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Ogni giorno mi riprometto di non pensarci. Di non lasciarmi prendere da lei, dalle sue parole, dai suoi sorrisi. È ridicolo, davvero. Ho 24 anni, sto per finire il mio corso di laurea in musica, eppure mi trovo incastrata in questo circolo vizioso che ha il nome di Sarah. Non riesco a capire perché mi ossessioni tanto. È solo una collega, una ragazza tra tante, eppure ogni volta che entra nella stanza, è come se l'aria cambiasse. Diventa più pesante, quasi elettrica, e io mi ritrovo a fare fatica anche a respirare.

La guardo da lontano, mentre si sistema i capelli biondi, bellissima, così disinvolta, come se il mondo girasse attorno a lei. Non è consapevole di quello che provoca, non ha idea di cosa mi passi per la testa ogni volta che mi sfiora, con la sua voce leggera e il suo sguardo curioso. Sarah è più giovane di me di quattro anni, ed è una di quelle persone che sembrano fluttuare sopra la realtà. Non ha mai una preoccupazione, una vera responsabilità. Ogni volta che parliamo, lei ride, scherza, racconta di serate in discoteca, di sushi bar, di uscite con le amiche. E io, che dovrei essere concentrata sui miei studi, non posso fare a meno di fissarla, di perdermi nei suoi gesti.

Nei suoi occhi, nelle sue mani, nelle sue labbra, nei suoi particolari.

Mi fa impazzire. Mi fa impazzire il modo in cui sembra che io non esista davvero per lei, se non come una semplice conoscente, una compagna di università con cui scambiare qualche battuta ogni tanto. Eppure, c'è qualcosa di strano tra noi, qualcosa che non riesco a decifrare. Non è possibile che non si accorga di quanto mi affascini, di quanto mi turbi la sua presenza. A volte mi chiedo se lo faccia apposta, se giochi con me solo per il gusto di vedermi a pezzi.

E poi ci sono quei momenti in cui Sarah si avvicina di più. Quei momenti in cui il suo sguardo si fa più profondo, in cui sembra che voglia dirmi qualcosa che non riesce a esprimere a parole. E in quei momenti, io sono totalmente persa. Smetto di essere la ragazza sicura di sé, concentrata sulla sua carriera musicale, e divento solo una persona confusa, intrappolata in un mare di emozioni che non riesco a controllare.

L'altro giorno, ad esempio, eravamo in biblioteca. Sarah è venuta a sedersi accanto a me, il suo libro aperto, ma i suoi occhi non erano concentrati sulla lettura. Continuava a fissarmi, a lanciare occhiate rapide, e io non riuscivo a capire cosa volesse. "Esci stasera?" mi ha chiesto, all'improvviso. La domanda mi ha colta alla sprovvista, come sempre accade quando Sarah mi parla senza preavviso.

"No," ho risposto, cercando di mantenere la calma. "Devo finire questo progetto per il corso di composizione musicale."

Lei ha fatto una smorfia. "Sei sempre così seria. Dovresti uscire di più. Vado a ballare con delle amiche, dovresti unirti a noi."

Ecco, lì c'è stato un altro dei nostri momenti. Quel piccolo, fugace istante in cui sembrava che il mondo si fermasse. L'invito era reale? Voleva davvero che andassi con lei, o stava solo parlando per riempire il silenzio? Non sono riuscita a rispondere subito. Ho guardato i suoi occhi scintillanti, la curva leggera del suo sorriso, e ho immaginato come sarebbe stato uscire insieme a lei, vedere il mondo da vicino, sotto una luce diversa.

"No, grazie," ho detto infine, cercando di sembrare più convinta di quanto fossi. "Ho davvero troppo da fare."

Sarah ha alzato le spalle, come se la cosa non la toccasse minimamente. Ma prima di andarsene, ha fatto un passo verso di me. Si è chinata, così vicina che ho potuto sentire il suo respiro caldo contro la mia pelle, e ha sussurrato: "Un giorno, Angela, ti convincerò a lasciar perdere i libri e a divertirti davvero."

E poi se n'è andata, lasciandomi lì, a fissare il vuoto, incapace di capire cosa fosse successo.

Sono giorni che ripenso a quel momento. Ogni volta che mi chiudo in camera per studiare, la sua voce mi rimbomba nella testa. Non riesco a concentrarmi. Ogni nota, ogni accordo che cerco di scrivere si dissolve non appena compare il suo viso nella mia mente. Ed è così da settimane. Non posso andare avanti così. Non posso continuare a vivere in questo stato di costante incertezza, di conflitto interiore.

ATTIMO - SAJOLIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora