Le Nove Prove

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Un canto triste e solenne intonato da un misterioso coro si spandeva tra le alte volte della sala dove era stata portata.

Una volta udita la sua richiesta Elizabeth era stata privata delle sue armi e della corazza, le avevano fatto fare un bagno e le avevano dato da indossare dei pantaloni di stoffa nera, una giacca del medesimo colore, una cintura bianca e delle scarpe di stoffa.

Così vestita era stata portata in una grande sala finemente affrescata, il pavimento era in legno mentre le pareti ed il soffitto a volta erano in pietra, attorno a lei c'erano molti altri Spectrum seduti a gambe incrociate e con gli occhi chiusi.

John apparve di fronte a lei, indossava nuovamente la sua tenuta da Prime Dragon, una sottotunica marrone, a cui si sovrapponeva una tunica beige e una veste con un cappuccio largo e dalle maniche ampie, il tutto accompagnato pantaloni larghi, un'ampia fascia legata intorno alla vita a modo di obi e stivali alti in cuoio.

"Mia cara, il tuo addestramento inizia ora, il tuo corpo ha affrontato pene e dolori, non sei più la ragazzina che ha lasciato Heudon e il regno di Antares, sei stata molte cose, ma hai sempre dovuto combattere ma non solo, hai provato il peso ed il dolore del tradimento, l'angoscia della prigionia, le umiliazioni, ma hai sempre potuto contare su altre persone, ora però, dovrai imparare a contare solo su te stessa."

Esclamò a mezza voce fissandola negli occhi.

"Devi sapere che noi Spectrum siamo addestrati a superare nove prove, con il tuo addestramento sono certo che sarai in grado di superarle tutte. Ora ti lascio qui, è tradizione oltre che regola che il Magister o Precettore non abbia contatti con il Discepolo fino a quando non avrà terminato tutte le prove."

Concluse alzandosi e congedandosi con un profondo inchino.

Elizabeth si mise a meditare cullata dalla melodia solenne del coro, la sua mente iniziò a vagare nei ricordi, quel canto aveva la strana capacità di condurla lontano da quella fortezza, da quell'isola.

Le parve di essere tornata a casa, nello studio di suo padre, come quando da bambina ammirava in sua compagnia le grandi mappe del continente, chissà come stava suo padre? Cosa avrebbe detto sua madre vedendola ora? Sarebbe mai tornata a casa? Come avrebbe narrato le sue imprese?

Questi pensieri vennero interrotti dal suono cupo di una campana, aprì gli occhi e con orrore vide che era stata incatenata.

Un pesante collare di metallo le era stato messo al collo, ancorato da dodici catene al suolo, pensati bracciali di metallo le chiudevano le mani e dei ceppi fissati al terreno le tenevano ferme le gambe incrociate.

Volse lo sguardo attorno a sé e si rese conto che non era più nella grande sala di pietra, bensì in fondo a quello che le parve essere un pozzo, di fronte a lei c'era una porta ma la chiave si trovava su una sporgenza posta troppo in alto perché potesse raggiungerla nella posizione in cui era stata messa.

Provò a divincolarsi ma le catene erano solide, dopo un paio di inutili strattoni che le causarono solo delle abrasioni sulle caviglie e sui polsi, provò a cercare una serratura, ma le catene sembrava le fossero state saldate addosso, provò ancora a divincolarsi, afferrò le catene e le strattonò di nuovo con maggior forza ma non ottenne risultati se non aumentare la gravità delle sue ferite.

Con le unghie cercò una fessura o un piccolo incavo che indicasse la presenza di un meccanismo per rilasciare i ceppi ma fu tutto inutile, le catene erano solide.

Decise di usare la magia dopotutto anche quella poteva servirgli per evadere e fuggire.

Scoprì a sue spese che le catene erano resistenti a qualsiasi tipo di sollecitazione magica, un incantesimo di fuoco le lasciò una brutta bruciatura sull'avambraccio.

Decise di fermarsi e ragionare.

Fece un respiro profondo e ricordò gli insegnamenti di Shi.

I suoi pensieri vennero nuovamente arrestati quando qualcosa le colpì la ferita facendola sobbalzare. Pioveva.

Nuovamente il panico la travolse. Sarebbe morta lì? Incatenata? Alzò la mano per coprirsi il viso ed osservare in alto e si rese conto improvvisamente, che la mano era libera dalla catena, il ceppo che imprigionava il polso era a terra, aperto.

L'acqua colpendo il metallo l'aveva aperto e corroso.

Chiuse gli occhi e attese che la pioggia riempisse il pozzo.
Quando l'ultima catena cadde ormai l'acqua le arrivava alle spalle, s'alzò ed afferrò la chiave, sorrise vittoriosa poi s'immmerse ed inserì la chiave nella toppa.

Stordita s'alzò e guardò confusa l'ambiente attorno a sé. Grazie alla debole luce dei lampi vide che la sala in cui era arrivata era di forma circolare con un piccolo corridoio su una parete.

La stanza si presentava da mobili o disegni, era solamente presente una panca al centro della stanza.

Sulla panca una mano sconosciuta aveva lasciato dei vestiti, una lampada con un paio di candele di sego e un acciarino.

Decise d'accendere una delle candele ed alla luce della debole fiamma della candela si vestì, i nuovi abiti erano la tenuta Prime fatta su misura, una volta vestita mise in una delle tasche acciarino e le candele e si diresse verso il corridoio camminando guardinga fino ad entrare in un nuovo ambiente. 


The mitrhil's Saga- Le storie di una principessa ribelle e della sua guardiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora