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Seduta sugli spalti, sentivo l'adrenalina vibrare nell'aria. Il rumore della folla, il coro assordante che accompagnava ogni azione in campo, sembrava lontano, quasi ovattato. Tutto ciò che riuscivo a percepire chiaramente era lei: Angela, lì, in mezzo al campo, con la sua solita grinta e determinazione. La campionessa, la numero dieci della nazionale, eppure, per me, era molto di più.

Mi voltai verso i miei amici, che continuavano a seguire la partita con un'energia contagiosa. Ridevano, urlavano, commentavano ogni azione, ma il mio cuore era altrove. I miei occhi erano incollati su Angela, sui suoi capelli castani ondulati che si muovevano con lei mentre correva sul campo, sui suoi occhi blu intensi che riflettevano la determinazione di chi non vuole perdere, di chi sa cosa vuol dire portare sulle spalle il peso di una squadra intera.

Mancavano solo dieci minuti alla fine della partita, e il punteggio era ancora in bilico: 1-1. Sapevo quanto fosse importante per Angela vincere questa partita. Era la finale del campionato mondiale, l'occasione che aveva aspettato da tutta la vita, e sapevo che non si sarebbe fermata fino a quando il suo obiettivo non fosse stato raggiunto.

Ma, in quel momento, c'era qualcosa che brillava nei suoi occhi, qualcosa di più profondo della semplice voglia di vincere. Era come se stesse giocando non solo per la squadra, ma per me. E ogni volta che il pallone si avvicinava ai suoi piedi, sentivo il mio cuore battere un po' più forte.

Angela ricevette la palla a centrocampo, dribblò una, due, tre avversarie con una facilità disarmante. Poi si fermò per un attimo, sollevando lo sguardo, e fu in quel preciso istante che i nostri occhi si incontrarono. Anche da quella distanza, sentii il calore del suo sguardo raggiungermi, come se il mondo intero fosse sparito e fossimo rimaste solo noi due. Un piccolo sorriso si disegnò sulle sue labbra, un cenno appena percettibile, e poi... il tiro. Il pallone volò in aria, dritto verso la porta. E quando sentii il suono della rete gonfiarsi, l'urlo della folla esplose intorno a me.

Non riuscivo a crederci. Il goal della vita. Il goal che avrebbe cambiato tutto. Mi alzai di scatto, unendomi ai cori e agli applausi della folla, ma il mio sguardo era ancora fisso su di lei. Angela non si era mossa, stava ancora lì, immobile, con le mani alzate. E poi, tra tutta quella folla in delirio, il suo dito puntò dritto verso di me.

Il mio cuore smise di battere per un istante. Sapevo cosa significava. Quel goal era per me. Sentii le lacrime riempirmi gli occhi, e non riuscivo a smettere di sorridere. Angela, la mia Angela, mi aveva appena dedicato il goal più importante della sua carriera, e lo aveva fatto davanti al mondo intero.

Ma la partita non era finita. Angela si concentrò di nuovo, guidando la squadra negli ultimi minuti come solo lei sapeva fare. Quando mancava ormai pochissimo alla fine, ricevette un altro passaggio, un'occasione d'oro. Questa volta, non esitò nemmeno per un istante. Si mosse con una grazia e una potenza che sembravano appartenere solo a lei, scartò la difesa come se non fosse nemmeno lì, e con un tiro preciso, segnò il secondo goal. Il goal della vittoria.

Lo stadio esplose in un boato che sembrava scuotere la terra stessa. Io ero in piedi, con le mani nei capelli, incredula. Le mie urla si perdevano tra quelle degli altri tifosi, ma sentivo solo il battito del mio cuore, che martellava con una felicità indescrivibile. Angela aveva portato la sua squadra alla vittoria, ma in quel momento, io sapevo che il suo pensiero era rivolto a me.

Dopo il fischio finale, la squadra si radunò in un abbraccio collettivo, saltando e gridando. Io rimasi sugli spalti, incapace di muovermi. I miei amici mi circondarono, abbracciandomi e congratulandosi come se fossi stata io a segnare quei goal. Ma la mia mente era altrove.

Angela si fece strada tra i suoi compagni, sorridendo e salutando i tifosi, ma i suoi occhi cercavano solo me. E quando finalmente mi vide, il suo sorriso si allargò, e il mio cuore si sciolse.

