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Si erano aspettati una massa di zombie ottuagenari che vagavano senza meta, invece rimasero piacevolmente colpiti dalla scena che si presentò loro innanzi.

La sala era grande, pulita e calda e, sebbene all'esterno non fosse freddo, i termosifoni erano accesi per mantenere una gradevole sensazione di calore.

Al posto dell'asettico ambiente dalle anonime pareti bianche che si erano figurati, si parò loro di fronte una stanza con le mura tinteggiate di un rilassante blu turchese, alle quali erano appese decine e decine di quadri, raffiguranti per la maggior parte ambienti naturali, montagne, foreste, steppe, deserti, fiumi e laghi, e fiori di una miriade di varietà e colori differenti.

Su un paio di quadri c'erano anche dipinte scene di mare; un peschereccio in balia di imponenti marosi e una tonnara nel pieno della mattanza. In quest'ultimo, il rosso, nelle sue molte, vivide tonalità, soverchiava qualunque altro colore.

Carlo si soffermò a rimirarlo, entusiasta della dovizia dei macabri particolari.

Ad Adriana invece non piacque, tutto quel sangue le dava una sensazione sgradevole. Si domandò a chi diavolo potesse essere venuto in mente di appendere un quadro del genere in una casa di riposo. Insomma, una scena del genere non doveva certo contribuire a rasserenare l'animo degli ospiti!

Poi però le tornò in mente suo nonno, un energico anziano che si entusiasmava come un bambino quando, guardando i film western in televisione, vedeva scorrere il sangue nelle sparatorie, e si rese conto che forse stava effettivamente sottovalutando gli attempati ospiti della Residenza.

All'interno della sala c'erano diverse poltrone singole situate davanti allo schermo più grande che entrambi avessero mai visto.

Due intere pareti, quella sud e quella ovest, erano vetrate da cima a fondo, con finestre scorrevoli che all'occorrenza potevano essere spalancate, per far girare l'aria o per uscire all'aperto. All'esterno gli OSS che lavoravano nella struttura stavano posizionando tavoli, sedie e perfino un dondolo in vista della bella stagione.

La maestosità del paesaggio che si mirava da lì non aveva uguali e da quei vetri filtrava talmente tanta luce da rendere inutile l'impiego delle luci, che ciò nonostante erano accese.

Doveva essere piacevole trascorrere le giornate d'estate lì fuori, sul dondolo che gli OSS stavano approntando, con una rasserenante vista sui campi, i prati e i boschi dei dintorni e la pelle accarezzata dalla brezza, che sempre mitigava la calura estiva in quella zona.

Una signora anziana con una lunga vestaglia di seta azzurra, seduta su una sedia a rotelle nuova di zecca, stava godendosi il panorama alla finestra, mentre fuori in giardino un arzillo vecchietto in piedi, con le mani strette dietro la schiena, contemplava gli operatori al lavoro, senza però proferire parola.

All'interno, un signore molto anziano, vestito elegante, con un grosso paio di spessi occhiali da vista, completamente calvo, con il volto segnato dalle rughe e dal tempo, se ne stava seduto sul divano con in mano un grande tablet sul quale stava probabilmente leggendo a giudicare dal movimento costante dei suoi occhi dietro alle lenti.

Al suo fianco, un altro signore anziano, che a prima vista sembrava il suo gemello, sfogliava un giornale di pesca.

Solo due tavoli erano occupati. In uno erano seduti tre vecchietti, due donne e un uomo, che giocavano a carte, urlando ogni volta ad alta voce la carta giocata, con a fianco tre bicchieri colmi d'acqua e un foglio con matita sul quale segnavano i punti.

Carlo scoccò loro una rapida occhiata e si rese conto che stavano facendo una partita a tressette. Sorrise quasi senza accorgersene ripensando a quando, ancora bambino, i suoi nonni gli insegnavano quello e altri giochi con le carte.

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