro pesante mi alzo e vado dritto verso l’armadio. Ghermisco un paio di pantaloncini da basket verdi e una maglietta bianca e vado in bagno.
Appena mi scontro con il mio riflesso allo specchio i contorni mi appaiono sfocati.
Abbasso lo sguardo sulla mano fasciata e stringo i denti. Quella ragazza mi farà impazzire.
Per ricordarti chi sei davvero.
Lascio la porta del bagno socchiusa e abbraccio con gli occhi il mio letto sfatto, immaginandola lì, a pochi centimetri di distanza dal mio corpo, che mi afferra la mano e sorride divertita, prendendosi gioco di me.
Serro gli occhi, una fitta di dolore mi trivella il cranio, strappandomi una smorfia.
Vorrei sopprimere il ricordo di quello che è successo ieri sera, ma è impossibile dato ho la sua fottuta faccia scolpita nella mente e i suoi occhi glaciali che passano dal versarmi addosso il suo odio al trasmettermi la sua voglia di saltarmi al collo.
Finisco di farmi la doccia ed esco dalla mia stanza, sbattendo la porta e stringendo il mazzo di chiavi tra le dita. Sento il metallo conficcarsi con forza nel palmo della mano.
«Xavier», la voce pacata di Brooke mi ferma. Dev’essere un maledetto scherzo.
Mi munisco di una buona dose di pazienza e mi giro verso di lei. «’Giorno, Brooke».
«Che cosa ti è successo?», indica la mia faccia con l’indice, la delusione sembra aver trovato dimora nei suoi piccoli occhi sporgenti. Mi sento una merda per questo. Grazie, Blanchard, per il promemoria.
«Niente di cui tu ti debba preoccupare», le dico dandole un bacio fugace sulla guancia con l’intenzione di sfuggire al suo interrogatorio.
Brooke capisce il mio intento e mi afferra per il polso con le sue dita sottili. «Xavier», il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa contrarre lo stomaco.
Gonfio il petto e chiudo gli occhi, pensando ad una bugia veloce da poter rifilarle.
«Un coglione ubriaco mi ha provocato ieri sera. Mi sono soltanto difeso», le dico, alzando le mani davanti al petto con fare innocente. Alla fine non è una bugia, ma è la verità. Brooke odia la violenza e anche la mia passione più grande. Da quando vivo qui siamo giunti ad un compromesso: avrei smesso di reagire alle provocazioni e avrei smesso di allenarmi in modo eccessivo. Ho cercato di spiegarle che non sarà questo a farmi dimenticare come si combatte, visto che fa parte del mio essere, ogni insegnamento – ogni colpo – è rimasto impresso in ogni mia cellula, non se ne andrà mai.
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Se le stelle potessero parlare
Roman d'amourDopo la morte della madre, Avery è costretta a seguire il padre a San Diego per conoscere la sua nuova compagna e il suo futuro fratellastro. Però tra le mura della villa dei Dillard vive un'altra anima tormentata, scontrosa e poco incline ad avere...