Mi chiamò da sotto il palco, e io, con le gambe tremanti e il cuore in gola, mi avvicinai. Scendere dalle gradinate mi sembrava surreale, come se stessi vivendo un sogno. L'intero stadio sembrava applaudire solo per noi due. Angela mi prese la mano, e senza dire una parola, mi baciò dolcemente sulla guancia. Il mondo si fermò per un istante.

Le ore successive passarono in un vortice di emozioni. Le celebrazioni continuavano senza sosta, tra coriandoli, festeggiamenti, e abbracci. I miei amici erano in delirio, e io non potevo fare a meno di sentirmi sopraffatta dalla felicità che mi circondava. Angela era al centro dell'attenzione, intervistata dai giornalisti, acclamata dai tifosi, ma ogni volta che i nostri sguardi si incontravano, mi faceva un piccolo sorriso, come per ricordarmi che, tra tutta quella folla, io ero l'unica che contava davvero per lei.

Quando finalmente i festeggiamenti iniziarono a calmarsi, Angela mi raggiunse. Era ancora in divisa, con il viso illuminato dalla gioia, e i capelli leggermente scomposti dal sudore e dall'emozione. Nonostante tutto, era più bella che mai.

"Ti va di fare una passeggiata?" mi chiese, con un tono che era solo nostro, intimo e delicato. Annuii, incapace di parlare, e la seguii mentre ci allontanavamo dal caos del campo.

Camminammo insieme per qualche minuto, lasciandoci alle spalle lo stadio e il frastuono della festa. Angela mi portò in un angolo tranquillo, vicino a una piccola collina che sovrastava la città. Da lì, si poteva vedere lo stadio illuminato, i coriandoli che volavano ancora in aria, ma il rumore sembrava distante. Era solo il fruscio del vento e il battito dei nostri cuori.

Angela si fermò, guardando il panorama per un momento, poi si girò verso di me. I suoi occhi, quei meravigliosi occhi blu, erano colmi di emozione. Non parlò subito, e io non dissi nulla. Sentivo che qualcosa di importante stava per accadere, ma non sapevo esattamente cosa.

"Sai, Sarah..." iniziò lei, con una leggera esitazione nella voce, "questa partita... questi goal... li ho segnati per te. Ogni singolo tiro, ogni passo sul campo, l'ho fatto pensando a te."

Il mio cuore si fermò. La guardai, cercando di capire cosa volesse dire, ma Angela sorrise dolcemente, prendendo le mie mani tra le sue. Erano calde, forti, eppure tremavano leggermente.

"Da quando ti ho conosciuta," continuò, "la mia vita è cambiata. Mi hai dato una forza che non sapevo di avere, mi hai reso una persona migliore. Non voglio immaginare la mia vita senza di te."

Le sue parole mi colpirono come una tempesta, e sentii le lacrime minacciare di scendere di nuovo. Non riuscivo a credere che stesse dicendo quelle cose proprio a me, proprio in quel momento.

Angela si fermò un attimo, come per raccogliere il coraggio, poi tirò fuori una piccola scatolina dalla tasca dei pantaloni. Quando la aprì, un anello scintillante brillò alla luce soffusa del crepuscolo. Il mio cuore smise di battere.

"Sarah," disse, con la voce leggermente tremante, "voglio passare il resto della mia vita con te. Mi sposeresti?"

Le lacrime che avevo trattenuto finalmente uscirono, scorrendo libere sulle mie guance. Non riuscivo a parlare, non riuscivo a pensare. Tutto ciò che sapevo era che amavo Angela più di ogni altra cosa al mondo, e non c'era niente che desiderassi di più che dire sì. Annuii freneticamente, mentre cercavo di trovare la voce.

"Sì!" gridai infine, tra le lacrime, "Sì, Angela, sì!"

Angela sorrise, un sorriso così puro e felice che mi fece sciogliere il cuore. Mi infilò l'anello al dito, poi mi prese tra le braccia, stringendomi forte. Il nostro bacio fu dolce, pieno di promesse e speranze per il futuro. E in quel momento, sotto il cielo stellato, sapevo che non c'era posto al mondo dove avrei voluto essere se non lì, con lei.

ATTIMO - SAJOLIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora