Onore

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Quella sera, dopo la cena, John era tornato nella tenda del comando, immerso nei report della battaglia appena conclusa.

La luce fioca delle candele illuminava i fogli sparsi sul tavolo, e il silenzio era interrotto solo dal fruscio della carta e dal lontano mormorio dei soldati nel campo. La porta della tenda si aprì silenziosamente e Silvana entrò. Aveva tolto l'armatura e indossava una tunica tipica dei Prime, ma aveva comunque la spada al fianco.

"Augustus," disse Silvana, con un cenno di saluto molto formale, John alzò lo sguardo, riconoscendo subito l'aura di determinazione e grazia che la contraddistingueva.

"Legatus," rispose lui, mantenendo un tono formale. "Cosa ti porta qui, credevo fossi ancora a cantare con Caesar?"

"Caesar ha detto che andava a fare un giro e io ho deciso che ti dovevo fare una visita di cortesia, Nova Septimus," rispose lei, avvicinandosi. "

Iniziarono a parlare della battaglia, dei rapporti da compilare, delle difese da ripristinare, dei prigionieri da trasferire. Ogni argomento sembrava una scusa per evitare il vero discorso che entrambi sapevano di dover affrontare.

"Dunque, le difese sono state rinforzate," disse John, cercando di mantenere il tono professionale.

"Sì, e i prigionieri sono stati trasferiti senza ulteriori incidenti," rispose Silvana, guardando altrove. "E per quanto riguarda gli abitanti? Sono rientrati nelle loro case?"

"Stiamo lavorando su quello. Dragan è in prima linea con le squadre di ripristino," disse John, facendo scorrere il dito su un report.

Ci fu un lungo silenzio, carico di tensione. Entrambi fecero per parlare nello stesso momento, poi si interruppero, imbarazzati.

"John... non abbiamo più parlato dall'attacco sul fiume Angvar," iniziò Silvana, abbassando lo sguardo.

"Lo so. Ci sono stati tanti dubbi," ammise John, prendendo un respiro profondo. "Silvana, è tutto molto strano quello che stiamo facendo. Anche se uniti dalla cerimonia del filo rosso, siamo sempre stati distanti, in altri stati, o in guerra, in pericolo. Non abbiamo mai avuto il tempo di capire cosa significhi davvero essere fidanzati."

"Temo di non piacerti," confessò Silvana, la voce quasi un sussurro. "Tu sei un Nova e io sono dei Tiberias, una famiglia che non ha mai avuto grandi eroi, solo cavalieri di seconda linea. Ho paura che tu possa vedermi solo come una compagna d'armi, niente di più."

John si alzò e le prese le mani, fissandola intensamente. "Non è così, Silvana. Ti amo. Ti amerei anche se fossi di un'altra nazione, anche se fossi una semplice contadina."

"Mi ameresti anche se fossi una imperiale?" chiese Silvana, con una leggera ironia nella voce ma anche con una nota di speranza.

John sorrise, un sorriso pieno di affetto. "Sì, anche se con un po' di fatica, ti amerei anche se fossi una imperiale."

Poi, senza aggiungere altro, la prese per mano e la portò fuori dalla tenda. Attraversarono il campo, superando gruppi di soldati che li fissavano sorpresi. Alcuni curiosi fecero per seguirli, ma Caesar, intuendo l'importanza del momento, li fermò con un gesto.

John e Silvana si allontanarono dal campo, trovando un luogo tranquillo sotto il cielo stellato. Le stelle brillavano come gioielli nel manto scuro della notte. John si fermò e guardò Silvana negli occhi.

Poi nel silenzio della notte inizò a cantare:

"Per te, ballerò e sognerò, nel cielo, stelle accenderò.

Con te, volo tra le nuvole, nella danza, un cuore batterà.

Per te, il mio amore offrirò, con te, i miei sogni vivrò.

The mitrhil's Saga- Le storie di una principessa ribelle e della sua guardiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora