Ares
Per quanto mi stia impegnando non riesco a distogliere del tutto lo sguardo da lei. È frustrante, soprattutto perché non so come mai.
Ho iniziato a notare che quando ho lei attorno inizio a cambiare, inizio a desiderare di essere migliore di come sono. Credevo fosse solo la tremenda e irrimediabile tensione sessuale che provo nei suoi confronti, ma andando avanti con i giorni sono quasi sicuro che non sia affatto quella la ragione. Certo influisce, ma sto solo cercando di nascondere la testa sotto la sabbia e di rifugiarmi in utopie.
<Tra quanto arriviamo?> mi domanda, ha abbassato leggermente la musica, così che si possa sentire la sua voce.
<Ancora dieci kilometri e siamo arrivati> gli dico, tornando ad osservare la strada, ormai è al limite dell'impazienza.
Lo capisco dallo sguardo che mi fa e dal modo in cui si sposta irrequieta sul sedile. Mi viene quasi da ridere, sembra una bambina che sta andando alle giostre per la prima volta.
Non so quanto possa essere una buona idea farla venire alla nostra vecchia casa, troppi ricordi mi legano ad essa. E sono pochi quelli piacevoli.
Voglio vedere se nonostante gli anni sia rimasto tutto uguale, da dopo la morte dei miei genitori siamo andati via e nessuno è più tornato. O almeno credo.
Accosto la macchina di fronte al grande cancello ormai arruginito. L'immenso edificio si apre su di noi, bloccandomi la gola e la bocca dello stomaco.
<Questa è la destinazione?> mi chiede rimettendosi il capotto e scendendo dall'auto. Il suo sguardo brilla di curiosità mentre osserva l'ambiente circostante.
<Non ti facevo una che si ferma alle apparenze> gli rispondo, cercando di recuperare il minimo controllo sulle mie sensazioni
<su seguimi> aggiungo, aprendo il cancello. L'unico rumore che si sente è quello arrugginito e fastidioso del ferro vecchio.
Lei non se lo fa ripetere due volte ma anzi mi raggiunge in poco. E non sembra neanche infastidita dai rumori o dalla completa devastazione del giardino.
<Non giudico le apparenze> mi dice difendendosi.
Non li dico altro, perchè la vista della grande villa mi toglie via ogni briciola di felicità.
Riformulo, è stata una pessima idea. Davvero, davvero pessima.
<Che posto è?> mi domanda lei, guardandosi attorno incuriosità.
Non so sinceramente che cosa mi è saltato in mente a portarla qui, era ovvio che mi avrebbe riempito di domande. è stato più un impulso personale. Non ero obbligato a farla venire qui, lei neanche era a conoscenza di questo posto.
<Casa mia> dico solamente, lei sbianca e sgrana gli occhi. Prevedibile.
<Cioè, questa> indica la vecchia dimora <è casa vostra?> mi domanda, incredula.
<Era casa nostra, prima della morte dei miei genitori> gli dico, non mi volto nella sua direzione ma inizio ad incamminarmi verso l'ingresso.
<Non vieni?> gli chiedo, contando che è rimasta indietro.
<Mh? Si arrivo> mi risponde.
Salgo i grandi gradini e mi avvio verso la porta.
<Quanti anni è che questa casa è disabitata?> mi domanda, affiancandomi.
<Dieci anni> gli rispondo, davvero tanto tempo ora che lo dico ad alta voce.
Nella mia testa e come se fosse successo ieri.
Gli spari.
Le urla disperate di mia madre.
I pianti dei miei fratelli.
Il cambiamento di Heric.
Il mutismo di Charles.
Il menefreghismo di Hades.
E la fine della mia serenità
<Cosa è successo?> mi domanda, costringendomi a guardarla negli occhi.
Se gliel'ho racconto nulla resterà uguale.
Sarà a conoscenza di gran parte della mia vita.
I suoi occhi sono fissi nei miei, uno strano calore mi si dirama nel petto. Non ho idea di cosa sia, però basta questo per darmi la sicurezza che mi serviva per aprire la porta del mio passato e portarcela dentro. Sono sicuro che capiro di più solo uscito di qua.
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A ritmo del tuo cuore
Romance•COMPLETA• VOLUME 1 Hazel Smith, solare e sbadata ha incominciato il suo secondo anno ad Harvard. Tutto sembra svolgere per il meglio. Fino al ritorno dei fratelli Davis, il loro passato è sconosciuto, nessuno riesce ad avvicinarsi a loro. Ares Davi...