Capitolo trentasette

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Xavier si alza in piedi, allarga il collo della maglietta come se gli mancasse l’aria

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Xavier si alza in piedi, allarga il collo della maglietta come se gli mancasse l’aria. «Arrivo. Devo fare una chiamata», mi liquida con un gesto lento della mano e arranca in direzione opposta, nascondendosi quasi dietro l’auto. Salgo a bordo e lo sguardo cade casualmente sul suo cellulare, che ha lasciato sul sedile. Mi aspetto che torni indietro a prenderlo, eppure non lo fa.

Sbircio nello specchietto retrovisore, cerco di scorgere la sua figura.

È piegato in due, ha una mano premuta sullo stomaco. Sento un colpo di tosse e un lamento.

Quando mi raggiunge, è pallido come un cadavere e si sta asciugando l’angolo della bocca con il dorso della mano.

«È stata una chiamata veloce», esclamo sibillina e lui annuisce, ma con la mente sembra completamente altrove. Mi sta mentendo.

«Posso provare a guidare io, se stai male», gli dico con voce ferma. Lui si siede accanto a me, sposta il cellulare con un gesto concitato e mi scocca un’occhiata rapida.

«Non sto male. Sono tutto intero, non vedi?», ribatte stringendo forte il manubrio.

«Sì, lo so, che sei tutto intero», rispondo spostando lo sguardo sulla strada. «All’esterno, stiamo sempre tutti bene.»Il suo respiro lento e pesante vibra intorno a me, la mano è ferma sulla sua coscia. «Ma dentro?», sussurro e si passa nervosamente la mano tra i capelli.

«Prendi la mia macchina e torna a casa», ordina e si catapulta fuori dall’auto come se qualcuno gli avesse dato una scossa.

Mi odia. Non mi sopporta. Non riesce neanche a guardarmi in faccia, ma vuole farmi guidare la sua auto.

«E tu? Intendi tornare a piedi?», gli domando, inarcando un sopracciglio. «C’è ancora un bel pezzo di strada da fare.»

«Ho già chiamato Liam», mi dice e si abbassa per essere alla stessa altezza del finestrino. «Avanti, vattene!»

«Non ti lascio qui da solo.»

Non ho per niente voglia di stargli vicino al momento, ma so che non sta bene, quindi ho bisogno che lui torni a casa con me, sano e salvo. Ha tutto il diritto di odiarmi, ma non riesco ancora a voltargli le spalle.

«Magari ti rovinerò la macchina. Non hai paura?», gli chiedo, cercando di usare un’altra tattica per persuaderlo e farlo salire di nuovo in auto.

«No. Posso comprarmene un’altra. Distruggila pure, se ti fa stare meglio», si china così tanto verso il basso, che intravedo soltanto i suoi capelli scompigliati.

«E se rimanessi coinvolta in un incidente stradale? Se dovessi farmi male?», scavalco il cambio e mi metto alla guida.

Xavier si rimette lentamente in piedi, mi dà le spalle e si prende un secondo, prima di girarsi verso di me. «Aspettami.»

Se le stelle potessero parlareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora