20.

10 3 0
                                    

L'auto percorreva la via verso casa, scivolando dolcemente lungo i tornanti della Via Nazionale. Il borbottio sommesso e costante del motore era l'unico rumore che si poteva udire all'interno dell'abitacolo, quello e il fischio dell'aria che entrava dai finestrini, lasciati aperti; per il resto tra i giovani regnava il silenzio. Nessuno dei due fiatava, nessuno osava essere il primo a commentare quanto avevano udito alla casa di riposo.

Carlo lanciava frequenti occhiate alla propria compagna, distogliendo l'attenzione dalla guida per i brevi secondi necessari ogniqualvolta la prudenza lo consentiva, ma lei teneva gli occhi fissi davanti a sé e non pareva nemmeno accorgersene. Non era lo sguardo intento di chi si era perso a scrutare il paesaggio, e nemmeno l'espressione di chi si è momentaneamente smarrito nei propri pensieri. C'era, in quegli occhi azzurri, una vacuità che lo allarmava tanto quanto il prolungato mutismo della giovane. 

Dopo un po', vedendo che lei ancora non accennava a proferir parole, decise di prendere l'iniziativa.

"Se non altro, non è stato un buco nell'acqua, ci eravamo prefissati di scoprire qualcosa circa quella scomparsa e ne siamo quantomeno venuti a capo, non pensi?" disse, sforzandosi di far trasparire dalla propria voce un ottimismo che era ben lungi dal provare. 

Il rollio monotono della vettura fu l'unica risposta che ebbe. Senza scoraggiarsi aggiunse "Non penso di essermi ancora scusato con te, per la sufficienza e l'accondiscendenza con cui ti ho trattata nelle ultime settimane." I grandi campi coltivati ai loro lati scorrevano veloci in una verde scia continua, intervallata solo dai cartelli stradali, che con i loro colori vividi e anomali, stonavano con il passaggio. "E va bene, ammetto di essermi sbagliato e di aver sottovalutato enormemente la cosa. Giungo perfino a scusarmi con te per non aver dato maggior adito ai tuoi dubbi e soprattutto al tuo istinto."

Il rombo di una moto lanciata nel sorpasso risuonò all'interno anche a causa del finestrino abbassato.

Adriana ancora non parlava, e Carlo incominciava a preoccuparsi sul serio.

"Quindi? Ora che facciamo? Ti prego amore dimmi qualcosa che..."

"Ritieni plausibile fosse uno scherzo?"

La domanda lo colse talmente alla sprovvista che istintivamente si girò a guardarla, rischiando di finire dentro a una scolina. Fortunatamente riuscì a riprendere il controllo del mezzo prima che avvenisse l'irreparabile.

"Come scusa? Uno scherzo? Ma come Amore, non eri tu ad aver escluso di base..."

Non lo lasciò finire, anzi, fu quasi come se lui nemmeno avesse aperto bocca. "Ti ho chiesto se per te potrebbe essersi trattato di un fottuto scherzo di qualcuno. Chi sapeva dov'eravamo? A Nabil l'avevi detto, giusto? E anche ad Alessio se non sbaglio. Non scordiamoci poi Cristiano, il vicebrigadiere, lui ci ha mandato qua oggi."

Non era certo di avere bene inteso, quindi, esitante, domandò "Ma scherzo per quanto riguarda oggi o per... insomma, per tutto?"

"Per tutto, cazzo, per tutto. Uno scherzo incominciato quella maledetta notte e proseguito finora, con tutti che si sono messi d'accordo e che adesso se la stanno ghignando alle nostre spalle! Sono sicura che anche quella vecchia interpretasse un ruolo."

Stavolta fu Carlo a mantenere il silenzio per alcuni istanti. Rifletté attentamente tra sé prima di aprire nuovamente bocca. "Ti ricordi la tendata dell'anno scorso? Quando in riva al lago ci siamo fatti quella cenetta a base di pesce appena pescato e la notte, prima di addormentarci, abbiamo visto quella stella cadente meravigliosa con la coda in scia di un viola brillante?"

Mentre parlava, Carlo si volse nuovamente a guardarla in volto, finendo col mettere ancora una volta a repentaglio la loro sicurezza in macchina; aveva invaso momentaneamente l'altra corsia. 

La BordaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora