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Il suono incessante della pioggia contro il telo della tenda era passato da martellante e disturbante a debole e sopportabile, in un perenne alternarsi tra calma e furia caratteristico delle tempeste a quelle altitudini. 

Avevano ammucchiato gli indumenti fradici insieme agli scarponcini sul fondo, a fianco all'ingresso, appena fuori dal sacco a pelo. Non avevano potuto lasciarli all'esterno e, come previsto, l'umidità che producevano mista al calore che emanavano i loro corpi stava rapidamente trasmutando l'ambiente in una specie di sauna, con l'unica differenza che lì la temperatura sarebbe stata decisamente più alta e piacevole. 

Si erano cambiati, infilandosi addosso uno sull'altro tutti gli abiti che componevano l'esiguo guardaroba che si erano portati dietro per quell'escursione. Una maglietta a maniche corte sopra a una canottiera, il pigiama a maniche lunghe e sopra a questo una felpa, con il cappuccio tirato su e la cuffia sotto di esso; e poi, ovviamente, un paio di pantacalze sotto ai pantaloni del pigiama, con due paia di calzini ai piedi a completare il tutto. Dormire nei boschi, specie in circostanze metereologiche come quelle, richiedeva certe precauzioni. 

"Etciù!"

Uno starnuto riecheggiò, rimbombando nelle orecchie di entrambi.

"Ci mancava pure che mi buscassi un raffreddore, non mi sorprende, ma speravo di essermela scampata." mormorò Carlo, soffiandosi il naso nel suo fazzoletto di stoffa già madido per via della permanenza nella tasca dei pantaloni da trekking.

Adriana nel frattempo aveva appeso al gancio penzolante sopra alle loro teste una piccola torcia da testa per fare un po' luce. Frugò poi nello zaino, cercando un po' alla cieca, e gli lanciò un pacchetto di fazzoletti di carta.

"Tienili dal tuo lato, che magari potresti averne bisogno anche dopo."

La pioggia tornò a intensificarsi e Carlo, stringendo in una mano il pacchetto e indicando fuori con l'altra si mise a ridere: "Con il tempo che si preannuncia preferirei farmela addosso piuttosto che uscire stanotte."

Mentre pronunciava la frase gli passò sul volto una leggera smorfia, talmente fugace da risultare impercettibile perfino per la sua compagna, solitamente capace di leggergli dentro senza bisogno di parlare. O forse in quel momento era semplicemente troppo stanca per notarla.

Lui non riusciva a levarsi dalla testa la brutta sensazione che gli era rimasta da quando aveva visto quella sagoma nella nebbia poco prima perché, anche se la percezione poteva trarlo in inganno, dentro di sé era certo che la figura che aveva visto avesse avuto fattezze umane. Era assurdo, davvero. Insomma...quante probabilità potevano esserci? 

Era già strano che loro due si trovassero lì, ma che qualche altro escursionista, magari smarrito, si fosse accampato nei dintorni era una cosa plausibile?

Probabilmente non era impossibile. Improbabile certo, impossibile no. Dopotutto, se lo facevano loro, non potevano escludere a priori che anche qualcun altro avesse deciso, per scelta o per necessità, di trascorrere la notte nel bosco. Ma in tal caso perché defilarsi a quel modo, come uno spettro o un'allucinazione, senza nemmeno scambiare due parole? Se si fosse trattato di un altro escursionista in difficoltà perché non fermarsi a chiedere loro aiuto? 

Capiva che a certa gente potesse magari piacere la riservatezza, ma per l'esperienza che aveva, era ben conscio che tra bivaccatori non c'erano antipatie tali da arrivare a omettere un saluto. Anzi, tutt'altro. 

Se ci si trovava, specie in momenti come quelli, resi ardui dal maltempo, una mano la si tendeva, e spesso la si accettava, senza problemi. Questo, ovviamente, a meno di non essere dei completi sociopatici. E loro, durante le loro escursioni nel corso degli anni, ne avevano viste di cotte e di crude. Fortunatamente si era trattato di casi isolati, non più di quelli che si potevano contare sulle dita di una mano. 

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