Capitolo tredici

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Di solito non amo mentire e quando lo faccio mi chiudo in una bolla di indifferenza, ma adesso perfino omettere il nome della persona con cui trascorro il mio tempo quando sono fuori dalle mura della villa dei Dillard mi fa stare male

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Di solito non amo mentire e quando lo faccio mi chiudo in una bolla di indifferenza, ma adesso perfino omettere il nome della persona con cui trascorro il mio tempo quando sono fuori dalle mura della villa dei Dillard mi fa stare male. Forse è per la piega inaspettata che sta prendendo il rapporto tra me, Liam e Xavier o semplicemente perché so benissimo che farebbero di tutto per farmela pagare, se scoprissero che Danny mi ha accolta nel suo gruppo. Ma non è stato Xavier stesso a dirmi che io merito di stare in sua compagnia?

Li chiudo fuori dalla mia mente e mi stampo un sorriso in faccia.

Oggi il locale è chiuso e Gonzales si è premurato di avvisarci soltanto quando io e Charlie ci stavamo già interrogando sul perché del cartellino con scritto “Chiuso” appiccicato al vetro.

Non volevo tornare a casa, così ho scritto a Danny, che mi ha subito detto dove raggiungerlo. Io e Charlie, in sella alla sua bici, abbiamo raggiunto il quartiere in cui vive l’amico di Danny. Un posto che grida “Vai via di qui” da ogni angolo e alcuni vicoli sono perfino sprovvisti di lampioni.

Le facciate dei palazzi fatiscenti sono ricoperte di graffiti, disegni osceni e insulti di vario tipo. Sotto l’alone di un lampione si intravede un gruppo di ragazzi; nuvole di fumo circondano le loro sagome minacciose e il tintinnare delle bottiglie di vetro si unisce alle loro risate corroboranti, che scoppiano nell’aria ogni volta che qualcuno attraversa la strada o gli passa accanto.

Una parte di me ha paura.

Lo scricchiolio della porta che si apre fa tremare la mia anima e le gambe sono pronte a riportarmi indietro, ma dall’interno sentiamo provenire un gran chiasso e quindi avanziamo cauti e a passo lento.

Devo strizzare gli occhi quando varchiamo la soglia della porta, perché hanno fumato talmente tanto che loro figure appaiono indistinte in mezzo alla stanza.

Non è ciò che mi aspettavo di trovare. Di questo ne sono certa.

Poco più tardi, Charlie viene a sedersi accanto a me sul divano e mi porge un bicchiere di birra. Tra poco le mie chiappe finiranno per terra a furia di spostarmi sempre più in avanti. Dall'aspetto che ha questo copridivano, mi chiedo quanti fluidi corporei sia riuscito a ospitare fino ad ora.

Ho scoperto che Tristan ha vissuto per tutta la vita in questo posto e non esiste un singolo volto che i suoi occhi non abbiano già memorizzato da queste parti. Tutti conoscono tutti. L’ha definito un luogo “sicuro”, ma forse intendiamo due cose ben distinte quando parliamo di sicurezza.

La villa dei Dillard la considererei un luogo sicuro, non di certo questo quartiere malfamato.

«Dev’essere terribile passare del tempo con il tuo collega di lavoro, vero?», fa scontrare le nostre spalle, il liquido all’interno del suo bicchiere oscilla e schizza di fuori, bagnando il tappeto liso sul quale i diversi ospiti hanno lasciato cadere diversi mozziconi, briciole e buste di patatine ancora aperte. Credo ci sia anche una chiazza, ormai secca, di vomito.

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora