...tu nebbia impalpabile e scialba...

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La lettura era proceduta rapidamente e in breve tempo erano finalmente arrivate all'ultima pagina. Dopotutto, come aveva preannunciato Giusy, non mancava troppo alla conclusione del racconto, e una volta ripreso non era stato difficile per le giovani perdersi nuovamente tra le pagine.

La sera aveva ceduto gradualmente il posto alla notte. Sugli alberi le cicale continuavano instancabili il loro perpetuo concerto ed erano quasi assordanti. 

Entrambe le giovani si stavano godendo la quiete, cullate da quella musica della natura che era da sempre la colonna sonora delle loro estati. Nell'aria, sempre più pesante e densa di umidità, andava alzandosi una leggerissima brezza che portava loro sollievo. Dentro casa il vociare si era fatto più intenso; nessuno degli anziani mostrava segni di cedimento e imperterriti continuavano a giocare a carte.

Giusy, con il libro immobile all'ultima pagina, ruotò lo sguardo e contemplò la leggerezza con la quale la sua amica aveva incrociato le gambe sul dondolo, con i piedi sotto le ginocchia, mentre si teneva queste ultime con le mani e ciondolava il capo ad occhi chiusi a destra e a sinistra. E se in quel momento un suo ginocchio le premeva spigoloso contro la pancia, chi era lei per interrompere quel suo attimo di indicibile pacatezza?

Il dondolio della sua testa era quasi ipnotico e ogniqualvolta si allontanava dall'altro lato, temeva di non vederla tornare indietro. Buffo come pensiero. Quando poi inevitabilmente ripiegava il capo verso di lei, prima di una flebile folata mossa dai suoi capelli, le arrivava qualcosa alle narici, un mesto effluvio piacevole. Non era in grado di metterlo a fuoco, capiva solo che sapeva di... felicità. 

Si riscosse dal torpore, scuotendo la testa. Forse le si erano serrate inconsciamente le palpebre, la stanchezza non le mancava di certo, e aveva viaggiato per un attimo nel mondo oltre la veglia. Meglio non far vedere a Mery che si era assopita. Le poggiò una mano sulla spalla e la scosse delicatamente.

"Ehi, dormi?" 

Formulò la frase dolcemente, proprio per paura di destarla di soprassalto.

Senza aprire gli occhi, cambiare posizione o dare qualunque segno di movimento, se non le labbra che si aprivano e chiudevano, le rispose: "No, sono in pace, mi stavo solamente rilassando."

Non mentiva. Per quanto fosse stanca, si stava solo godendo il momento.

"Guarda che scherzavo prima, se sei stanca e vuoi andare a dormire non è un problema." le sussurrò timidamente Giusy.

Le sarebbe dispiaciuto finire lì la serata, specie perché c'era una cosa che le premeva dirle e che rimandava da troppo. Solo a pensarci ci stava male, ma quella sera gliel'avrebbe confessato a tutti i costi. Doveva farlo, anche se l'idea di dirglielo le provocava un groppo allo stomaco, una sensazione di malessere che si diffondeva a macchia d'olio in ogni fibra del suo corpo. La faceva star male, ma forse quello era un bene <<Se ci stai male è perché ti importa veramente tanto della tua migliore amica.>>

Lo sguardo si perse nel vuoto, mentre la mente migrava, smarrita tra i pensieri che la tormentavano. Alla fine scivolò pigramente verso il tetto della stalla di fronte, attirato dalla luce della luna, che ne esaltava i rossi contorni.

"E dartela vinta così?" replicò prontamente l'altra "Piuttosto deambulo tutto domani, ma stasera staremo fuori assieme finché non sarai tu a cedere."

Si era resa conto che lo sguardo di Giusy si era fatto improvvisamente assente, ma aveva scelto di far finta di nulla. Sedici anni di rapporto fraterno erano troppi perché non si accorgesse che qualcosa turbava la sua amica ma, a differenza sua, lei non si faceva mai sotto. Aspettava sempre che fossero gli altri a rovesciarle addosso tutti i pensieri, belli o brutti che potessero essere. E come spugna non era niente male; era abituata ad assorbire le lamentele del prossimo, ma da qui a trasformarsi in un aspirapolvere, che tutto va a cercare, anche negli angoli più oscuri...

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