19. proteggersi da se stessi

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Appena sento i passi avvicinarsi al corridioio mi lancio sul letto e accendo il telefono aprendo la prima schermata disponibile.

La porta si spalanca poco dopo e Ares fa il suo ingresso nella stanza.

Lancia lo zaino in un lato sperduto della stanza, per poi storcere il naso.

<che puzza, cazzo.>Afferma guardandosi attorno per poi inchiodare lo sguardo sulla mia figura.

<Porca puttana, mi ero dimenticato della tua presenza> mi dice acido, io lo guardo male <beh, vedi di farci l'abitudine, d'altronde non ti sei lamentato quando era ora> gli rispondo ricambiando la sua acidità. <in effetti ora che mi ci fai pensare sarebbe stato meglio lasciarti in balia di uno psicopatico> mi risponde sarcastico, io non lo degno di nessuna risposta e torno con gli occhi sul telefono. Lo sento andarsi a coricare nel letto, cosi gli do le spalle e faccio partire una serie su netflix.

<Ma che merda ti stai guardando?> esclama Ares dopo quindici minuti. 

<Una mamma per amica> gli rispondo non curante. 

<Hai preso ispirazione da lei per la mania del caffe?> mi domanda ironico. 

Io mi volto solo fulminandolo con lo sguardo. 

<Sei permalosa per caso? Ti facevo una che si incazzava subito, ma anche permalosa mi mancava> mi prende in giro. Io sbuffo e mi volto di nuovo, e sta volta alzo al massimo il volume. 

<Vaffanculo> mi dice con la voce leggermente soffocata dal cuscino.

Dopo circa cinquanta minuti, ormai il sole calato, la stanza è avvolta dal buio. Il silenzio regna, apparte qualche rumore di notifiche proviente dal telefono di Ares abbandonato sul letto sfatto.

Lui è coricato con la pancia appoggiata sul materasso e la testa abbandonata sul cuscino, i capelli sono una massa sparsa sul cuscino. Visto così sembra quasi un angelo.

Sembra solamente però.

Mi siedo sul letto e rimango a fissare il vuoto, facendo spazio nella mia testa ai miei pensieri.

La preoccupazione per il futuro mi attanaglia lo stomaco, in un nodo invisibile ma terribilmente fastidioso.

Se si rifacesse vivo? Per ora non ciò pensato troppo, forse troppo presa dai cambiamenti nell'arco di poche ore, però ora che il silenzio si fa spazio in me non riesco a togliere questo pensiero dalla mia testa.

Decido di alzarmi e farmi una doccia, così una volta presa la roba facendo il più piano possibile mi avvio verso il bagno privato della camera.

Entro all'interno e accendo la luce, sbatto le palpebre piu volte per abituarmi alla luce improvvisa.

Per fortuna la camera di Ares è l'unica fornita del bagno interno, non avevo alcuna intenzione di incontrare altri esseri umani nello stato in cui sono. Tolto Ares che sono costretta a vedere per ragioni di forza maggiore, tutti gli altri eviterò di vederli, almeno per stasera.

Forse questo mio lato è quello che cerco di tenere nascosto il più possibile, lo considero un punto debole, e nel corso della mia vita ho imparato a non mostrare a nessuno le proprie debolezze.

Perciò una volta lavata e pulita, e dopo essermi assicurata che Ares stesse ancora dormendo, mi rimetto a letto coprendomi fino alla testa con le coperte.

Solo in questo momento lascio che le lacrime e la paura si propaghino per il mio corpo, in totale silenzio e solitudine. Pronta a rimettere domani la maschera della menefreghista e allegra ragazza.

Ma per stasera sono solo io, io e la mia vita incasinata.

Io e i miei guai che mi inseguino fin da quando sono bambina.

Forse è a questo che si riferiva il biglietto.

Sono sempre scappata dal caos che mi attanaglia, senza mai affrontarlo, e se questa fosse la resa dei conti?

Se a furia di fuggire fossi giunta ad un vicolo cieco?

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