CAPITOLO 46 - 1916

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--LONDRA, 1916--
(Edwardian College)

~EDWIN~

<<Hey, che cosa leggi oggi?>>
Mi chiese Simon come faceva ormai ogni giorno.

<<Lo sai>>
Risposi timidamente.

<<Si, ma mi piace sentirtene parlare>>
Rincarò.

<<E perché? Se vuoi posso prestarti il mio fumetto. Basta che stai attento a non rovinarlo e che... si beh, che lo tieni lontano dagli altri...>>
Dissi con una punta di dolore.

<<Mi dispiace che ti trattino così. Non te lo meriti>>
Disse amareggiato per me.

<<Invece si. Mio padre ha ragione su questo, non so farmi valere Simon>>
Risposi stringendo il mio fumetto al petto e nascondendomi sotto al mio berretto.

<<Non puoi cambiare in una persona che non vuoi essere, quindi impara ad amarti di più Edwin>>
Disse saggiamente.

<<Ci proverò. Infondo non passeremo tutta la vita in questo collegio. Una volta fuori da queste mura potrò finalmente cominciare a vivere. Non mi importa più di mio padre ormai, preferisco di gran lunga essere diseredato>>
Mi confidai.

<<Pensaci bene. Sono molti soldi>>
Disse guardandomi dall'alto in basso, in quanto egli era in piedi accanto al mio banco scolastico ed io ero seduto.

<<I soldi so cosa sono, la felicità no>>
Affermai spiazzandolo.

<<Comunque Edwin...>>
Disse con tono da "cambio di discorso".

<<Dimmi Simon>>
Lo guardai.

<<Sei bellissimo con quel berretto blu>>
Disse improvvisamente accarezzandomi una guancia e guardandomi negli occhi. I suoi occhi color cervone brillavano e il suo sorriso pareva tanto dolce. Nessuno mi aveva mai fatto un complimento prima d'ora. Nessuno. Mi sentii scosso. Gli sorrisi a mia volta arrossendo, poi vidi che stava avvicinando il suo viso al mio e la consapevolezza mi colpì in faccia come un proiettile di una beretta dal grossi calibro. Si stava prendendo gioco di me. Per forza, non poteva essere altrimenti. Schivai il suo viso, presi le mie cose e corsi fuori dall'aula.

|IL GIORNO DOPO|

La campanella suonò e la classe si svuotò in pochi secondi. Stavo finendo di prendere le mie cose quando vidi Simon rientrare nell'aula e avvicinarsi a me.

<<Che cosa stai leggen->>
Non lo lasciai parlare e corsi via come avevo fatto il giorno precedente. Non poteva prendersi gioco di me in quel modo. Non gli parlai più per paura di essere preso in giro anche da lui; infondo lo hanno sempre fatto tutti quanti, e nei modi più meschini per giunta. Perché Simon sarebbe dovuto essere diverso? Mi parlava solo quando non c'era nessun altro in vista, come se si vergognasse di me. Come biasimarlo infondo.

|LA SETTIMANA DOPO|

Camminai per i corridoi con indosso il mio solito berretto blu e all'improvviso qualcuno mi fece inciampare di proposito. Caddi a terra sbattendo il polso e tutti i libri che portavo in mano si sparsero sul pavimento provocando un tonfo. Mi voltai per capire quale dei miei bulli fosse stato quella volta e mi sorpresi nel vedere che fosse Simon.

<<S-Simon! Lo hai fatto apposta?>>
Gli chiesi massaggiandomi il polso dolorante. Probabilmente me l'ero slogato cadendo.

<<Se l'ho fatto apposta? I froci come te meritano questo ed altro!>>
Disse con uno strano sguardo, sembrava addolorato e ferito.

<<Mi fai proprio schifo>>
Aggiunse strappandomi il berretto dalla testa lanciandolo per terra insieme al resto delle mie cose. Poi se ne andò lasciandomi lì, su quel freddo e duro pavimento. Il polso ci mise settimane per guarire del tutto e dovetti portare una fasciatura che mi rendeva praticamente impossibile scrivere.

Non potevo credere che Simon mi avesse fatto questo. Mi piaceva molto; credevo che fosse una brava persona, ma era proprio come tutti gli altri. Avevo dedotto bene, stava fingendo di essere mio amico e la cosa mi ferì molto.
Asciugai le mie lacrime e andai in infermeria per farmi medicare il polso.

DEAD BOY DETECTIVES + Cat KingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora