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Il caos che ho sempre cercato di tenere a bada sembra essermi sfuggito di mano. Da sempre mi sono costruita questa armatura, questa facciata di forza e invulnerabilità. Mi sono detta che, per riuscire in questo mondo, avrei dovuto essere perfetta. Non c'è spazio per errori, per debolezze. Ogni giorno è una battaglia, una sfida contro me stessa, contro la pressione, contro la paura di non essere mai abbastanza. E per tanto tempo, ci sono riuscita. Ma oggi... oggi sento che tutto sta crollando.

Quando il professore ha iniziato a criticare la mia performance, all'inizio ho cercato di restare impassibile. È così che si fa, giusto? Accetti le critiche, impari da loro, e vai avanti. Ho già ricevuto critiche in passato, ma c'era qualcosa di diverso oggi. Forse era il tono della sua voce, così sprezzante e tagliente. Forse era il fatto che sembrava non esserci più spazio per il miglioramento, solo per il fallimento. O forse è che, dopo settimane di pressione in questa scuola, il peso di tutto stava semplicemente diventando troppo per me.

Rudy: "Angela, pensavo che tu fossi tra i migliori, ma sinceramente, sono deluso. La tua esibizione è stata piatta, priva di emozioni. Sembra che tu non stia mettendo il cuore in quello che fai."

"Priva di emozioni." Quelle parole mi hanno fatto male. Sono sempre stata orgogliosa del fatto che la mia forza venisse dalla mia capacità di esprimere qualcosa di profondo nelle mie performance. La mia tecnica, sì, ma anche la mia passione. E ora? È tutto piatto? Senza cuore?

Il professore ha continuato, quasi senza pietà. Non ricordo ogni singola parola che ha detto, solo la sensazione opprimente che si faceva sempre più pesante nel mio petto. Non riuscivo più a respirare bene, il respiro diventava più corto, il battito del cuore sempre più veloce. È iniziato tutto in modo sottile, quasi impercettibile. Ma poi, quel senso di soffocamento è esploso in qualcosa che non potevo più controllare.

Rudy: "Angela, sei troppo concentrata su te stessa. Sembri distaccata. Forse hai talento, ma senza umiltà e dedizione, il talento non serve a niente."

Troppe parole, troppo dure. Ero già fragile, e il professore non faceva altro che affondare colpi uno dopo l'altro, come se volesse frantumarmi.

Mi sono girata, cercando di non mostrare a nessuno quanto mi sentissi devastata. Ho finto indifferenza, come ho sempre fatto. Ma dentro di me... dentro stavo crollando. Le mani mi tremavano leggermente, un tremore che ho cercato di nascondere stringendo i pugni. Mi sentivo soffocare, come se qualcuno mi stesse stringendo una mano intorno alla gola.

Non respiro... perché non riesco a respirare?

Mi sono seduta su una sedia lontano dagli altri, cercando di allontanarmi dalla sala prove. Le voci dei miei compagni, gli schiamazzi, tutto mi sembrava distante, ovattato. Ero sola, completamente sola in quella tempesta che si agitava dentro di me.

Il cuore batteva troppo forte. Il respiro era sempre più corto. La testa iniziava a girarmi.

Calmati, Angela. Stai esagerando. Non è la prima volta che ricevi delle critiche. Ce la farai. Respira. Respira...

Ma non riuscivo a calmarmi. Più cercavo di riprendere il controllo, più mi sentivo scivolare via. Le mani sudate, il cuore che sembrava volesse scoppiare. Ogni suono intorno a me diventava un ronzio lontano. Poi, come in un sogno, ho sentito una voce familiare. Sarah.

Sarah: "Angela... va tutto bene?"

No. Non andava affatto bene. Ma non riuscivo a dirlo. Le parole mi restavano bloccate in gola, incapace di uscire. Tutto quello che riuscivo a fare era guardarla con occhi pieni di paura. Sarah mi ha guardato, e in quel momento ho capito che era l'unica persona lì che capiva veramente cosa stesse succedendo. Non avevo bisogno di spiegazioni. Lei sapeva.

Sarah si è avvicinata, senza esitazione. Era sempre così con lei. Silenziosa, ma presente. Forte, anche quando io non riuscivo ad esserlo. Si è seduta accanto a me, le sue mani calde hanno afferrato le mie, che tremavano. Non ha detto subito nulla, ma il suo tocco mi ha fatto sentire meno sola. Per la prima volta in quella giornata, ho sentito una scintilla di speranza, qualcosa a cui aggrapparmi.

