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"Quindi, se ce lo chiede, stavamo facendo una scampagnata nei boschi quando siamo stati aggrediti da qualcuno proprio sopra casa sua. Siamo scappati trafelati... anzi, sai cosa? Forse dovremmo strapparci qualche brandello di vestiti, così tanto per essere più convincenti... ma dove eravamo rimasti... ah, sì. Siamo scappati trafelati e abbiamo bussato per chiedere aiuto alla porta della prima casa che abbiamo visto."

Adriana stava illustrando a grandi linee la storia che avrebbero dovuto raccontare a Gaia. Erano rannicchiati dietro a un grande tronco di pino, entrambi indossavano pantaloncini corti e avevano le ginocchia già arrossate per il contatto con gli aghi. 

Avevano parcheggiato la macchina qualche centinaio di metri prima rispetto a dove viveva la ragazza e da lì si erano inoltrati su nel bosco per non farsi vedere. Erano a qualche centinaio di metri da casa sua, riuscivano a scorgere, tra i tronchi e le fronde, il camino e il tetto in mattoni rossi, reso quasi rosa dal sole che da lì a breve sarebbe tramontato. 

Carlo non era a sua agio con la cosa ma, come aveva appurato, era inutile protestare.

Ora stavano discutendo gli ultimi dettagli del loro piano; avevano deciso che sarebbero ridiscesi verso casa sua chiedendo aiuto.

"Ma tu pensi di riuscire a stare serio? Dobbiamo fingere di essere stati aggrediti e di essere sotto shock. Se ci farà entrare dobbiamo spingere proprio su quello, se sa di qualcuno che si aggira nei dintorni. Da lì proveremo a farla parlare, i telefoni in tasca saranno già impostati per registrarla" continuò Adriana.

La luce nei suoi occhi lo inquietava. "Adri, ti confesso che mi sembra sempre più una cazzata, non potremmo chiamare la polizia a lasciare che se ne occupino loro? Magari non ci dirà nulla e allora..."

"Allora avremo solo perso tempo, ma ormai è tardi per tirarcene fuori, dobbiamo andare fino in fondo. Abbiamo il dovere morale di farlo" proclamò, con un fervore che neanche un candidato in lizza per le elezioni avrebbe saputo eguagliare.

Si grattò la testa poco convinto <<No, tu non sopporti di essere stata presa in giro e vuoi vendicarti, il resto sono solo idiozie per darmela a bere... la cosa tragica è che ha funzionato.>>

Dubbioso ma ormai rassegnato, raccolse da terra un rametto e se lo spezzettò tra le mani, sporcandosi un dito di resina "Può funzionare, oggi devono essere passate delle volanti da queste parti, o comunque dei mezzi di soccorsi dato quello che è capitato stanotte, quindi potrebbe essere credibile. Non saremmo nemmeno i primi a subire un'aggressione da queste parti. Come la induciamo a dire qualcosa di compromettente?"

Lei inclinò la testa perplessa; fosse stata un fumetto le sarebbe uscita a fianco della testa una nuvoletta con dentro scritto "?".

"Amore, basta farla parlare, poi pian piano viriamo su altro; sul fatto che se non ci avesse preso alla sprovvista l'avremmo sistemato noi..." e alluse con lo sguardo al coltello "...che già in passato siamo stati vittima di aggressioni mentre eravamo nei boschi e allora ci eravamo ben difesi, legnandoli per benino poi... poi ci penso io."

Finito di trastullarsi con il legnetto, Carlo ne prese un altro, più spesso e ricominciò da capo "A cosa ci pensi?" indagò. Gli pareva quasi di intuirlo, quello che pensava la sua ragazza, ma sperava di sbagliarsi. 

Girò lo sguardo per non fissarlo negli occhi, non era sicura di come avrebbe preso la faccenda e in verità lei stessa non si sentiva certa di giocarsela in quel modo; le pareva un'infamata verso chi non poteva fingere la cosa. "Beh pensavo... potrei... per spingerla ad aprirsi... a fingere in passato di essere stata... diciamo, che qualcuno abbia fatto con me... senza il mio consenso. Insomma hai capito?"

Il crack sordo del rametto fu già una risposta, poi venne quella vera "Scherzi vero? Vuoi fingere di essere stata stuprata per farla parlare?"

Il colore delle sue guance virò dal rosato al cremisi, mentre le ombre si allungavano ai loro piedi "Contiamo sulla solidarietà femminile?"

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