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Si accorse di sudare, si era figurata quel momento diverse volte nella sua testa, ma adesso che era lì, ora che il momento tanto atteso era finalmente giunto, sentiva un magone allo stomaco.

L'anziana coppia, che in seguito al piccolo incidente avvenuto tra quella ragazza, Gaia, e Carlo aveva distolto l'attenzione dalla partita a scacchi, interrompendola momentaneamente, li stava osservando curiosa.

La torre bianca era sospesa a mezz'aria in mano all'uomo, che ora la stava adagiando con cura di nuovo sulla scacchiera.

"Serve aiuto?" domandò loro.

L'inflessione della voce non sembrava quella di un anziano, ma di un uomo nel pieno dei suoi anni migliori; ciò stupì entrambi.

Si erano in effetti immaginati che i visi fossero segnati più dal dolore che dal tempo, ma con quella piccola presentazione si tolsero ogni dubbio.

Ora che avevano modo di osservarli con maggior attenzione, notavano dettagli comuni a entrambi che prima erano passati in sordina: il colore brillanti delle iridi, qualche lieve accenno di rughe sotto gli occhi e sulla fronte, e i capelli ancora folti con solo una sottile patina argentata che si stava propagando.

Visto il blocco momentaneo di Adriana, il suo ragazzo le si avvicinò e si pronunciò in sua vece.

"Scusate il disturbo, siete per caso i coniugi Cevolini?" 

La ragazza al suo fianco sembrava impossibilitata a proferir parola.

"Perbacco, siamo proprio noi!" esclamò con giovialità l'uomo. "Con chi abbiamo l'onore di chiacchierare? Io sono Giuseppe e lei è mia moglie, Jolanda."

La moglie si introdusse a sua volta nella conversazione.

"Piacere ragazzi, chi siete?" 

Con la spalla, Carlo diede un piccolo cuccio ad Adriana, per destarla dal torpore del quale sembrava essere vittima, ma ancora una volta fu lui a parlare.

"Io sono Carlo e lei è la mia ragazza, Adriana. Abbiamo telefonato in settimana per chiedere se potevamo parlare con voi, sempre che non sia troppo disturbo."

Giuseppe gli rivolse un sorriso. "Ah giovanotto, non siete certo un disturbo. Alla nostra età e relegati qua dentro, qualcuno con cui intrattenersi vale più di qualsiasi altra cosa. E poi stavo perdendo, quindi meglio che siate arrivati voialtri" concluse, strizzandogli l'occhio.  

La moglie gli scoccò un'occhiata divertita.

Si vedeva che ancora si volevano bene, anche se la scomparsa del figlio li aveva entrambi invecchiati prima del previsto, segnandoli sicuramente nel profondo.

Jolanda si alzò e andò a recuperare un paio di sedie. "Prego, sedetevi pure e fate un po' di compagnia a questa coppia di poveri vecchi" li incoraggiò.

"Non si preoccupi, le diamo una mano noi."

E con una spallata, stavolta più vigorosa, destò finalmente la sua ragazza dal limbo in cui era finita.

 "Sì certo, non datevi disturbo, adesso ci pensiamo noi" si affrettò a confermare lei.

Posizionarono le due sedie a fianco alle loro e presero posto. Un silenzio imbarazzante calò d'un tratto sul tavolo. Nonostante l'accoglienza cordiale riservata loro dalla coppia, e il loro evidente piacere dinnanzi all'idea di avere dei visitatori, l'imbarazzo era inevitabile. Erano completi sconosciuti gli uni per gli altri, e i due giovani non trovavano le parole con cui incominciare quello spiacevole discorso.

Giuseppe venne loro incontro "Allora, cosa vi porta qui da noi? Non ci siamo mai visti, dico bene? O siete qualcuno che dovremmo conoscere?"

Adriana, seppur con una certa titubanza, riuscì finalmente a intavolare un discorso "No, non penso che ci conosciate, noi perlomeno non vi avevamo mai visti prima di oggi. Un amico ci ha detto dove avremmo potuto trovarvi e abbiamo preferito entrambi venire qui di persona. Vorremo farvi alcune domande su..."

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