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SOPHY
Sophy attraversò il corridoio che portava all'ufficio di Nick gioendo di una cosa alla quale, in tutta la sua vita, non aveva mai davvero dato peso: la possibilità di camminare.
Essere in grado di muovere le proprie gambe, spostandosi liberamente nello spazio è per l'essere umano una delle cose più naturali del mondo, eppure nessuno è veramente consapevole di quanto quella possibilità sia importante finché, disgraziatamente, non la perde. E questo, purtroppo, era ciò che era accaduto a Felicity. L'incidente che l'aveva coinvolta l'aveva lasciata in coma per tre lunghi giorni, ma al suo risveglio le sorprese non erano finite: Felicity non era più in grado di muovere le gambe. Sophy, quando era sopraggiunta in ospedale con Nick, aveva insistito per essere al fianco della madre adottiva quando i medici le avrebbero comunicato quella drammatica realtà. Felicity era crollata in un lungo pianto disperato e Sophy non aveva saputo far altro che stringerle la mano, piangendo con lei. Diverse ore dopo, così come erano arrivate, quelle lacrime si erano dissolte ed erano state sostituite da un accenno di sorriso che, però, non era riuscito a raggiungere gli occhi.
«Sono viva. E questa è la cosa davvero importante» aveva detto rivolgendosi a Sophy e Nick dal proprio letto d'ospedale. «A quanto pare sarò inchiodata per il resto della mia vita ad una sedia a rotelle, ma questo non mi impedirà di crescere i miei bambini e di amarli con tutta me stessa».
«È così...» aveva annuito Sophy commossa, mentre Nick le cingeva le spalle.
«Sono felice di non essere morta» continuò Felicity. «Punto e basta. A tutto il resto mi abituerò. Devo farlo».
A quel punto Sophy l'aveva abbracciata. Si era sentita estremamente fiera di quella risposta carica di ottimismo e d'amore, eppure non riusciva a smettere di dispiacersi per il destino di Felicity. E poi c'era il senso di colpa: se la sua madre adottiva era rimasta paralizzata dalla vita in giù non era solo per colpa di Ivan, ma anche sua. Era lei che quel maledetto opportunista aveva voluto colpire e per Sophy quella consapevolezza era un peso davvero opprimente da portare sulle spalle.
Quella mattina, come sempre da quando Felicity si era risvegliata, Sophy era andata a trascorrere qualche ora con lei. Dopo il suo risveglio, la donna non si era ricordata subito della figlia adottiva, ma ogni minuto che trascorrevano insieme sembrava in grado di sbloccare un nuovo ricordo tanto che, in quei pochi giorni, il loro legame non aveva fatto che crescere e diventare sempre più profondo. Sophy e Felicity avevano chiacchierato e riso per ore mentre la donna si riprendeva dallo shock e familiarizzava con la tecnologica sedia a rotelle. Sophy non aveva avuto modo di scoprire da dove arrivasse quell'oggetto tanto moderno ed efficiente, ma in cuor suo sospettava che ci fosse di mezzo lo zampino di Derek.
Sophy mosse l'ennesimo passo lungo il corridoio e si trovò di fronte alla porta dell'ufficio di Nick. Bussò ma non rispose nessuno.
«Oh, lui non è lì» annunciò una voce nota alle sue spalle.
Sophy si voltò e... «Sally!»
«Sophy!» gridò l'altra di rimando, riconoscendola al volo. «Sei proprio tu! I racconti di Nando mi avevano fatto tornare alla mente qualcosa riguardo una mia migliore amica dimenticata, ma solo ora che ti ho davanti realizzo che non era uno scherzo!»
Si abbracciarono con slancio, in mezzo al corridoio. I capelli di Sally erano morbidissimi e profumavano di vaniglia.
«Mi sei mancata tantissimo» confessò Sophy. Era tornata a MitoCity da qualche giorno ormai, ma era stata completamente assorbita dalla disabilità di Felicity e... beh, da Nick.
«Eppure hai passato gran parte del tempo chiusa in camera con Nick invece di venire a trovarmi!» la rimproverò Sally con fare divertito.
«Già» ridacchiò Sophy. «A dire il vero temevo di leggere nel tuo sguardo la stessa sfiducia che leggevo in quello di Nando...»
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MITOCITY 3 - La Struttura
Science Fiction-- sequel di "MitoCity - il Segreto" e di "MitoCity - Il Giocatore" -- "Lei non era mai stata la fiamma che rischiava di bruciare Mito City ed il suo equilibrio. Ma era stata l'accelerante che aveva permesso all'incendio di diffondersi distruggendo...