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Insieme alla polizia vagliammo ogni pista, ero più che sicura che il piromane era il tizio che avevo intravisto quel giorno, ma avevo promesso di non avere colpi di testa e di seguire le regole e così fu fino a quel momento. Stavamo tornando dopo un controllo fatto in una palazzina quando notammo diverse persone in strada che correvano, Josh rallentó per vedere cosa stesse succedendo e la radio all'interno del nostro abitacolo ci informó di un'emergenza proprio in quel quartiere. John rispose alla chiamata dicendo che eravamo vicino e nell'arco di qualche minuto arrivammo a sirene spianate. Scendemmo velocemente vendendo poi delle fiamme all'interno di un ristorante, dove alcune persone stavano scappando, ci preparammo e poi io e Josh entrammo per aiutare alcune persone rimaste all'interno ad uscire.
"Fuori di qui" urlai afferrando due persone e scortarle fuori per poi rientrare.
"Josh controllo le cucine" urlai al mio compagno di squadra per informarlo dei miei spostamenti, lui andó dal lato opposto. Quando mi assicurai che non ci fosse più nessuno procedemmo a spegnere l'incendio.

Ero fuori seduta sul marciapiede guardando quello che restava del ristorante davanti a me, eravamo riusciti a domarlo in fretta per fortuna e ora la mia testa libera dal pensiero del fuoco iniziò a lavorare. Quello era il ristorante in cui andavo una volta l'anno, l'ultima cena che avevo fatto con i miei genitori. Questo non era un caso, ne ero più sicura che mai.

"Jackie" Alzai lo sguardo verso il mio capitano.

"Non è stato un incidente" dissi. Lui mi guardó, sapeva quanto quel ristorante fosse importante per me. Lui conosceva la mia storia e il mio rituale annuale.

"Inizio a pensarlo anch'io" lo sentí dire prima di essere chiamato altrove.
"Quando torni in caserma vieni nel mio ufficio" disse prima di voltarsi e allontanarsi. Lo osservai e alla fine mi alzai per tornare in caserma, mi feci una doccia per cercare di far scivolare tutta la tensione che avevo addosso ma fu inutile. Una volta cambiata andai nell'ufficio del capitano.

"Vieni siediti, dobbiamo parlare" e così facemmo. Rimanemmo lí seduti a parlare per diverso tempo fino all'arrivo di Anderson.

"Se è così dobbiamo metterti una scorta" fece l'uomo guardandomi serio in viso.

"Non ho bisogno della scorta, ho bisogno che troviate quello psicopatico" dissi prima che il mio cellulare prendesse a suonare. Lo afferrai vedendo una chiamata da un numero sconosciuto.

"Pronto" dissi sotto lo sguardo dei due, sentí dei sospiri e mi si accese una lampadina.
"Se credi di farmi paura, non hai capito proprio niente" dissi con un tono gelido "non potrei nasconderti per sempre" aggiunsi e poi sentí il sangue gelarmi nelle vene.

"Sono rimasto nell'ombra per più di quindici anni, quindi le tue minacce non mi fanno paura" un moto di rabbia prese possesso di me.

"Staremo a vedere" dissi e la chiamata finí.

"Ok, ora ti metteremo una scorta e non si discute" fece Tom, non ammettendo repliche, io non risposi, non li ascoltai più. La mia testa ormai era altrove, lontano. Uscì dalla caserma salendo poi in auto e tornando a casa.
Chiamai Sarah per vedere cosa stesse facendo e se andava tutto bene, dopodiché mi misi a lavoro. Tirai fuori tutti i fascicoli di incendi dolosi negli ultimi quindici anni, non era stato semplice procurarseli, ma con gli anni ero riuscita ad averli. Da quando ero entrata in accademia il mio obiettivo principale era trovare colui che aveva ucciso la mia famiglia e ci sarei riuscita, fosse stata l'ultima cosa che avessi fatto.

Aspettavo Solo TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora