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Non era la prima volta che Holden ci provava.

Anzi, da quando ci siamo conosciuti all'università, non ha mai perso occasione per farlo. All'inizio era tutto innocente: complimenti qua e là, sorrisetti durante le lezioni, battute su quanto fossi "brava" e "talentuosa". Li ho sempre trovati fastidiosi, ma mi dicevo che non aveva cattive intenzioni, che fosse solo uno di quei ragazzi che non sanno come approcciarsi in modo maturo. Però, col tempo, il suo atteggiamento si è fatto più insistente, più invadente.

La biblioteca era il mio rifugio. Un luogo dove potevo studiare, concentrarmi sui miei progetti, ma soprattutto, pensare ad Angela. La sua presenza si insinuava in ogni mio pensiero. Anche se cercavo di distrarmi, di non farmi prendere troppo dalle mie fantasie, ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo i suoi. Blu come un oceano profondo, misterioso e a volte pericoloso. Lei era così, irresistibile e inavvicinabile allo stesso tempo. Ogni volta che ci incontravamo ai corsi, la mia mente si riempiva di immagini di noi due insieme, ma poi tornavo alla realtà: lei non mi guardava mai come io guardavo lei. Era distante, indifferente. A volte addirittura crudele. Eppure, non riuscivo a smettere di pensare a lei.

Poi c'era Holden.

Holden, che non capiva mai quando fermarsi, che non leggeva i segnali – o, peggio, li ignorava. Era un tipo carino, suppongo, con i suoi capelli castani sempre in disordine e quel sorriso sicuro di sé. Ma non faceva per me. Non aveva mai fatto per me. E la cosa mi faceva arrabbiare: come poteva non accorgersene? Era così difficile capire che non mi interessava?

Oggi ero più nervosa del solito. Avevo avuto una discussione con Angela quel mattino. O meglio, lei mi aveva ignorata completamente quando le avevo chiesto un consiglio su una parte del nostro progetto di gruppo. Mi aveva semplicemente alzato gli occhi addosso, con quel suo sguardo freddo e penetrante, e poi si era girata a parlare con qualcun altro, come se non esistessi. E io ero rimasta lì, a fissare il vuoto, cercando di non lasciar trasparire quanto mi avesse ferito. Mi dicevo che non dovevo importarmene, che era solo una ragazza più grande di me, troppo impegnata per badare a me. Ma la verità era che mi faceva male. Ogni volta che mi ignorava, ogni volta che mi trattava come se fossi invisibile, mi si spezzava un po' il cuore.

Mi ero rifugiata in biblioteca per cercare di scacciare via quei pensieri. La musica era sempre stata il mio rifugio, il mio porto sicuro. Quando tutto sembrava andare a rotoli, mi bastava immergermi in una melodia, in un testo, per sentirmi di nuovo a casa. Stavo lavorando a un nuovo pezzo, qualcosa di personale, che parlava di desideri non corrisposti e cuori spezzati. Era una canzone che parlava di lei, anche se mai l'avrebbe saputo. Angela non avrebbe mai ascoltato quel pezzo, non avrebbe mai saputo quanto profondamente mi influenzava. Ma scriverlo mi faceva sentire meglio, mi dava una valvola di sfogo per tutto quello che provavo.

E proprio quando stavo trovando il giusto flusso creativo, sentii la presenza di Holden. Lui aveva quella strana capacità di apparire nei momenti meno opportuni, come una nuvola che oscura il sole. Stava lì, accanto a me, e sapevo già cosa sarebbe successo. Sospirai, preparandomi mentalmente.

"Sarah, hai un minuto?" chiese con la sua solita voce bassa, che cercava di essere affascinante ma che, per me, suonava solo fastidiosa.

Non sollevai nemmeno lo sguardo dal computer. "Sto studiando, Holden." Non avevo voglia di essere gentile, non oggi. Volevo solo che mi lasciasse in pace. Speravo che il mio tono lo facesse desistere.

Invece, come al solito, ignorò il messaggio. "Solo un minuto, te lo prometto."

