- CAPITOLO 3 -

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SOPHY

«Buongiorno, dormito bene?» la salutò Meg, stranamente allegra, entrando in ufficio pochi istanti dopo l'arrivo di Sophy.

«Non proprio. Ho faticato davvero tanto a prendere sonno» commentò Sophy.

Meg la squadrò con quello che a Sophy sembrò uno sguardo vagamente preoccupato. «Dovresti uscire di più» le disse con un'alzata di spalle. «Passi tutte le tue serate chiusa nella tua stanza a non riuscire a dormire, non penso che faccia bene...»

«Tu hai dormito bene?» chiese Sophy interrompendo sul nascere la ramanzina di Meg in merito alla sua incapacità di socializzazione. Non era la prima volta che la ragazza provava a convincerla a conoscere un po' di luoghi e un po' di gente accusandola di essere un'asociale. Quello che Meg non capiva era che lei non aveva difficoltà a relazionarsi con gli altri, lei semplicemente non voleva socializzare con gli abitanti della Struttura.

«Anch'io ho dormito ben poco» rispose Meg con quella che sembrava una chiara nota maliziosa nella voce.

Solitamente Sophy non avrebbe indagato oltre, ma in quel caso distrarre l'attenzione di Meg poteva tornare molto utile al suo piano: «Dal luccichio che vedo nei tuoi occhi immagino non sia stato a causa dell'insonnia...» abbozzò sedendosi accanto a lei e facendo attenzione a posizionare, con apparente noncuranza, la mano con indosso lo SmartRing in direzione della tastiera della collega.

«I miei occhi non luccicano affatto! Ma diciamo che mi sono divertita» dichiarò Meg mordicchiandosi le labbra cariche di rossetto scuro mentre digitava le sue credenziali con la consueta velocità. «Ora però non chiedermi i dettagli, non siamo abbastanza amiche per quelli».

Sophy annuì ridacchiando. I dettagli non le importavano. Aveva già ciò che le interessava davvero: il suo SmartRing era stato acceso sulla modalità videocamera per tutto il tempo. Per ottenere le credenziali di Meg ed avere libero accesso alle immagini di Nick, a Sophy sarebbe bastato riguardare il frammento di registrazione in cui le dita della collega correvano veloci sulla tastiera.

Quel giorno Sophy faticò moltissimo a rimanere concentrata sul suo noiosissimo lavoro. Si occupò della compravendita di un appartamento della periferia di MitoCity, di una lite sfociata in rissa fuori da un locale che lei non aveva mai frequentato, delle lamentele di un'insegnante prossima alla pensione e della causa di divorzio tra due persone che ricordava come i suoi innamoratissimi vicini di casa. Consegnò con un click l'ultima scheda riassuntiva un istante prima della fine del suo turno, salutò Meg con l'ennesimo accenno alla notte di fuoco da lei appena vissuta e poi si fiondò fuori dall'ufficio con il cuore in gola e lo stomaco in subbuglio.

Raggiunse il suo appartamento in tempi record, si chiuse frettolosamente la porta alle spalle, accese lo SmartRing, riguardò la registrazione diverse volte studiando con attenzione la combinazione di tasti premuti dalle dita di Meg. Poi proiettò lo schermo sulla parete vuota davanti al divano e aprì il programma che le serviva. Meg le aveva spiegato come scaricare il software di monitoraggio di MitoCity sull'anello in modo da poter lavorare, in caso di necessità, anche da remoto (cosa che, Meg si era premurata di raccontarle, a lei non era mai servita). Sophy si sedette sul divano e, pregando in silenzio che tutto andasse bene, digitò sull'ologramma di una tastiera, le credenziali rubate a Meg. Aveva le mani che le tremavano e il cuore che le pulsava nelle tempie. Pochissimi istanti dopo la consueta schermata piena di riquadri apparve sulla parete del salotto.

Gli occhi di Sophy corsero frenetici tra quei frammenti di vita di MitoCity. Famiglie al parco, clienti tra le corsie dei supermercati in cerca degli ingredienti giusti per preparare la cena, coppie per mano... Sophy avrebbe potuto scrivere il nome di Nick o quello dei suoi cari sulla barra di ricerca, ma non lo fece. Voleva vedere tutto. Faceva male, ma era anche la cosa giusta da fare. Ogni giorno, accedendo a quel sistema di monitoraggio, Sophy si rendeva conto di una cosa scontata quanto sconvolgente: la vita a MitoCity stava andando avanti anche senza di lei. Per tutti. Le persone, anche quelle che le avevano voluto bene, vivevano serenamente le loro vite mentre lei li osservava vigliaccamente dall'alto. Aveva preso atto anche di qualcos'altro: senza di lei tutti sembravano vivere meglio. Prima il Giocatore, con il suo sadico gioco apparentemente mortale e poi Nick, con le sue innate capacità da leader, avevano sedato la guerra civile e ora MitoCity era tornata a vivere pressoché in pace. Lei invece cosa aveva fatto per il suo popolo? L'aveva solo aizzato ed innervosito. Lei non era mai stata la fiamma che rischiava di bruciare MitoCity ed il suo equilibrio. Ma era stata l'accelerante che aveva permesso all'incendio di diffondersi distruggendo tutto. Ora che l'incendio era stato sedato, era giusto che lei rimanesse lontana.

MITOCITY 3 - La StrutturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora