Ch'io veda là solo quel bianco 
di strada...

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La nebbia e il buio avvolgevano tutta l'area intorno al vecchio macero, ma quella sera, a differenza di quanto accadeva di solito, in quel luogo abbandonato non regnava il silenzio. Il rumore del fango pestato nella corsa risuonava come amplificato, mentre alcune urla rompevano la naturale quiete del luogo.

Mery correva inconsapevolmente alla cieca, senza riuscire a orientarsi, e non solo perché aveva perso, con il buio, i suoi soliti punti di riferimento. Il terrore le aveva completamente offuscato la mente, era solamente consapevole di dover scappare lontano, più lontano che poteva e più in fretta possibile. Un solo imperativo era più forte di quello che la spingeva alla fuga, ed era l'impulso che la portava a desiderare quasi disperatamente di ricongiungersi con la sua amica.

Non poteva lasciarla in balia di quell'essere, assolutamente no. Il solo pensiero di farlo era inconcepibile.

Tese l'orecchio, cercando di captare un qualunque rumore che le potesse svelare la posizione della sua amica.

Stonf Stonf. Il suono della cosa che la stava inseguendo le giunse chiaro e nitido, fin troppo vicino a lei, e le ricordò lo sciabordio dell'acqua all'interno di un paio di stivali.

"GIUSYYY!!! DOVE SEI?"

Le sue urla in lacrime sembravano inghiottite e silenziate dalla coltre grigiastra, resa visibile dal barlume di luce della luna che a tratti emergeva nel cielo notturno.

La folle scusa orchestrata da Giusy per giustificare il fatto di volersi recare in quel luogo insieme a lei, si era trasformata in una tremenda realtà, ben peggiore di qualunque scenario si fossero mai anche minimante immaginate.

Come avrebbero potuto fuggire incolumi da quel mostro? Una vocina dentro di lei le sussurrò che non sarebbe stato possibile, mentre le azioni di ogni fibra del suo corpo erano impegnate a dimostrare l'opposto.

Da molto tempo aveva smesso di credere ai racconti dei vecchi, a quelle storie dell'orrore narrate per far rabbrividire i più piccoli, per spingerli a comportarsi bene. E non aveva creduto nemmeno per un istante alla favola che la sua amica si era inventata per trascinarla fin lì.  L'aveva ritenuta una pessima idea fin dal principio, ma si rendeva conto che per aver escogitato un simile piano, doveva per forza esserci qualcosa di grave che le premeva confessarle. E così era stato.

Come avrebbero potuto immaginare che le storie avrebbero preso vita, precipitandole in un incubo ad occhi aperti più terrificante di qualsiasi brutto sogno le avesse mai visitate nelle ore notturne?

"GIUSYYY!!!"

Non voleva demordere, doveva trovarla, non poteva lasciare sola la sua...

"Ah ah ah ninàn... NINÀNNN!!!"

Quell'urlo le fece accapponare la pelle talmente tanto che non sentì nemmeno il resto della frase che quell'essere le stava urlando. Perché solo di una creatura inumana poteva trattarsi, non sarebbe mai potuta esistere una persona in grado di...

Il piede scivolò sull'erba fresca, resa umida dalla notte e dalla nebbia. La lunga gonna verde che indossava, contribuì a farle perdere l'equilibro; le ginocchia si scontrarono per un singolo istante, ma fu sufficiente per farla capitombolare per terra. La faccia finì direttamente nel fango che ricopriva il terreno e le mani non fecero in tempo a ripararle il volto. Un piccolo sasso nascosto nella melma le si conficcò sulla fronte, ma fu solo in grado di percepirne la presenza; non aveva il tempo per sentire il dolore. Tutto ciò che contava era scappare da quella cosa e ritrovare Giusy, il resto non significava nulla, per quanti graffi, tagli o lividi si procurasse nella fuga.

Si rialzò e riprese a correre e ad urlare a squarciagola, incurante dei piccoli dolori che si stavano sommando sul suo corpo. Il rivoletto di sangue sulla fronte, se anche fosse stato illuminato, si sarebbe confuso con il pantano grigio-marrone che le stava colando lentamente sulla faccia. L'intero viso ricoperto di melma argillosa mostrava unicamente un paio di linee di pelle chiara, sulle gote subito sotto alle palpebre. Solo le lacrime riuscivano a farsi strada in quella poltiglia viscida. Con la mano cercò di spazzare via il fango che aveva sugli occhi in modo da vederci il più possibile. Qualche residuo terroso le si insinuò in un globo oculare, irritandoglielo profondamente e facendoglielo ulteriormente lacrimare. Non aveva tempo di badarci, Giusy non era ancora stata trovata e l'essere era sempre più vicino. Poteva percepirlo alla sue spalle, più distante, ma che gradualmente recuperava terreno.

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