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"Sei certo di aver sentito bene?" domandò Carlo, non appena gli riuscì di ritrovare la voce che il racconto dell'amico pareva avergli sottratto. Il tono racchiudeva un flebile sentore di fragilissima speranza, che lui stesso sapeva essere vana. 

Alessio si era ripreso dalla corsa fatta a perdifiato in mezzo al bosco per raggiungere i suoi due compagni; aveva provato inutilmente a telefonare e a scrivere, ma al lago non c'era segnale. Lo sapeva bene visto il tanto tempo passato su quelle rive con i suoi due più cari amici. 

Appena aveva appreso la notizia si era reso conto che dovevano esserne subito messi al corrente, specialmente Carlo. Senza esitare un istante si era quindi precipitato da loro, lanciando la sua Fiat Punto a una folle velocità, sia sulla strada asfaltata, sia negli ultimi chilometri sterrati. Quando da lontano aveva scorto la macchina di Nabil parcheggiata, aveva pigiato ancora più forte il piede sull'acceleratore. Il veicolo aveva protestato per quell'ennesimo sopruso, e in risposta ai tremendi scossoni che lo scuotevano aveva emesso un bruttissimo suono gracchiante che lui sul momento aveva preferito ignorare ostinatamente. Parcheggiata la macchina non si era nemmeno preso la briga di chiuderla a chiave e si era lanciato in una corsa sfrenata giù tra gli alberi, attento a evitare i massi seminascosti dal muschio e le radici affioranti dal terreno.

Quando aveva infine raggiunto gli amici sentiva i polmoni in fiamme e il cuore in procinto di esplodere. Troppo agitato per attendere, aveva iniziato subito a raccontare, e con quel racconto gli pareva di aver esaurito anche quel poco di fiato che gli era rimasto. In risposta alla domanda dell'altro ragazzo si limitò ad annuire gravemente. 

"Un attimo, dimmi se ho ben capito. Sono stati aggrediti altri ragazzi, che stavano bivaccando in tenda, sempre su all'Alpe?"

Carlo era esterrefatto, con gli occhi sgranati che fissava il suo amico mentre raccontava. E la parte che era destinata a scuoterlo maggiormente doveva ancora arrivare.

"Aggrediti? Magari! Mica solo aggrediti, sembra che due siano proprio morti, uccisi in modo brutale, mentre il terzo è stato trasportato all'ospedale di Loiano. Non si sanno bene le sue condizioni, se non che è in stato di shock."

Carlo barcollò all'indietro come se lo avessero colpito con un pugno in piena faccia; per un momento le ginocchia tremanti minacciarono di cedere, mentre il suo corpo veniva pervaso da un'improvvisa ondata di sudore freddo. Si azzardò a chiedere dettagli, consapevole che la risposta che stava per ricevere sarebbe potuta essere una pugnalata al petto, solo perché il desiderio di sapere era più forte di qualsiasi cosa, persino della paura che gli stringeva la bocca dello stomaco. "Uccisi come? Si sa qualcosa?"

Alessio, che aveva a fatica ripreso fiato, gli inflesse la prima stilettata. "I dettagli sicuri al cento per cento non li so, ma pare... ascolta Fish, non è detto che..."

"UCCISI COME?"

Nabil trattenne il fiato con lui.

"Pare che uno sia stato strangolato con una corda, l'altro non è ben chiaro, ma ascolta, non è detto che sia stata..."

Stavolta non lo interruppe e lui continuò a parlare, cercando di rassicurarlo meglio che poteva, ma con la testa Carlo era già partito per la tangente, eclissandosi al mondo, elaborando al meglio la notizia che gli era stata riferita. <<Strangolato con una corda... vicino alla zona in cui noi siamo stati aggrediti...la Borda... nebbia...>>

"Che tempo faceva quando è successo?" chiese, un'urgenza quasi febbrile nella voce.

"In che senso? Qua da noi?" domandò a sua volta l'altro, confuso.

"No, NO, su all'Alpe! Dove sono stati uccisi i ragazzi."

Alessio si fermò, riflettendo se riferirgli quel dettaglio, ma fu Nabil a rispondere al suo posto: "Era sereno ieri sera, la luna era quasi piena."

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