- CAPITOLO 61 -

21 3 0
                                    

- 61 -

MARCUS

Poco prima

Quando Marcus aveva ascoltato Sophy e Derek fare discorsi di morte ed omicidio aveva sentito il proprio cuore andare in pezzi.

Sophy, la bambina alla quale aveva insegnato ad andare in bicicletta e a fare le divisioni in colonna, era stata costretta a spezzare con le proprie mani una vita; quella di un ragazzo che conosceva sin da quando erano entrambi bambini.

Anche se i due ragazzi non ne avevano parlato a chiare lettere, Marcus aveva capito che si trattava di Ivan. Quando Derek era tornato all'hotel stringendo Sophy tra le braccia aveva accennato ad un aggressione da parte del giovane Alvarez e per Marcus non era stato difficile fare uno più uno.

Era stato proprio per via di quel cuore spezzato e dei tanti sensi di colpa, che aveva deciso di mettere in pausa i propri piani per andare lui stesso a risolvere la questione. Mentre i ragazzi erano impegnati nell'ennesima emergenza causata da Petra, Marcus era sgattaiolato verso il Portale che sapeva lo avrebbe condotto alla Struttura. Felicity lo aveva visto allontanarsi e, capendo al volo il suo intento, come solo chi ti conosce da sempre può fare, si era limitata a rivolgergli un sorriso triste ed intriso di complicità.

Marcus, che aveva vissuto per un po' alla Struttura, sapeva dove trovare l'ufficio di Petra e anche dove procurarsi un'arma. Percorse indisturbato una serie di lunghi corridoi, si munì facilmente di una pistola e, dopo un profondo respiro spalancò la porta con un calcio.

«Marcus! Non mi aspettavo di vederti qui» esclamò Petra, per nulla turbata. «Il tuo piano prevedeva...»

«Il mio piano non ha nulla a che fare con questo» sussurrò Marcus guardando con odio quel viso gentile che lo aveva aiutato ad andarsene da lì e gli aveva dato una seconda opportunità di realizzare il proprio sogno visionario.

«E con cosa ha a che fare, allora?» Petra era calma, sempre troppo calma. Appoggiò le spalle allo schienale alto della sua poltrona e allungò le braccia sulla disordinata scrivania.

Alle sue spalle, immobili come statue di cera, sostavano quattro uomini alti e forti con gli sguardi più vuoti che Marcus avesse mai visto. Forse la loro presenza infondeva sicurezza a Petra, ma nessuno di loro sarebbe stato abbastanza veloce da fermare il proiettile che lui le avrebbe sparato dritto in mezzo agli occhi.

«Hai commissionato l'omicidio di Sophy». Quella di Marcus non era una domanda.

«Il suo ed anche quello di Derek, se questo può rincuorarti».

Marcus sentì un'ondata di rabbia montargli nel petto ma rimase immobile, la mano posata innocentemente sul fianco, laddove i vestiti celavano la pistola pronta all'uso.

«Ad ogni modo ho decisamente sopravvalutato quell'Ivan» continuò Petra. «Ma credo che questo sia un errore che abbiamo fatto in molti. Sai, in fin dei conti non mi dispiace che sia morto, era una mina vagante».

Il tono leggero con il quale Petra parlava di diciannovenni mandati a morire fece venire i brividi persino ad un uomo vissuto e spietato come Marcus Catting.

«Hai commissionato l'omicidio di mia figlia!» ripeté, urlando.

Le guardie alle spalle di Petra sembrarono irrigidirsi, ma nessuno di loro si mosse.

«Non era davvero tua figlia» lo canzonò lei con un movimento noncurante della mano.

Quelle, decise Marcus in un impeto d'ira, sarebbero state le sue ultime parole.

«Ed io non sono mai davvero stato dalla tua parte».

E sparò.

A Marcus sembrò di vedere il proiettile muoversi al rallentatore, dalla canna corta della pistola che stringeva con una sola mano, fino al centro esatto della fronte di Petra. Quando il piccolo oggetto metallico trafisse la pelle, la carne, le ossa e la materia cerebrale della donna, Marcus fece un lungo respiro. Prima che le guardie potessero muovere un muscolo, il corpo di Petra si afflosciò sulla scrivania ingombra di fogli sparsi ed oggetti vari.

