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17 novembre. Era un giorno per me indimenticabile. Il 17 novembre di ogni anno mi prendevo una giornata libera, spegnevo il cellulare e salivo in auto. Era un giorno dove aleggiava nell'aria la tristezza e la malinconia, come sentimento primario, e molte altre emozioni, ma la tristezza era quella più forte.
La sveglia suonó, ma io ero già sveglia. La spensi e mi alzai, mi trascinai in cucina preparandomi una tazza di caffè. Dopodiché andai a farmi una doccia e dopo essermi cambiata afferrai le chiavi ed uscí. Salì in auto e misi in moto partendo. Mi fermai lungo il tragitto e comprai dei gigli bianchi, dopodiché ripartí. Mezz'ora dopo parcheggiai l'auto in un grande parcheggio e scesi afferrando i fiori sul sedile. Oltrepassai il grande cancello e camminai lungo un tragitto fatto di erba, ghiaia e sassi.
Dopo un pó mi fermai guardando avanti a me.

"Ciao mamma, ciao papà" mormorai alla lastra di granito dove c'erano i nomi e le foto dei miei genitori. Tirai fuori una pezza e pulí la tomba dopodiché ci posai i gigli bianchi, i fiori preferiti di mia madre. Mi sedetti a terra a gambe incrociate, incurante del fatto che così mi sarei sporcata. Oggi era il quindicesimo anniversario dalla loro morte. Da quando la mia vita era cambiata radicalmente, da quando anch'io ero cambiata.
Rimasi lì per diverse ore, a fissare quella lastra fredda, lasciando che il dolore per la loro perdita prendesse il sopravvento su di me. Solo un giorno all'anno dove ero da sola e potevo abbassare le barriere che avevo creato negli anni per superare la loro perdita.

Quando mi rialzai mi scrollai la terra dai pantaloni e posai una mano sulla tomba.

"Mi mancate" sussurrai infine prima di uscire dal cimitero e risalire in auto per dirigermi nel ristorante dove avevo pranzato con i miei per l'ultima volta. Avevo un rito in quel giorno, ogni anno facevo le stesse identiche cose.

Arrivai davanti al ristorante e parcheggiai concedendomi un minuto prima di scendere e avviarmi all'interno.

"Jackie?" Mi voltai confusa riconoscendo poi Sarah.

"Sarah?" Dissi io sorpresa.

"Non sapevo che Tara avesse invitato anche te a pranzo"

"Tara?" Dissi prima che una mezza idea prendeva strada nella mia mente.
Stava per dirmi qualcosa quando le arrivó un messaggio.

"Dice che è stata chiamata per un'emergenza e che non riesce a venire e mi dice di salutarti" fece rialzando lo sguardo dal cellulare. Quella stronza lo aveva fatto di proposito, perché lei era l'unica che sapeva del mio rituale e dei posti in cui andavo.

"E pranzo sia" dissi alla fine aprendole la porta è facendola entrare, la osservai nei suoi passi quando un cameriere ci indicò un tavolo. Senza accorgermene spostai la sedia di Sarah per farla accomodare, vidi un cenno di sorpresa sul suo viso e poi presi posto avanti a lei.

Continuai a guardarla da dietro il menù, Tara questa volta l'aveva fatta grossa e non perché mi aveva organizzato una specie di appuntamento con l'inganno, ma perché aveva scelto proprio quel giorno. Anche se non so come la vicinanza a Sarah mi faceva stare bene.

"Che mi consigli?" Mi chiese lei distogliendomi dai miei pensieri e con un sorriso le presi a dirle quelli che secondo me erano i più buoni e in poco ordinammo.
E dopo un inziò di conversazione dove eravamo entrambe un pó in imbarazzo, prendemmo a parlare con poliu tranquillità e spensieratezza. L'ascoltavo rapita, aveva un modo di porsi che mi ipnotizzava a lei. Quando fu il momento di pagare, ci fu una piccola discussione ma alla fine la spuntai io, così ora eccoci qui a passeggiare per digerire il pranzo al meglio.

"Come mai hai scelto di entrare nei vigili del fuoco?" Mi chiese ad un certo punto facendomi così tornare in mente il peso di quel giorno. E ora cosa le dico? Mi domandai. Non volevo sembrare maleducata, ma non me la sentivo di dire la verità.
"Domanda troppo impegnativa?" Aggiunse guardandomi con un sorriso vedendo che ancora non rispondevo.
Risi imbarazzata grattandomi la testa, era così evidente?

"Scusami" dissi infine "comunque perché volevo aiutare le persone" dissi, alla fine anche questa era una verità.

"Scusami tu, non volevo essere troppo invadente" fece lei mortificata, al che mi fermai di colpo e lei con me guardandomi confusa.

"Non sei invadente" dissi mettendo subito in chiaro le cose "e che è difficile per me spiegare il motivo di questa scelta" mi ritrovai ad ammettere. Lei inclinò la testa su un lato e mi sorrise in modo dolce e mi ritrovai a guardarle di nuovo le labbra. Feci un grosso sforzo per spostare poi lo sguardo ai suoi occhi e vidi che lei si era accorta del mio sguardo e di dove si era posato poco prima. Le sue guance erano arrossire leggermente ed era così bella.
La mia mano si mosse da sola allungandosi verso il suo viso spostandole alcune ciocche e poi pogiarsi sulla sua guancia, come una carezza. Sentí il suo calore dalla mia mano e mi sentí tremare dentro. Ora o mai più. Mi dissi prima di inziarmi ad avvicinare alle sue labbra, ero a pochi centimetri, sentivo il suo respiro, quando un forte schianto ci riportó alla realtà ed entrambe scattammo in allerta. Ci guardammo e come se ci fossimo messe d'accordo corremmo verso il luogo dell'incidente.

Aspettavo Solo TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora