Nascondi le cose lontane,
 nascondimi quello ch'è morto!


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Quando il primo finisce con lei è ancora incosciente, non sente, non vede, non ode nulla.

Poi tocca al secondo e purtroppo stavolta non è così fortunata; una fitta di dolore alla testa la risveglia bruscamente, là, dove quell'ignobile essere l'ha colpita con un bastone, tanto forte da farle perdere i sensi e farla precipitare per terra.

È svenuta prima di toccare il suolo, per cui non si è nemmeno resa conto della piccola radice esposta che le si è conficcata in un'orbita oculare, ma adesso che si sta riprendendo, d'un tratto ogni scarica di dolore le presenta il conto. Gli occhi vanno a fuoco, da uno vede tutto rosso; è stata strattonata mentre era priva di sensi, la radichetta le ha lasciato un piccolissimo foro nel globo oculare che si infetterà, ma quello riuscirà a essere curato con una forte dose di antibiotico.

Un'infezione curabile, trattabile con una forte dose di antibiotico. Per un occhio non ci sarà nulla da fare, questo apparirà subito evidente. Per l'altro invece le speranze permarranno più a lungo. I medici cercheranno di salvarlo pulendolo accuratamente dal fango, ma il mattino del terzo giorno i loro tentativi si riveleranno vani, e anche loro saranno costretti ad arrendersi davanti all'evidenza di quello sguardo sempre più opaco e lattiginoso.

Ci vorranno quattro giorni di ospedale, per i dottori, per rendersi conto che la vista le sarà preclusa per sempre, ma il trauma maggiore impiegherà quasi due mesi a presentarsi.

Il dolore alla testa l'ha destata, sente il sangue colarle leggero tra i capelli; la pacca è stata forte, la sofferenza lo è altrettanto, ma la ferita non è grave né profonda.

Le escoriazioni e i graffi fanno male, i lividi si sentiranno in seguito, di questo ha la certezza, ma è l'impossibilità di muoversi a fare più male; qualcuno la sta tenendo giù, inchiodata a terra.

Quel poco di mondo che vede lo percepisce sfocato e rosso.

La nebbia ora si è leggermente diradata, soprattutto sopra di loro; la luna, infida e beffarda, adesso li illumina appieno con i suoi raggi.

Se fosse appena più lucida maledirebbe quel satellite, che nel momento del bisogno si era nascosto e ora la osserva in muto silenzio, quasi prendendosi gioco di lei, con quell'immensa palla bianco gialla che rischiara la zona circostante e la sua sventura.

Perfino i due aguzzini se ne accorgono e alzano gli occhi al cielo.

Lei non lo sa, non riesce a vederli bene, ma loro, dopo aver abbassato gli occhi dal corpo celeste, si guardano e digrignano i denti, senza nemmeno fare lo sforzo di mascherare quella gelida risata.

Sono i soli suoni emessi a fare rumore; le sue corde vocali, che prima erano state lese dal laccio che aveva provato a strangolarla, hanno preso il colpo di grazia, con tutto quell'urlare alla ricerca della sua amica che le ha fatto perdere la voce.

Ma, anche se potesse gridare, chi mai la sentirebbe?

Uno, quello che la trattiene, ha una grossa torcia tra i denti che utilizza per fare luce al compagno.

Le ginocchia le ha ben piantate sulla sua spalla e sul suo braccio destro; se caricasse meglio il peso rischierebbe di romperle alcune ossa. Non che a lui importi, naturalmente.

Nel mentre le mani sono impegnate altrove; una cinge la spalla sinistra artigliando al contempo la camicetta, mentre l'altra è stretta al petto.

Gli occorre per non farla dimenare, per tenerle su l'altro lato della maglietta in modo sgangherato con il polso e per strizzarle dolorosamente il seno destro. Non gli è bastato quello che le ha inflitto mentre era svenuta, vuole continuare a violarla.

Lei sente le dita premerle sul seno e grida quando gli grinfiano il capezzolo.

Dalla bocca non esce più di un flebile rantolo, un mugugno che ha la colpa di eccitare maggiormente quello che al momento vede sopra di lei e che percepisce tenerle le gambe allargate. Tenta di stringerle, invano, altre grida soffocate le sfuggono dalle labbra, ma hanno il solo risultato di infervorare quel maledetto essere, che in parte riesce perfino a mettere a fuoco, ma non ci si sofferma più di tanto.

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