Petra Hardy era morta.

Il suo omicidio non era mai stato nei piani di Marcus, al contrario l'uomo contava di poter ancora sfruttare il potere e l'influenza di Petra in futuro... Ma, per una volta, aveva ceduto al suo istinto di protezione nei confronti di Sophy. Lo aveva fatto principalmente per lei, per evitarle un nuovo dolore. Marcus sapeva quanto potesse fare male togliere una vita: lui stesso aveva sofferto in silenzio per mesi dopo aver ucciso Carlos Alvarez e non voleva che sulle spalle esili della sua bambina si aggiungesse anche quel pesante fardello.

Inoltre una parte di lui bramava davvero la redenzione e, anche se l'omicidio non era esattamente il miglior biglietto da visita per qualcuno intenzionato a redimersi, era certo che quella situazione in particolare costituisse un'eccezione. Forse finalmente avrebbe ottenuto il perdono di Sophy, dei suoi amici e, sopra ogni altra cosa, di Felicity. Lei lo aveva ormai sostituito con quel preside, un uomo così scialbo e ordinario! Però era evidente che si amavano, e Marcus, giorno dopo giorno, aveva imparato ad accettare quella realtà. Felicity sarebbe stata felice con quel Pepperdot e a lui, a quel punto, andava bene così. Il sorriso che lei gli aveva rivolto mentre si stava allontanando di soppiatto dal Limbo gli era bastato a rendersi conto che lei aveva capito che sarebbe andato ad uccidere Petra e che lo avrebbe fatto per il bene di Sophy.

Marcus, che si era lasciato trasportare da quei pensieri, si rese conto solo in quel momento che gli scagnozzi di Petra, dopo la morte della padrona, non si erano più mossi. Marcus si era aspettato di doverli combattere, ma si accorse di non averne più bisogno.

Non appena la vita aveva abbandonato il corpo di Petra, quegli uomini erano in qualche modo cambiati. I loro fisici erano ancora possenti e brutali, ma i loro sguardi no. Uno di loro si avvicinò a Marcus, gli occhi carichi di quella che sembrava gratitudine.

«Ci hai liberati, ti siamo debitori» disse con voce limpida.

Marcus non credeva ai proprio occhi. Cosa aveva fatto Petra a quelle persone?

«Eravamo completamente assoggettati a lei» spiegò un altro soldato prima che Marcus potesse chiedere. «Non ho idea di come sia successo. Un attimo prima eravamo nel suo ufficio, pienamente in possesso delle nostre facoltà e un attimo dopo eravamo intrappolati nei nostri corpi... gestiti da lei».

Marcus non poteva credere alle proprie orecchie. Come aveva fatto Petra a renderli schiavi? Probabilmente si trattava di qualche sostanza simile agli Inibitori, ma infinitamente più efficace, forse interconnessa direttamente con il sistema neurale di Petra. Era un concetto affascinante quanto spaventoso. Spaventoso al punto che Marcus si rifiutò di prenderlo in reale considerazione. Conosceva sin troppo bene i propri limiti e i propri punti deboli e l'ossessiva necessità di controllare tutto e tutti era in cima alla lista. Sarebbe stato facile procedere nel suo piano disponendo di un simile potere, ma non lo avrebbe fatto. Questa volta era seriamente intenzionato a ricominciare da capo, a cambiare, a redimersi.

«Ancora grazie» aggiunse un terzo uomo. «Per qualsiasi cosa conti su di noi, Signore. Come ha detto il mio collega: le siamo debitori».

Marcus soppesò le sue parole. Ora che si era allontanato da MitoCity il suo piano si era indubbiamente complicato e, anche se il suo espediente del chip d'accesso manomesso gli aveva fornito un notevole vantaggio, non poteva pensare di riuscire a portare a compimento il suo piano completamente da solo. Forse quell'ultima buona azione, se uccidere qualcuno poteva essere considerata tale, era appena stata ripagata.

«Beh, a dire il vero una cosa che potreste fare per meci sarebbe...» 

MITOCITY 3 - La StrutturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora