«Avery», qualcuno picchietta due dita sul mio braccio «Tesoro, svegliati».Mugugno, asciugandomi la saliva all’angolo della bocca con il dorso della mano, e mi allungo di più per mettermi più comoda, ma la superficie sotto di me non è morbida come il mio letto e la mia schiena chiede pietà.
Apro un occhio mentre l’altro lo strofino con due dita per togliere le secrezioni lacrimali, ma appena intravedo lo sguardo arcigno di papà mi siedo con le spalle dritte e mi guardo intorno spaventata.
Mi rendo conto di non essere seduta da sola a tavola.
Cazzo, mi sono addormentata qui ieri sera. O forse dovrei stamattina.
Ricordo soltanto di essere tornata a casa alle quattro e che stavo morendo di fame. Dopo aver mangiato una mela e un tramezzino con prosciutto, devo essermi addormentata qui. Dio, per fortuna non indosso la divisa.
Liam e Brooke mi guardano quasi a bocca aperta. Devo avere davvero un aspetto terribile se li ho lasciati senza parole.
Xavier, invece, consuma tranquillamente la sua colazione, ignorando la mia esistenza come sempre.
Lavoro in quel locale da una settimana e fino ad ora papà non è riuscito a beccarmi. Ma la stanchezza inizia a farsi sentire e tornare ogni mattina alle quattro a casa a lungo andare diventerà insostenibile. Ma è soltanto per qualche mese, poi me ne andrò. Posso sopportarlo. Non ho mai avuto chissà quale routine, in ogni caso.
A Gonzales piace come lavoro e quindi mi ha pagata a fine turno per i giorni lavorati. Abbiamo stabilito che la paga sarà settimanale. In questo modo non dovrò chiedere soldi a mio padre e nessuno potrà rinfacciarmi nulla.
«Avery, tesoro, devo chiedertelo…», Brooke dondola un po’ sulla sedia a disagio e tiene il mento basso. «Hai bevuto?»
Strabuzzo gli occhi e papà si gira verso di lei, scioccato tanto quanto me.
«Brooke, come ti viene in mente? Avery non farebbe mai una cosa del genere. Conosco mia figlia».
Oh, certo, mi conosce davvero bene.
«Mi dispiace, volevo esserne sicura, visto l’aspetto che ha… Una volta ho beccato Liam in condizioni ben peggiori», Brooke è diventata ormai rossa in viso. Gesticola nervosamente. «Oddio, mi dispiace, come futura madre ho fatto una figura pessima!»
«Come matrigna. Non avrò un’altra madre», asserisco con voce ferma, ma carica di rancore e odio. Non verso di lei, bensì verso il suo sogno di famigliola felice. Non succederà mai. Di questo ne sono certa.
Mi alzo in piedi, afferro una fetta di pane con burro e marmellata ed esco fuori. Sento gli occhi perforanti di Xavier seguirmi mentre sparisco piano piano dal suo campo visivo.
Mi stendo sulla sdraio sotto l’ombrellone e mangio, cercando di ignorare la stretta ferrea intorno alla mia gola. Vorrei che il dolore smettesse di soffocarmi ogni giorno. Mi sembra di camminare con un cappio intorno al collo, aspettando che qualcuno me lo tolga al momento giusto, perché io non ho la forza di farlo. Anzi, credo che ad una parte di me piaccia sentirsi così: persa, impotente, infelice.
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Se le stelle potessero parlare
RomanceDopo la morte della madre, Avery è costretta a seguire il padre a San Diego per conoscere la sua nuova compagna e il suo futuro fratellastro. Però tra le mura della villa dei Dillard vive un'altra anima tormentata, scontrosa e poco incline ad avere...