Angela: "Non... non riesco a respirare..." le parole sono uscite spezzate, quasi come un sussurro. Mi vergognavo di essere così vulnerabile davanti a lei, di mostrare questa parte di me che avevo sempre cercato di nascondere.

Sarah: "Respira con me, Angela. Ascolta solo la mia voce."

Non so come facesse, ma la sua voce, calma e rassicurante, era l'unica cosa che riuscissi a sentire chiaramente. Il mondo intorno a noi continuava a muoversi, ma sembrava che fossimo in una bolla, solo io e lei. Mi ha detto di respirare, lentamente, insieme a lei.

Uno, due, tre...

Ogni suo respiro diventava il mio. Mi sentivo ancora intrappolata in quella morsa, ma lentamente, con il suo aiuto, ho iniziato a seguire il suo ritmo.

Mi sono concentrata solo su di lei. Non sulle parole del professore, non sui giudizi degli altri. Solo su Sarah, e su quel legame invisibile che sembrava tenermi ancorata alla realtà. La sua mano stretta nella mia, il calore della sua vicinanza. Mi ha ripetuto più volte che sarei stata bene, che non dovevo essere perfetta, che non ero sola. Ogni parola mi arrivava dritta al cuore, un antidoto al veleno che avevo assorbito dalle critiche.

Con il passare dei minuti, il respiro è diventato più regolare, ma il senso di vulnerabilità era ancora lì, pesante, opprimente. Avevo sempre avuto paura di crollare, di mostrare che, in fondo, non ero la ragazza invincibile che tutti credevano che fossi. Avevo paura di deludere Sarah, di farle vedere questa parte di me. Ma lei non sembrava spaventata. Non mi giudicava. Al contrario, sembrava più determinata a starmi accanto, come se avesse sempre saputo che, sotto la mia facciata di forza, c'era anche fragilità.

Sarah: "Angela, ascoltami. Non devi dimostrare niente a nessuno. Non devi essere perfetta. Sei già incredibile così come sei."

Le sue parole erano semplici, ma mi hanno toccato in profondità. Era questo che mi ero imposta per tanto tempo: dimostrare di essere perfetta, inarrestabile. Ma adesso, davanti a Sarah, capivo quanto fosse logorante vivere in questo modo. Avevo costruito la mia vita su una bugia, e quella bugia stava finalmente venendo a galla.

Angela: "Ho sempre pensato che, se non fossi stata perfetta, non sarei mai stata abbastanza. Non per me stessa, non per gli altri." Le parole mi uscivano lentamente, come se fossi stata costretta a liberarmi di un peso che avevo portato dentro per troppo tempo.

Sarah mi guardava con quegli occhi dolci e penetranti, e in quel momento ho visto qualcosa di più nei suoi occhi: comprensione. Lei mi capiva. Non avevo bisogno di spiegare nulla, perché lei sapeva cosa significava sentirsi inadeguati, non all'altezza.

Sarah: "So cosa significa avere paura di non essere abbastanza. Ma tu... tu sei la persona più straordinaria che conosca. E non lo dico solo perché ti voglio bene. Lo dico perché è vero."

La sua voce era così sincera, così piena di affetto. E mi sono resa conto di quanto mi fossi aggrappata al giudizio degli altri, al bisogno di approvazione, come se il mio valore dipendesse da ciò che pensavano gli altri di me. Ma Sarah non mi amava perché ero perfetta. Mi amava per quello che ero, anche nelle mie fragilità.

Mi sono appoggiata a lei, sentendo finalmente la morsa allentarsi. Le lacrime continuavano a scendere, ma non mi importava più. Non cercavo più di nasconderle. In quel momento, ho capito che non dovevo essere forte tutto il tempo, che potevo permettermi di crollare, e che c'era qualcuno lì, pronto a raccogliere i pezzi.

Sarah mi ha tenuta stretta, e io mi sono lasciata andare, sapendo che, anche se il mondo intorno a noi era incerto e spietato, avevo trovato qualcosa di stabile in lei.

Il tempo sembrava fermarsi, e in quel silenzio, ho trovato la forza di respirare di nuovo, più profondamente, più consapevolmente. Sarah non ha mai smesso di tenermi la mano, e anche se non mi sentivo ancora del tutto pronta a rialzarmi, sapevo che ce l'avrei fatta.

Non dovevo essere perfetta. Non dovevo vincere sempre. Dovevo solo continuare a respirare, e questo, grazie a Sarah, lo sapevo fare.

ATTIMO - SAJOLIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora