Capitolo 4

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Lili

Dopo essermi ripresa un attimo, Grace riprende il giro.
-Questa è la biblioteca. Hai a disposizione un migliaio di libri. -
Resto sbalordita quando entro. È enorme.
Gli scaffali infiniti sono pieni di libri, vecchi e nuovi.
-Wow.- sussurro.
-Gia-. Questa è la parte più bella di questo posto. -E con questo finisce il nostro tour, sono dieci dollari.-
Scherza, ormai sto capendo come è fatta.
-Sai, quando la direttrice mi ha consegnato le chiavi mi ha detto che le dispaiceva per me, perché sarei stata in camera con te. - le confesso.
-Non ne avevo dubbi, quella vecchia via mi odia.- alza le spalle.
-Pensavo fossi tipo una teppista o qualcosa del genere. - rido al ricordo di quel pensiero. -Però ora non capisco perché lo abbia detto. Sei una persona simpatica.-
Le spunta un piccolo sorriso. -Nessuno pensa che io sia una teppista, è la direttrice che mi dipinge così.-
-Perché?-
-Non sono una santa. Facevamo un po' di casini anni fa. -
Non mi sfugge quel "facevamo" - Tu e chi?-
Sospira. -Io, Jack e Julian, c'era anche altra gente ma è andata via.-
Sono confusa. -Aspetta. Tra te e Jack non c'è un odio infinito? A mensa sembrava vi sareste uccisi sul momento. -
Ci siamo spostate all' esterno.
C'è una bella brezza fresca, diversa da quella che ho sentito ieri.
Grace si siede sull'erba, sotto un grande albero. - Noi tre da piccoli eravamo amici, cambiavamo un casino dietro l'altro. I professori, la direttrice, insomma, quasi tutti, ci odiavano. - le viene da ridere al ricordo.
-Passavamo giornate intere insieme, ma poi abbiamo litigato ed è finito tutto.-
La guardo, sono interessata a tutta questa storia. -Come?-
Mi dà un buffetto sulla fronte. -Sei un' impicciona-
Mi massaggio il punto dove mi ha colpito, ma lei continua.
-Tre anni fa Jack ha ideato uno... "scherzo" un po' particolare, che sicuro al 100% ci avrebbe fatto cacciare. Io e Julian non abbiamo accettato e lui si è offeso, abbiamo litigato ma quel testardo ha ugualmente messo in pratica la sua idea.
Due giorni dopo uno ad uno venimmo chiamati dalla direttrice per, come diceva lei, due chiacchiere. In realtà era un interrogatorio per capire chi fosse stato. -
Sono soggiogata dal suo racconto. -Che aveva fatto?-
-Ha devastato l' ufficio della Cliff. C'erano scartoffie ovunque, aveva allagato il pavimento e distrutto una delle sue statuette di porcellana preferite.-
Mi ricordo di aver e viste alcune sulla libreria dietro la scrivania della direttrice.
-Insomma, Julian non dice nulla e neanche io. Poi ci minaccia. Ci dice che se non diciamo chi è il colpevole ci rimanda tutti e tre a casa e io... Io l' ho venduto. - sento rimorso nella sua voce. -L'hanno scoperto e da allora mi odiano. Non me ne pento, non posso tornare a casa. -
Non chiedo il perché della sua ultima affermazione. -Ne hai parlato con loro? -
Scuote la testa.
-Dovresti, capiranno. -
Storce la bocca. -Non credo. - si alza, cambiando di nuovo umore. -Dai, torniamo dentro.-

Sono in biblioteca e girovago tra gli scaffali alla ricerca di qualche lettura leggera.
Non sono una che ama leggere tutto il giorno, preferisco ascoltare la musica. Come sto facendo ora.
Le cuffie lilla che mi hanno regalato i miei genitori a natale riproducono la mia play list preferita.
Mentre canticchio 7 Rings di Ariana Grande leggo i vari titoli disponibili nella sezione classici.
Orgoglio e pregiudizio. Il ritratto di Dorian Gray. La lettera scarlatta.
Tutti libri che ho già letto.
Con la coda dell' occhi percepisco una persona.
È quasi totalmente nascosta dietro lo scaffale. Mi guarda. O almeno è questa la sensazione.
Inizio a sudare freddo.
È di nuovo lei, quella presenza di ieri?
Mi giro verso l' ombra.
Non c'è nessuno.
Mi gautdi intorno, ci sono altre persone in biblioteca, ma nessuno si accorge di nulla.
Aggiro lo scaffale, pensando di trovare quella cosa. Ma, ovviamente, non trovo niente.
Maledetti cliché.
Con il sangue che mi si gela nelle vene esco da questo posto e accelero il passo.
Mi sento seguire.
Questa volta, quando capisco chi è, tiro un sospiro di sollievo.
-Elian, sei tu.- dico mentre appoggio una mano al muro per sorreggermi.
-Tutto bene?- è preoccupato. -Sei pallida. Ti ho vista uscire di corsa dalla biblioteca e ho pensato stessi male.-
-No, sto bene. - più o meno.
Mi tende la mano. -Ti accompagnato in infermeria? Stai sudando e sei bianca come un lenzuolo. -
Scuoto la testa. -No, grazie. Potresti venire con me mentre torno in camera?-
-Certo. -

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