Sentii il suo respiro avvicinarsi troppo. Era una delle cose che mi infastidiva di più di lui: il suo non capire i confini. Non lo faceva mai. Mi sentivo invasa, come se il mio spazio personale non contasse per lui. Mi girai verso di lui, cercando di mantenere la calma. "Cosa vuoi, Holden?"

"Te," rispose con un sorrisetto, avvicinandosi ancora di più.

E prima che potessi reagire, prima che potessi persino rendermi conto di quello che stava facendo, le sue labbra erano sulle mie. Non era un bacio delicato, non era un bacio atteso, non era qualcosa che desideravo. Era invadente, rapido, confuso. Non so come descrivere la sensazione esatta che provai in quel momento, ma so che fu come un'ondata di disgusto, mista a rabbia, che attraversò il mio corpo.

Lo respinsi immediatamente, tirandomi indietro sulla sedia. Il cuore mi batteva forte, ma non per emozione o eccitazione. Era pura indignazione. "Che diavolo fai?" La mia voce uscì più forte di quanto avessi previsto, abbastanza da attirare l'attenzione di alcune persone intorno a noi. Sentii i loro sguardi su di noi, ma non mi importava.

Holden sembrava confuso, quasi offeso. "Pensavo che tu..."

"Pensavi cosa?" lo interruppi. "Che mi sarebbe piaciuto? Che stavo aspettando questo momento?"

Lui si agitava sulla sedia, cercando di trovare le parole giuste. "Beh, sembrava... abbiamo sempre scherzato, e..."

Non riuscivo a crederci. Era come se avesse completamente frainteso tutto ciò che eravamo stati – o meglio, tutto ciò che non eravamo stati. "No, Holden. Non ti ho mai dato motivo di pensare che mi piacessi in quel modo. Mai."

Lui restava lì, con quella faccia da cucciolo ferito, e una parte di me si sentiva quasi in colpa. Quasi. Ma poi mi ricordai di come mi aveva baciata senza chiedere, di come avevo detto più volte che non ero interessata, e la colpa svanì.

"Sono interessata a qualcun'altra," dissi, le parole uscirono dalla mia bocca prima che potessi fermarle.

Il suo viso si irrigidì. "Qualcun'altra?"

Sì, qualcun'altra. Angela. Ma questo non lo avrei mai detto ad alta voce, non era affar suo. Quello che contava era che capisse, una volta per tutte, che non era lui.

"Non importa chi," risposi, raccogliendo le mie cose. "Importa solo che non sei tu. E non lo sarai mai."

Holden non disse nulla. Rimase lì, come se non sapesse come reagire. Forse, per la prima volta, si rendeva conto di quanto avesse sbagliato. Non mi interessava più. Avevo finalmente detto quello che dovevo dire. Era una liberazione.

Mi alzai e uscii dalla biblioteca, sentendo l'aria fresca colpirmi il viso. Respirai profondamente, cercando di calmarmi. La sensazione di disgusto ancora mi seguiva, ma almeno ora ero fuori. Holden non poteva più disturbarmi.

Mi avviai verso il parco universitario. Avevo bisogno di aria. Di spazio. Di riflettere su tutto quello che era successo.

Mi ritrovai a pensare ad Angela, come sempre. A quanto fosse diversa da Holden. Anche se a volte mi faceva sentire invisibile, non mi aveva mai fatto sentire invasa. Il suo tormento era diverso, più sottile, ma stranamente desiderabile. Era crudele, sì, ma in un modo che mi attirava invece di respingermi. E ora, più che mai, mi rendevo conto di quanto fosse lei la persona che desideravo, anche se sapevo che non era semplice. Anche se sapevo che, probabilmente, mi avrebbe spezzato il cuore.

Ma, per quanto Angela potesse essere distante e fredda, non mi faceva sentire come Holden. Non mi faceva sentire in trappola, non invadeva il mio spazio senza permesso. Lei era un enigma, un sogno irraggiungibile. E forse era proprio questo che la rendeva così affascinante. 

Fuori il sole stava tramontando, tingendo il cielo di un arancio caldo. Mi sedetti su una panchina, osservando il panorama, e pensai a tutto quello che era successo. Mi sentivo più leggera, come se, finalmente, avessi messo un confine.

ATTIMO - SAJOLIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora