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Il senso di spossatezza che si era impadronito del vicebrigadiere dopo che Carlo e Adriana se ne erano andati non lo abbandonò per il resto della giornata. Persino l'azione corroborante del liquore si era rivelata vana.

Fece del proprio meglio. Si sforzò di relegare l'incontro con i due giovani nell'angolo più remoto della propria mente, e di concentrarsi sullo svolgimento delle proprie mansioni. Scoprì, tuttavia, di non essere in grado di riuscire nell'intento. Cercò di focalizzare la propria attenzione sulle tante carte che ingombravano il piano della sua scrivania, ma le parole gli scivolavano via dalla testa subito dopo che le aveva lette, soppiantate da altri pensieri, altre immagini che tornavano ancora e ancora. 

Arrivò alla fine del turno sentendosi stanco come non gli capitava da tanto, tanto tempo, e si avviò verso l'uscita con passo malfermo e l'animo ingombro di preoccupazioni. 

Ricambiò distrattamente il cenno di saluto indirizzatogli da Dario, suo collega di vecchia data, mentre a quello rivoltogli dal proprio nipote si limitò a rispondere con un'occhiata tagliente. Aveva riso di quei ragazzi, e nel loro lavoro non bisognava mai, mai ridere delle vittime. 

Scosse la testa, sospirando profondamente. Quei ragazzi. Erano proprio loro la causa del suo mal di testa incipiente, e il motivo per cui quel turno di sei ore in caserma gli era sembrato fosse durato sei anni. Si domandò se fosse normale, se anche agli altri rivangare eventi del passato da tanto sepolti facesse lo stesso effetto. A lui pareva proprio che quei ricordi riportati alla luce e i pensieri e le idee che avevano suscitato pesassero sulle spalle come un macigno. 

Aveva sperato di poterli cancellare nuovamente con un colpo di spugna subito dopo che i due fidanzati avevano lasciato la caserma? No davvero. Aveva capito, fin dal primo istante in cui aveva teso l'orecchio per cogliere i dettagli del resoconto dei bizzarri eventi che li avevano coinvolti, che non sarebbe stato capace di archiviare la vicenda con una scrollata di spalle, affidando l'indagine ai suoi sottoposti. Sì, se ne era reso conto non appena, grazie alle parole dei giovani, gli era affiorata alla mente per la prima volta dopo anni l'immagine del volto di Tullio, con quel suo ghigno e quella luce inquietante nello sguardo. Quello che non si aspettava era che il pensiero di Tullio e di quanto accaduto quella notte fatidica, così a lungo relegato nei più remoti recessi della memoria, gli si conficcasse in testa a quel modo, un chiodo fisso che non riusciva a scacciare. 

Per un attimo, un momento brevissimo, aveva sperato che vuotare finalmente il sacco, condividere con qualcuno quel segreto, gli avrebbe alleggerito la coscienza. Invece raccontare tutto sembrava aver sortito l'effetto opposto. Aveva riportato alla luce nuovi dettagli, cose a cui all'epoca non aveva dato importanza, e che ora gli vorticavano dentro come schegge impazzite, tasselli di un puzzle che non riusciva a ricomporre. E per lui, abituato da sempre, col suo lavoro, a mettere ordine nel caos, era una sensazione incredibilmente frustrante. 

Varcò la soglia di casa, ma anche allora il sollievo che si era aspettato di provare raggiungendo finalmente la sua personale oasi di pace non giunse. 

Sua moglie gli venne incontro con un sorriso, accogliendolo con un bacio a fior di labbra, un'abitudine che non era mai venuta meno durante i lunghi, felici anni del loro matrimonio. Anche quel gesto che sempre, immancabilmente era in grado di scioglierlo, aveva un sapore diverso quel giorno. Quel bacio, sempre, immancabilmente dolce, aveva il gusto amaro della vergogna. 

Cristiano fece del proprio meglio per dedicarle un sorriso. Sperò non si accorgesse di come quel sorriso fosse più tirato rispetto a quello che era solito rivolgerle, di come non si estendesse anche agli occhi, che avrebbero in realtà voluto sfuggire lo sguardo di lei. 

Anche dopo tutto quel tempo dal giorno del fatidico "sì", non cessava di meravigliarsi quando tornando a casa la trovava lì ad attenderlo, quasi non sapesse capacitarsi della propria fortuna. Di solito bastava questo ad appianare le rughe che le giornate più impegnative sul lavoro gli imprimevano sulla fronte, ma non quella sera. 

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